“Voz ausente”: il perdurante mistero attorno alla voce di Federico García Lorca (che c’è, ma non si trova) - di Lorenzo Spurio

Manifesto della mostra “La voz de Lorca” tenutasi presso
il Centro Cultural Conde Duque di Madrid dal 2 al 5 ottobre 2014.
Un articolo di qualche tempo fa dello scrittore e giornalista Alejandro González Luna apparso sulla rivista dominicana Global[1] ha riportato in auge un discorso – un quesito si dovrebbe dire da subito – importante e che, nel corso della storia, da più parti, è apparso e riapparso dando, ogni volta, motivo di sperare. Purtroppo, sino alla data in cui sto scrivendo, ogni ricerca mossa da studiosi, critici e investigatori, finanche storici e artisti, si è rivelata fallimentare. Mi riferisco al mistero che aleggia attorno alla voce del poeta spagnolo Federico García Lorca. Sembra assurdo credere – e l’irlandese Ian Gibson, suo maggiore biografo, è di questa schiera di pensiero – che non esista nessuna registrazione audio della voce del poeta mentre legge qualche sua poesia, impronta una battuta dei personaggi teatrali da lui creati, produce una nenia gitana o semplicemente parla con amici, interviene alla radio, pronuncia una conferenza. A fronte della grande quantità di materiali sulla sua vita, sulle sue frequentazioni con artisti e poeti non solo spagnoli ma di vari paesi, massiccia quantità di corrispondenza, articoli su giornali, interventi alle radio (numerosissimi quelli durante la sua permanenza a New York nel 1929 e soprattutto a Buenos Aires nel 1933-1934), sembra impossibile credere che non vi sia traccia della sua voce.
Le direttrici di studio in merito a questa realtà incredibile – e in qualche maniera disarmante – si sono rivolte principalmente verso due traiettorie. La prima di queste ha riguardato una serie di vere e proprie investigazioni che sono state condotte da studiosi, critici e giornalisti nel corso del tempo che si sono recati nelle sedi delle radio nelle quali Lorca aveva partecipato a delle interviste (cosa difficile da fare e non sempre realizzabile dal momento che molte radio del periodo erano state chiuse e risultava anche difficile comprendere dove i materiali d’archivio fossero finiti), nelle università, nelle biblioteche e in archivi locali. Purtroppo ogni volta tali ricerche sono state insoddisfacenti: non hanno dato nessun risultato. A complicare le operazioni tese a rinvenire materiale audio sono state, come viene osservato nel lungo saggio, la frequente reticenza di amministrazioni nel cooperare e fornire sostegno nella ricerca, la mancanza di un vero team affiatato e strutturato a condurre tale indagine (episodi condotti in privato, per la sola grande volontà di alcuni, hanno mostrato da subito la vulnerabilità dell’operazione), la non catalogazione e archiviazione di materiali di redazioni radio o di circoli culturali.
Vari ricercatori, com’è il caso dell’argentina Marisa Martínez Pérsico, del cui impegno per ritrovare qualche registrazione lorchiana si parla nel summenzionato saggio, non hanno mollato la presa dinanzi ai primi insuccessi della loro investigazione. Hanno cercato, in base alle notizie storiche documentate di Lorca, delle sue frequentazioni a radio, università, circoli, del suo passaggio, partecipazione e interventi, contributi, charlas, documenti, vale a dire di mettere in piedi una possibile mappa dei luoghi da lui percorsi nei quali, con maggiore probabilità di altri, poteva sussistere qualche speranza di trovare del materiale. Purtroppo, per le varie ragioni di cui sopra, a cui di certo andrebbe aggiunto il probabile disinteresse della famiglia di far venire alla luce materiale audio di Lorca (magari dal contenuto in qualche modo compromettente o poco piacevole per qualche ragione) si è sempre lavorato poco in questa direzione.
Se, come si è detto, esiste una sterminata quantità di materiali collegati alla vita di Lorca, su vari formati, di testimonianze della sua esistenza, al di là delle bozze dei suoi manoscritti, dei disegni, delle lettere inviate ad amici e familiari, e continuamente vengono alla luce (in biblioteche, in case private) segni tangibili della presenza di Lorca in determinati ambienti, nulla è stato mai rinvenuto che ci consenta di sentire come il poeta articolasse le parole, il tono della sua voce, l’inflessione andalusa che molti amici ricordano fosse piuttosto marcata ma mai da essere sgraziata né fastidiosa.
