Tommaso Romano, "Filosofia del collezionare" (Ed. Ex Libris) - di Teresa Di Fresco

La filosofia del collezionare ovvero Casa Museo La stanza di Thule

 

Incontrare Tommaso Romano è come entrare in una specie di favola, e mi sento un po’ Alice nel paese delle meraviglie quando l’incontro avviene nella sua casa, nel suo studio a Palermo. Meglio che casa o studio direi nel suo album di vita. Sì, perché non è un luogo in cui il professore vive la sua vita di comune mortale – comune non lo è e capiremo più avanti perché – bensì un insieme di passioni trasformate in oggetti di varia natura, d’arte, artigianato e non; di fogli scritti o illustrati; di autografi di personaggi illustri; di quadri, statue, libri – oltre quindicimila volumi-; porcellane, terracotte e tanto altro. Entrare e girare per le stanze è fare un giro intorno al mondo e ritornare al punto di partenza. Non ci si perde nell’attraversare quelle migliaia di chilometri quadrati che sono l’insieme degli oggetti non esposti, si badi bene, ma esternazione di sentimenti, di passioni, di gioie e di dolori che solamente prendono svariate forme e trasmettono, a un pubblico attento, sensazioni quasi certamente simili a quelle che attraversano Tommaso Romano quando viene in possesso di quel soffio vitale, chiamato oggetto, che lo conquista alla sola vista.
Possedere o essere posseduti? E’ forse questa la filosofia dell’essere uno, nessuno, centomila come l’infinita varietà degli oggetti della Casa Museo La Stanza di Thule?
Ma se l’uomo muore, le maschere o meglio ciò che gli oggetti rappresentano, restano e continuano a svelarci dandoci quell’immortalità cui tutti, forse, aspiriamo. In fondo, gli oggetti collezionati sono stati testimoni di vite vissute da altri da noi e, come leggere allunga la vita perché ci dà la possibilità di immaginarci in luoghi e in esperienze come se fossero anche nostre, così accade con gli oggetti che sono appartenuti ad altri e hanno avuto una loro vita altrove o in altri tempi. Appropriarsi di ricordi altrui, rubare altre esistenze perché l’immortalità non è degli ospiti passeggeri di questo mondo se non attraverso la vita di tutti gli uomini che hanno vissuto, vivono e vivranno su questa terra. E’ anche sbirciare dal buco della serratura nel quotidiano di persone sconosciute con le quali vorremmo entrare in contatto per riceverne il loro senso della continuità. E’ vivere tante vite, come leggere appunto: ogni libro una storia, ogni oggetto una vita e noi così diveniamo immortali.
Noi non possediamo gli oggetti, ma ne siamo preda perché a loro non importa da chi vengono acquistati, nelle case di chi finiscono, ma noi sappiamo che avendoli, ne siamo schiavi, siamo schiavi del loro significato, della loro bellezza in quanto figli del desiderio, nostro nei loro confronti e loro per voler inconsapevolmente darsi a noi.
E’ da qui, partendo da qui che la filosofia del collezionare prende anima, dall’amore della conoscenza, del bello e, in fondo, dell’eterno perché la bellezza è eternità. Ce lo dimostra la magnificenza dell’arte in tutte le sue espressioni e il collezionista è colui che, più di altri, ne percepisce la grandezza e solo possedendola, soddisfa la sua sete di armonia.
Thule, l’ultima e bianca isola del Nord Europa, ben si presta a rappresentare la purezza, l’aspirazione all’ignoto, al lontano, a uno spirito pronto a elevarsi a ogni stimolo dell’inconscio. Ed è proprio nelle Stanze di Thule, Casa Museo di Tommaso Romano, collezionista, scrittore, poeta, saggista, editore, Presidente dell’Accademia di Sicilia, che ci si perde quando si ha l’opportunità di visitarle ed è da lì che è nata l’idea di scrivere un libro-intervista, Filosofia del collezionare, curato dal giornalista e scrittore Carlo Guidotti, per la sua casa editrice Ex Libris. Illuminata la prefazione del professor Ettore Sessa e i contributi del critico d’arte Salvo Ferlito e del docente universitario Antonio Saccà. Una ricca serie di fotografie di alcuni tra gli oggetti più significativi ne costituiscono il catalogo.
Tornando alle Stanze di Thule, al Museo vero e proprio, si viene avvolti non soltanto dalla magnificenza ed enorme quantità di oggetti esposti e tutti “a vista”, ma anche dall’affabilità del padrone di casa e scopriamo, perché ce lo racconta, che ricorda perfettamente la proveninza di ogni singolo oggetto presente tra i tavoli, gli scaffali e ogni spazio adatto a raccoglierlo. Alcuni, anche tra i mobili, sono appartenuti alla sua famiglia, altri ricevuti in dono o comprati nei mercatini non soltanto di Palermo ma anche di altre città d’Italia e d’Europa e altri ancora alle aste.
Tra i nomi presenti tra le sue collezioni troviamo Ducrot, Basile, Bruno Caruso, Renato Guttuso, Salvatore Fiume, Eustachio Catalano, Maurilio Catalano, Rafael Alberti, Ugo Attardi, Remo Brindisi, Emilio Greco, Pippo Madè, Casimiro Piccolo di Calanovella, Pippo Rizzo, Giovanni Schifani, Forattini che sono soltanto una minima parte degli artisti le cui opere possono trovarsi nel libro.
Il Museo di Tommaso Romano che possiamo definire come la sua wunderkammer, non si esaurisce in un solo appartamento al terzo piano del palazzo Moretti-Romano del 1892 con rifacimenti nel 1930, in stile art decò al centro di Palermo, ma ha un’altra sua collocazione di fronte al mare di Sferracavallo, località marinara vicinissima a Palermo dove il nostro collezionista si reca almeno due volte la settimana per immergersi nella vista del mare, fonte di gioia, respiro di conoscenza perché stimolo a viaggiare, a oltrepassare i normali confini del quotidiano, a dare un senso in più alla vita degli oggetti che, anche lì, vi trovano dimora e complicità con colui che amorevolmente li vuole vicini a sé e tra di loro, in una naturale armonia che oltrepassa quello che potrebbe sembrare caos ma che caos non è perché ogni oggetto ha un suo luogo preciso e talvolta subisce uno spostamento perché, per Romano, gli oggetti è come se vivessero di vita propria.
Si potrebbe continuare a scrivere per ore su La Stanza di Thule proprio perché non è il classico museo diviso per tematiche, statico, bensì dinamico ma che ha un suo senso proprio nell’essere così com’è la filosofia del suo animatore del quale ci piace citare un aforisma: “Che tutto questo significhi felicità appagante è, francamente, indimostrabile, basti la tensione al crederci e a perseguire come fede nel residuo, e la cura della passione intesa come vettore di ricerca, senza nutrire la formula veritativa della salvazione intesa come definitiva”.

 

in: "L'italo Americano", CXV, n. 24, 30/112023, Altadena (California-USA), 30 novembre 2023

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