Umano e Sovrumano nella sfida al rialzo delle “macchine intelligenti” – di Maria Nivea Zagarella

L’ultimo libro, Sovrumano - Oltre i limiti della nostra intelligenza, di Nello Cristianini, professore di Intelligenza Artificiale all’Università di Bath (Inghilterra), si articola come un “viaggio”(entusiasmante per l’autore) che dai primi agenti intelligenti del tipo Artificial Narrow Intelligence (ANI), progettata per svolgere solo un compito specifico, e dunque “ristretta” e specializzata, sale fino all’Artificial General Intelligence (AGI), ipotetica forma di Intelligenza Artificiale che sarebbe invece capace di eseguire tutti i compiti cognitivi umani e allo stesso nostro livello. AGI a sua volta “antefatto” della Artificial Super Intelligence (ASI), pure essa ipotetica forma di Intelligenza Artificiale che potrebbe superarci in ogni aspetto cognitivo e svolgere compiti e raggiungere livelli di prestazioni per noi inaccessibili, “sovrumana” appunto. Non siamo insuperabili afferma Cristianini, e aggiunge di essere sempre stato attratto dai territori di confine, dalle terre di nessuno, dai viaggi senza mappa.

Nello specifico il “viaggio” è descritto come una sfida al rialzo fra scienziati “addestratori” delle macchine intelligenti e scienziati loro “valutatori” che le sottopongono, per misurarne e confrontarne oggettivamente e rigorosamente i livelli, a batterie di test standardizzati (benchmark) e di difficoltà crescenti, quale l’”Ultimo esame dell’umanità” approntato per il corrente 2025 e teso a esplorare i confini ultimi della nostra intelligenza oltre i quali scatterebbe l’ASI. Di tale viaggio l’autore fissa date, tappe, eventi, parlando di “accelerazione” del loro sviluppo dal 2012 con il “riconoscimento visivo degli oggetti”. Ambito questo in cui si è registrata una accuratezza progressiva nelle risposte, dall’algoritmo AlexNet, fra i cui creatori erano il padre delle reti neurali (cioè del metodo che crea algoritmi capaci di apprendere), Geoff Hinton, premio Nobel per la Fisica 2024, e Ilya SutsKever, futuro coinventore di GPT, a ResNet (2015), SENet (2017) e poi ResNetX101, modelli sempre più grandi e potenti per ampiezza ulteriore di reti neurali e mole di dati di addestramento, sì da superare le prestazioni umane. Le macchine -precisa Cristianini- oggi ci superano nei compiti di “riconoscimento” non solo nella correttezza, ma anche nella quantità di categorie che possono imparare. Nell’Artificial Narrow Intelligence dunque già conviviamo con il “sovrumano”. Vedi: riconoscimento facciale automatico, diagnosi radiologiche e dermatologiche, analisi della forma delle proteine grazie alle varie versioni di AlphaFold create dal 2018 da DeepMind, azienda creatrice già nel 2016 di AlphaGo, che sconfisse il più forte giocatore allora al mondo di Go, Lee Sedol, ma a sua volta superato da AlphaGoZero e nel 2024 da KataGo, programma che ha ulteriormente accresciuto il distacco uomini/macchine. Trovata nel 2015 la ricetta -dice Cristianini- per costruire innumerevoli specialisti artificiali migliori di quelli umani, un gruppo di investitori della Silicon Valley, il gruppo OpenAi, lanciò il progetto/sogno di una Intelligenza Artificiale Generale capace di “eguagliarci” in qualsiasi compito intellettuale: non più uno specialista, ma un “generalista,” e nel 2018 con chief scientist il su citato Ilya Sutskever costruì GPT. Avventura che ha portato agli attuali modelli di linguaggio basati sulla architettura Transformer, un tipo di rete neurale che accetta sequenze di parole in ingresso, produce sequenze di parole in uscita e, opportunamente addestrata, traduce, risponde, spiega, riassume, come ben sanno ormai gli studenti che utilizzano continuamente l’IA a scuola quale supporto alle diverse discipline, anche scientifiche. E usando proprio le metafore scolastiche di “allievo”, “esame”, “pagella” etc., l’autore si sofferma sui 4 migliori attuali “candidati” alla “pagella finale” di AGI (cioè macchine intelligenti quanto noi): ChatGPT di OpenAi, Claude di Anthropic, Llama di Meta, Gemini di Google-DeepMind. Pagella per la quale bisogna avere voti positivi in tutte le “materie” che confrontano le loro abilità cognitive con quelle umane cosiddette “ampie” fissate dal modello psicologico CHC (di Cattel-Horn-Carroll), fra cui “intelligenza fluida” (ragionamento causale e capacità di risolvere nuovi problemi), “intelligenza cristallizzata” (uso di conoscenze e competenze acquisite), capacità di lettura, competenze numeriche, conoscenze di domini specifici. Bisogna inoltre “scalare” tutti i livelli di intelligenza previsti per tali algoritmi da DeepMind: emergente (meglio di un essere umano non qualificato); competente (meglio del 50% degli esseri umani); esperto (meglio del 90% degli esseri umani); virtuoso (meglio del 99%); sovrumano (meglio del 100%), e i 5 gradini postulati da OpenAi: conversatori; ragionatori (vedi nell’autunno 2024 il nuovo algoritmo <<o1>> di OpenAI che ha superato GPT-4o anche e proprio nelle categorie scientifiche); agenti (capaci di svolgere incarichi per conto dell’utente); innovatori (capaci di innovare); organizzazioni (macchine equivalenti a una intera organizzazione di persone, alias un “paese di geni” in un data center e disponibili a milioni di copie secondo la terminologia di Dario Amodei fondatore di Anthropic). Anche se per Ray Kurzweil, che attualmente lavora per Google, le macchine “superintelligenti” arriveranno già nel 2029, oggi si è ancora intorno al terzo gradino dell’una e dell’altra graduatoria AGI (il livello “esperto” e il gradino “agenti”, perché sono in collaudo “agenti” in grado di rispondere alla posta, fare la spesa, parlare con il costumer service al telefono…). E Cristianini avverte: un giorno -dice- forse i potenti meccanismi che stiamo costruendo saranno sovrumani, perché creati dalla collaborazione di milioni di persone, e infusi di una intelligenza che deriva dalle conoscenze  di milioni di altre persone, perché addestrati su milioni di libri, giornali e molto altro, ma sarà solo intelligenza, niente di più: non coscienza, emozione, libero arbitrio, volontà.