Negli ultimi anni, frutto di ricerche mirate o di ritrovamenti fortuiti, sono venuti alla luce testi singoli scritti a mano dal poeta su piccoli pezzi di carta (tra cui alcune poesie di Poeta en Nueva York e soprattutto dei fondamentali Sonetos del amor oscuro) che sono stati oggetto di compra-vendita all’asta con cifre inimmaginabili. La Fondazione García Lorca, che ha sede a Madrid ed è attualmente presieduta dalla nipote del poeta, Laura Federico García Lorca (figlia di suo fratello Francisco), ha puntualmente fatto in modo di aggiudicarsi questi importanti testi (od oggetti a lui appartenuti) che sono poi stati inventariati all’interno degli spazi della Fondazione. Recenti notizie diffuse dalla stampa spagnola hanno dato annuncio di un recente ingresso negli spazi della Fondazione di una quantità impressionante di reperti, testimonianze scritte, oggetti e materiali di vario tipo appartenuti al poeta, il legado lorquiano giunto a Madrid in vari scatoloni pronto per essere inventariato, reso disponibile e studiato. A fronte di tutte queste prove pratiche, testimonianze, bozzetti, firme, disegni, lettere, copioni, partiture musicali e altro ancora, nulla di sonoro relativo alla persona di Lorca ci è giunto, con eccezione di alcuni brani musicali da lui suonati al piano, in compagnia de La Argentinita (1898-1945), registrati e miracolosamente giunti sino a noi. Ma, anche in questo caso, non esiste la registrazione di neppure una parola pronunciata dal poeta.
Tutto questo ha generato un quesito che ancora oggi rimane inesplorato attorno al mistero della voce di Lorca. Il mistero non è tanto rivestito dalla domanda “com’era la voce di Lorca?” ma dall’interrogativo categorico “perché non esiste neppure una brevissima cinta dove lo si sente parlare?”. La stranezza del fatto, se si tiene in considerazione la sua vita letteraria profondamente attiva e mondana (sulla stampa, interviste, interventi, charlas públicas, recital estemporanei, etc.), degli ultimi anni, quando era ormai diventato molto famoso (come drammaturgo) da venire celebrato come un torero (lo dice lui stesso in una lettera alla famiglia), è ben palese.
Gli investigatori hanno cercato di direzionare il loro sguardo non solo verso i centri di cultura e le radio da lui frequentate ma anche verso gli artisti suoi amici, persone frequentate in maniera stabile in determinati periodi, persone che lo ospitarono nelle loro famiglie e case, per cercare di capire se lì, in qualche soffitta piena di cianfrusaglie, potesse nascondersi un qualche nastro con la sua voce. Non era infrequente che il poeta, quale forma di omaggio, lasciasse a suoi amici testi inediti vergati sulla carta (vi è in una lettera da lui scritta contenente la richiesta di rimandargli indietro un testo che avrebbe voluto inserire in Poeta en New York in quel momento in gestazione e di cui aveva precedentemente omaggiato il destinatario, non avendone una seconda copia) o i manoscritti di intere opere teatrali e, allo stesso modo, i recital di poesie improvvisati nelle case di amici, durante le varie veladas alle quali prendeva parte, così richiesti e graditi, non è da escludere che non venissero registrati.
A Buenos Aires, nel periodo 1934-1935, Lorca era ormai un uomo che godeva di grande fama, ben lontano dal giovanetto inesperto e ancora economicamente dipendente dalla famiglia di quando si era recato a New York nel 1929. Il successo della sua opera drammaturgica lo precedeva al punto tale che per tutto il periodo che fu a Buenos Aires (con un significativa parentesi di una settimana a Montevideo e una giornata a Rosario) veniva letteralmente conteso da giornalisti, critici, studiosi, studenti e gente comune. Non mancò di partecipare a salotti in vista dell’epoca con personaggi di prestigioso, non solo delle lettere ma anche del mondo politico-governativo (molti, tra i suoi amici, come lo stesso Neruda, furono o sarebbero di lì a poco divenuti consoli e ambasciatori in varie parti del mondo, quando non addirittura ministri) e questo testimonia che frequentava un ambiente elevato, raffinato ed economicamente abbiente, dove di certo non mancavano le possibilità né i desideri di possedere mezzi tecnologicamente all’avanguardia rimanevano inappagati, come  quelli di possedere registratori con pellicola o sistemi di ripresa su nastro. Ciò permette di argomentare le considerazioni di Gibson e quelle successive di tanti, tra cui Alejandro González Luna e María Rosaria Pérsico, che molto probabilmente la voce di Lorca venne registrata in più occasioni. Su questo gli investigatori sembrano essere molto d’accordo ed è proprio da tale convinzione che nascono i vari progetti di ricerca, intenzionati a far venire a galla la verità, a ripescare quei documenti che, qualora trovati (e non rovinati dal tempo, dalle cattive condizioni dove sono stati tenuti etc.) ci consentirebbero di sentire la voce di uno dei più grandi poeti al mondo.
