Simbologia nel gagliardetto ASCU – di Giuseppe Bagnasco

Non è questa la sede propria per narrare della storia dei simboli nati quale distinzione tra i popoli al fine di declinarne l’appartenenza, ma è l’occasione che ci si offre per descrivere compiutamente i simboli racchiusi nel nuovo gagliardetto dell’Accademia Siciliana della Cultura Umanistica. E l’occasione ci è stata offerta per la sua esposizione al Convegno nazionale, convocato dall’ASCU, per celebrare gli 800 anni della nascita di S. Tommaso d’Aquino. Si tratta, né poteva essere diversamente, di una invenzione del suo Presidente, il prof. Tommaso Romano, scrittore-filosofo, fatta a margine delle tante sue incombenze di studioso. E comunque per la verità lo stesso aveva anni prima (nel 2019)  trattato dei simboli nel suo” In natura Simbolum et Rosa”. Ma anche se rifugge da noi l’idea di disquisire sulla storia dei simboli, tuttavia non possiamo tacere, prima di addentrarci nello specifico del gagliardetto, come il simbolo in sé non significhi niente se nel campo delle relazioni umane non ci sia un accordo semantico, cioè un riconoscimento comune sul suo significato. Tutti conosciamo per la storia della Repubblica di Venezia, il simbolo del leone alato che in campo religioso è conosciuto come Il leone di San Marco. E accanto potremmo riferirci a quello della marinara Repubblica di Genova, una croce rossa in campo bianco che a quel tempo tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo conoscevano e temevano tant’è che le sue navi non venivano mai attaccate. E qui un piccolo aneddoto. Questo simbolo, questa bandiera, venne affittata dall’Inghilterra per proteggere il suo traffico marittimo e tanto la usò da metterla sulla sua bandiera nazionale come tutt’ora possiamo notare in quella dell’Union Jack. Potenza dei simboli! Ma torniamo al nostro gagliardetto. Il suo stemma dalla forma scudettata, contiene tre simboli: in alto il simbolo della Trinacria con la testa della Gorgone e con le tre gambe in posizione di movimento, giusto per conferirle i sensi della vita, del tempo e della storia; in basso l’anagramma stilizzato di “Culturelite”, la rubrica letteraria della Fondazione Thule Cultura, e al centro, in modo rilevante, per la grandezza del disegno, un libro aperto attraversato da una penna d’oca,  appositamente raffigurati insieme a simboleggiare l’importanza della scrittura. E sappiamo come la scrittura  costituisca uno dei pilastri della conoscenza e della sua trasmissione. In altra parte, abbiamo sempre sostenuto che la Cultura non serve a niente se non la si trasmette e questo a cominciare già 3.500 anni fa nella parte che la vide rappresentata dai segni cuneiformi dell’antica cultura sumera arcaica e a seguire quella dai geroglifici egizi che niente avevano in comune, se non la registrazione dei fatti, visto che la prima atteneva alle regole “laiche” rispetto all’altra intesa come scrittura degli dei data la divinità del faraone. E questo fino a che l’ingegno fenicio non produsse l’alfabeto fonetico e da lì la sua volgarizzazione, utile a tutti e a quanti volessero trasmettere il loro sapere. E’ pertanto a questo popolo ingegnoso che dobbiamo essere riconoscenti per aver dato, in maniera “laica” e non religiosa od occulta, la stura alla conservazione e alla trasmissione della storia e del progresso dell’umanità. Quindi, fatta salva la dovuta digressione, i simboli posti al centro del gagliardetto “umanistico” hanno, nel libro di carta (succeduto alla pergamena, ai papiri e agli incunabili) e nella penna d’oca, i mezzi per trasferire il pensiero. Per tutto ciò, riteniamo che la loro rappresentazione  anche a non servirci della parola, identifica una specifica semantica anche usando il solo sguardo. Ed è con questo che possiamo “leggere” i suddetti tre simboli e così, seguendo una certa logicità, possiamo dare del gagliardetto la seguente lettura: In Sicilia c’è la trasmissione  di una variegata cultura ad opera di quel simbolo editoriale, posto lì sotto e non assolutamente incidentale: Culturelite. E’ lì, nella sua operosità che sono le radici, è lì che si raggruppa e si espone il pensiero ed è in questo percepire, il comprendere visivamente il tutto, e senza l’ausilio della parola. 

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