Insomma non dobbiamo dimenticare che noi umani non siamo intelligenza solo “procedurale”. Siamo soprattutto “intelligenza carnale”, capacità cioè di relazionarci individualmente come “persona” al mondo e all’”altro” in modo unico, imprevedibile, irripetibile, ed è tale nostra soggettiva e “carnale” unicità e “umanità” di attitudini, valori, idee, memorie, emozioni, sentimenti (e capacità di pensiero libero e critico) e ricerca di “senso” che andrebbero soprattutto “allenate” sin dall’infanzia e salvate nell’odierna corsa tecnologica e caos digitale. Non mancano -come si sa- perplessità e timori di scienziati, psicologi, psichiatri, giuristi, intellettuali, circa uno sviluppo incontrollato dell’Intelligenza Artificiale. La macchina -ha detto di recente papa Leone XIV- non può essere lasciata sola a dettare l’agenda. Lo stesso Cristianini individua due limiti, affermando che l’impatto ambientale e il costo economico di questa tecnologia meritano seria considerazione. Precisa infatti nel cap.10 che più computazione (cioè la creazione di modelli più grandi) richiede più energia (in termini di acqua e elettricità, a parte l’acqua necessaria anche per i processi di raffreddamento), e che si sta pensando di creare centrali elettriche specificamente per alimentare i centri di calcolo destinati ad addestrare nuovi modelli di IA. Ricorda inoltre che l’addestramento di GPT3 è costato 4 milioni di dollari, mentre quello del modello più avanzato GPT4, 40 milioni di dollari.  Tralasciando i problemi già altrove affrontati in termini di perdita di occupazione in molti settori lavorativi (pur nella consapevolezza che nasceranno altre professioni), torna utile forse soffermarsi, in linea con il magistero illuminato di papa Francesco e papa Leone XIV sulla domanda: cosa significa “essere umani“ nell’era delle macchine intelligenti? Papa Francesco ha messo in guardia più volte sul rischio dell’inquinamento cognitivo con riferimento a fake news,  deepfake, manipolazioni dell’opinione pubblica, con conseguente crescita di violenza, ingiustizie, diseguaglianze, e ha invocato una “etica dell’intelligenza artificiale” (e un trattato internazionale vincolante) che metta al centro dello sviluppo della macchina la dignità della persona umana, valore non computabile, non surrogabile. Non tutto ciò che è tecnicamente possibile -aggiungeva- è moralmente accettabile, e nell’ultima enciclica Dilexit nos ha scritto che nell’epoca dell’intelligenza artificiale non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore. La tecnologia e l’AI devono cioè rimanere al servizio dell’uomo, non sostituirlo: “l’umano” non può smarrire se stesso… essere semplificato e relegato solo ai livelli di efficienza, funzionalità, produttività, consumo, e cinicamente “assorbito” nel circolo vizioso, fra affari e controllo sociale, della logica di miliardari alla Sam Altam, fondatore e amministratore delegato di OpenAi, per il quale si dovrebbe assicurare un reddito universale di base per potere consumare la gente i beni messi sul mercato dall’industria tecnologica, di meraviglia in meraviglia, industria che altrimenti non potrebbe esistere. Anche Papa Leone XIV, che ha spiegato la scelta del suo nome richiamandosi all’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII elaborata ai tempi della prima grande rivoluzione industriale, ha detto che gli sviluppi dell’intelligenza artificiale pongono grandi sfide per la salvaguardia della dignità umana, della giustizia, del lavoro, e che l’AI non può sostituire ciò che è specificamente umano: la coscienza morale, il discernimento, la relazione autentica con l’altro. Pure per Leone XIV bisogna regolare le finalità dell’AI: la macchina non deve solo funzionare, ma contribuire a creare un ordine più umano (sic!) delle relazioni sociali; deve puntare non solo all’efficienza, ma alla giustizia, alla comunione. Parlando recentemente ai vescovi italiani ha affermato che la persona non è un sistema di algoritmi. È creatura, relazione, mistero, e tale dignità va “custodita e annunciata” contro il rischio che venga appiattita, dimenticata, sostituita da funzioni, automatismi, simulazioni. La vera intelligenza non è quella che “calcola”, apprende e analizza dati, ma quella che sceglie responsabilmente, con coscienza, una intelligenza che discerne.