Voce che, va detto, ci sembra già di conoscere, avendo tanto letto e studiato la sua opera, avendone percorsi i temi e percepito le fragranze, intuendone l’inasprimento del ritmo, le sonorità acide delle poesie americane, l’ordito elegante venato dal buio dell’io nelle poesie dei Sonetos. Eppure qualcosa ci sfugge. Ci manca. Manca il suo timbro. La nervatura data alle parole. Il fluire armonico dei versi. Manca quella veste sacrale delle parole nude impresse sulla carta. Manca, soprattutto, la voce di quell’amico che vorremmo tornare a sentire, per sentirci in pace con noi stessi, per percepirlo gioioso, per viverlo nei momenti in cui esprimeva il suo tormento interiore cercando un colloquio diretto con la natura nel complicato intento di smarcarsi da quella sofferenza nativa che lo invadeva.
Chi lo conobbe da vicino ebbe a ricordare dell’utilizzo da parte di Lorca di una lingua d’uso comune, pulita ed esatta, avulsa da terminologie tecniche che, al contrario, nel suo andaluso tipico, si prestava a varianti sonore (inasprimento della “t” che diveniva “d”, pronuncia di “h” di inizio parola come “ll”, sostituzione, in alcuni casi della “l” per la “r”, lettura veloce – quasi impercettibile come spesso avviene negli andalusi – della sillaba finale dei participi passati da “ado” a “ao”, etc.), caratteri che, descritti in questi termini, poco ci dicono concretamente sul tipo di voce del poeta essendo quest’ultima caratterizzata da tanti aspetti quali il tono, il timbro, il volume, la cadenza, finanche l’estensione e quello che potremmo definire il cromatismo. Suo fratello Francisco (1902-1976) ebbe a osservare che Federico “aveva una voce di tonalità media, tendente al sonoro [ma] non molto squillante”; il giornalista nostrano Indro Montanelli (1909-2001) ricordò che, se il poeta non poteva essere riconosciuto uomo di particolare avvenenza, di certo aveva attributi rimarchevoli quali “Lo sguardo luminoso, il sorriso da bambino e la voce. [Quest’ultima] era profonda e calda, come quella di un baritono e vibrante come un accompagnamento alla chitarra delle sue poesie”. Ramón Gómez de la Serna (1888-1963) sottolineò in Lorca la presenza di un linguaggio gestuale e prossemico mentre parlava essendo molto propenso a gesticolare al punto tale che i termini che uscivano dalla sua bocca sembravano prendere forma nelle sue mani, dandogli composizione, forma, suono, rendendoli malleabili e sospesi in aria[2]. L’amico poeta Luis Rosales (1910-1992) ricordò che Lorca possedeva “una grande voce, una voce potente, profonda, con un timbro molto buono, senza nessuna sfumatura metallica […] una voce liquida ma ampia”[3]. La nipote del Poeta, Laura García Lorca, sostiene che suo zio Federico “dava molta importanza alla voce e al modo di leggere. Per illustrare le sue conferenze, come ad esempio Arquitectura del cante jondo, faceva ascoltare registrazioni della Niña de los Peines o di Manuel Torre”[4].
La seconda direttrice d’indagine ha riguardato, invece, coloro che, conoscendo il poeta in vita, potessero in qualche modo tramandare il ricordo della sua voce: descrivercela – per quanto difficile possa essere -, farcela intendere, permetterci di immaginarla, fornendoci alcuni caratteri che la rendevano tale, unica, irripetibile e proprio per questo motivo di tanto cercare, disquisire, investigare, alla ricerca di quel richiamo sonoro che luttuosamente ci ha resi orfani. In tale ambito, nel corso degli anni, si è cercato di intervistare persone che erano entrate in contatto con il poeta e che potevano, pertanto, esprimersi in merito a questo oggetto di ricerca. Allo stato attuale possiamo sostenere che quasi tutte le persone che poterono sentirlo pronunciare parole, per motivi meramente storici (se fosse stato risparmiato alla sorte che beffarda lo attendeva nel 1936, non sappiamo fino a che anno sarebbe vissuto, ma di certo alla data attuale, 2020, non sarebbe giunto, avendo avuto – per assurdo – un’età di 122 anni), siano decedute da tempo.
Ricordiamo, infatti, tra quelli che più furono a contatto con Lorca – sia nel mondo letterario che in quanto membri della sua famiglia – coloro che nel tempo, morendo, hanno allontanato sempre più la possibilità di poter avere un testimone diretto e fedele in merito alla conoscenza di Lorca e, dunque, anche della sua voce. Tra gli esponenti della Generazione del ’27, alla quale Lorca appartenne, coloro che lasciarono più tardi questa valle di lacrime (e che non mancarono di parlare di lui, dedicandogli poesie e ricordandone alcuni episodi nelle proprie autobiografie) vi sono senz’altro Rafael Alberti che, quasi centenario, morì nel 1999 e Vicente Aleixandre che, invece, era deceduto nel 1984[5]. Ad essi va aggiunto il pittore surrealista Salvador Dalì[6] (morto nel 1989) al quale il poeta fu molto legato, da un’amicizia viscerale dai tratti ambigui che, in più circostanze, portò a un allontanamento tra loro.
Morirono nei decenni successivi al suo assassinio vari intellettuali[7] che furono grandi amici del poeta e che collaborano in maniera continuativa con lui a vari livelli, persone dalle quali il ricordo del granadino e della sua voce, sarebbero di certo stati assai significativi per avvicinarsi un po’ a questo mistero attorno all’oralità della sua parola: Francisco Giner de los Ríos, esponente liberale che ebbe a gran volere Lorca accompagnandolo nel viaggio in America (1929) e che divenne, durante la Repubblica, ministro del governo Azaña, la cui figlia, in seguito, avrebbe sposato Francisco, il fratello del poeta, morì nel 1951; Eduardo Ugarte, l’amico amante di teatro col quale aveva fondato “La Barraca”, partecipando alle tante iniziative di teatro ambulante nei pueblos della provincia, era deceduto nel 1955; un anno prima se n’era andato il drammaturgo Jacinto Benavente, punta di diamante del teatro europeo, nodo rilevante di copiose pagine della letteratura drammatica del periodo, detta appunto benaventina[8].
Nel 1969, entrambe le maggiori interprete lorchiane – che con lui avevano lavorato per vari anni codo con codo – l’argentina Lola Membrives e la catalana Margarita Xirgu, morirono. Quest’ultima, fervente repubblicana, morì in esilio volontario in sud America, in Uruguay, dove era riparata dalla Spagna totalitaria di Franco che non aveva risparmiato Lorca.
Tra gli altri esponenti del mondo letterario rilevanti in merito all’argomento che ci siamo posti che, negli anni successivi, vennero a mancare figurano di certo Pablo Neruda (1973) col quale, dopo l’incontro di profonda sintonia avvenuto a Buenos Aires nel 1934 (celebre il discurso al limón dei due), strinse una forte amicizia; José Bergamín (1983), editore della rivista Cruz y Raya e dell’omonimo marchio editoriale che, grazie al suo interessamento, aveva reso possibile la pubblicazione di Poeta en Nueva York con la Editorial Séneca in Messico nel 1940; fino al nero Nicolás Guillén (1989), che diede impulso alla tradizione del son habanero, incontrato e frequentato con entusiasmo dal poeta durante la sua permanenza a Cuba nel 1930.
Tra i familiari più stretti del poeta, l’ultima ad andarsene è stata la sorella minore, Isabel García Lorca, deceduta nel 2002. Era giovanissima quando la notizia della morte del fratello si abbatté sull’intera famiglia tanto da segnarla profondamente; secondo alcuni il suo temperamento apparentemente algido, la sua rigidezza e la lieve inclinazione alla positività (nelle foto, ma anche nelle comparse su interviste televisive il suo sguardo non celava mai il fondo pesante di un dolore continuo), ben ricordano il legame forte e autentico con il fratello – testimoniato da alcune foto insieme – mentre, ad esempio l’aiutava a leggere e scrivere, un compagno di giochi e una presenza, quella del poeta che, per Isabel, rappresentava un mondo di rassicurazione e di divertimento al contempo, venuto a mancare di netto con la fucilazione del Nostro. In un copioso volume del 2002, Recuerdos míos[9], che lamentevolmente si trova fuori catalogo, Isabel ha tracciato l’insieme di memorie familiari che contraddistinsero il prima e il dopo della morte dell’amato fratello dalla quale – è consentito osservalo e ragionevole crederlo – mai riuscì del tutto a capacitarsi (e a riprendersi). Solo qualche anno prima di lei era deceduto Pepín Bello, fine intellettuale, prolifico di idee e vedute ma dalla scarsa produzione in volume, alla veneranda età di 103 anni, essendo nato a Huesca nel 1904, ultimo rappresentante in vita – sino alle soglie del XXI secolo – della gloriosa Generazione del ’27. Di certo lui, frequentatore della Residencia de Estudiantes di Madrid proprio come Federico, aveva parlato col Granadino in più circostanze, condividendo vari momenti di istruzione e di svago.