“L’umano” non può deprivarsi delle sue capacità di giudizio, pensiero critico, relazione con l’altro, oltre che della meraviglia/stupore del mondo, senso di responsabilità, compassione, “cura”, amore, libertà… La macchina “processa”, non prova emozioni. Solo l’uomo può consapevolmente volgersi verso il Bene, cercare il Vero, interrogarsi soggettivamente e singolarmente sul senso ultimo dell’esistenza. Anche Paolo Crepet, sociologo e psichiatra, teme una omologazione del pensiero a causa dell’IA e stigmatizza l’arroganza del gota di miliardari che vogliono sostituire  l’originalità e la creatività dei nostri cervelli con le loro predefinite e infiocchettate risposte tecnologiche. E mentre Cristianini con la sua “passione” di professore dell’Intelligenza Artificiale, nella sua umile e accettata convinzione che la mente umana non è universale e non è insuperabile (ma l’Eden perduto dai nostri mitici progenitori Adamo ed Eva non segnala tragicamente proprio questo?) segue, e accompagna, nella corsa/sfida al rialzo fra addestratori e valutatori dell’IA, il “viaggio” per così dire oggi “oscuro” verso una forma di AGI pienamente realizzata, e verso una possibile ASI in grado di comprendere alcuni aspetti del mondo che noi non possiamo comprendere, chiedendosi con scienziati, manager, investitori se è possibile raggiungere tali obiettivi semplicemente continuando ad aumentare la scala dei modelli, o ci sono delle abilità che richiederanno scoperte e idee del tutto nuove, noi non possiamo non domandarci che “uso” si vuole, e vogliamo fare, dell’intelligenza artificiale. Nella vita quotidiana “globale” sul nostro Pianeta languiscono tante irrisolte e enormi “priorità” (o che tali dovrebbero essere!): lo sfascio ambientale, la crisi climatica, le troppe e interminabili guerre cosiddette “locali”, le vistose e terribili disuguaglianze sociali con l’assurdo morale che l’1% della popolazione detiene il 90% delle ricchezze mondiali (Musk, Zucherberg, Ellison, Bezos, Altam…). E che dire del recente “premio” di mille miliardi di dollari fattosi assegnare da Elon Musk dagli azionisti di Tesla? L’intelligenza artificiale ha le sue accertate positive potenzialità: riduzione della fatica nel lavoro umano, democratizzazione e arricchimento/potenziamento di conoscenze, facilitazione dell’incontro fra popoli e culture diverse grazie alle traduzioni automatiche e alla possibilità di elaborazione di miliardi di informazioni al secondo… ma  opportunamente Papa Francesco, nel giugno 2024, problematizzava, definendolo uno strumento affascinante e tremendo (sic!), e sottolineando - se uno sguardo a tutta la nostra precedente Storia umana (?) può ancora insegnarci qualcosa - che la costitutiva dimensione di potere della tecnologia include sempre la visione del mondo di chi l’ha realizzata e sviluppata!... E noi oggi quale mondo, presente e futuro, stiamo creando e vogliamo?   

 

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