Dopo il decesso di Manuel Fernández Montesinos (2013)[10], figlio di Concha García Lorca, sorella del poeta, e di Manuel Fernández Montesinos Lustau, sindaco socialista di Granada massacrato dai nazionalisti nel 1936, già Presidente della Fondazione Federico García Lorca[11], davvero le persone attualmente in vita che conobbero e poterono sentire la voce del poeta granadino si contano sul palmo della mano[12]. Tra di esse vi è Tica Fernández Montesinos, sorella di Manuel Fernández Montesinos che, pur essendo allora piccolissima (è nata nel 1930) ha vergato alcuni suoi ricordi dell’infanzia e dello zio Federico nel recente libro El sonido del agua en las acequias[13] (2018) dove pure parla dell’esilio americano della famiglia García Lorca nel 1940 e delle varie vicissitudini che ne seguirono (morte del padre di Lorca a New York, rientro dall’esilio e morte della madre Vicenta, e della sorella Concha a causa di un incidente stradale a cinquantanove anni). Nell’immagine di copertina del volume compare una foto storica di un Federico in piedi, radioso, vestito con una camicia scura (che fa pensare alla divisa che solitamente indossava quando era impegnato nelle attività de “La Barraca”) con le due nipotine, piccolissime, Tica e la sorella Concha (deceduta nel 2015). Ironia della sorte, proprio una delle ultime testimoni dirette di Lorca – e della sua voce – per tutta la sua vita dovette combattere con una forma di sordità da una delle due orecchie che le creò, oltre a rallentamenti nell’apprendimento, anche una sorta di sentimento di emarginazione una volta entrata nell’universo scolastico. È da credere, come lascia intuire dalle pagine del libro senza affrontare il tema della discapacità uditiva in maniera troppo approfondita, che sin da bambina convisse con quella disabilità che, probabilmente, costituì un ostacolo – o per lo meno un affaticamento[14] – nel percepire distintamente e in maniera chiara, nella loro natura e timbro, le voci della sua famiglia, finanche quella dello zio Federico. Tuttavia neppure in questo libro di memorie di Tica, per quanto ben congegnato e capillare sia nella ricostruzione dei fatti familiari nei decenni passati, risultano esservi particolari pennellate che ci consentano di avvicinarci un po’ di più alla voce di Federico: a come si strutturava, a quali toni si fletteva, al volume e al timbro della sua parlata e così via.
Due pubblicazioni, entrambe del 2017, in particolare, che raccolgono una nutrita scelta di interviste fatte al poeta nel corso della sua breve carriera, risultano importanti per poter cercare di scoprire, ancor più da vicino, la personalità di Lorca mediante le sue stesse parole che ci consentono di osservare le sue opinioni, considerare la sua prontezza nella risposta, il taglio delle contestazioni, il modo di argomentare un discorso, esponendosi tanto in materia di letteratura e cultura generale quanto di argomenti d’ordine sociale: Palabra de Lorca[15] e Treinta y una entrevistas a Federico García Lorca[16]. Oltre alle varie ricerche di cui si è detto, intenzionate a scandagliare tra archivi o tra il materiale in possesso di persone (o relativi eredi) in diretto contatto con Lorca, l’attenzione sul mistero della voce del poeta è stata posta al centro di iniziative culturali recenti. Dal 2 al 5 ottobre 2014, ad esempio, presso il Centro Cultural Conde Duque di Madrid si tenne una mostra dal titolo “La voz de Lorca” nata dalla volontà di trasmettere ai potenziali visitatori delle suggestioni – mediante l’esposizione di oggetti personali e manoscritti del poeta – e di far immaginare il possibile accento, tono e vocalizzazione del poeta spagnolo. L’iniziativa, organizzata in seno alle attività del Festival 2014 Poetas por km2 aveva come obiettivo quello di “Ricondurre Lorca al nostro territorio”[17], a detta di Pepe Olona, vale a dire alla nostra contemporaneità.
Vorrei, in chiusura a questa breve analisi sul tema che ci siamo posti, poter affrontare l’argomento in chiave sinottica da entrambe le angolazioni. Vale a dire, da una parte, che senso (e quale importanza può avere) ricercare, dopo più di ottanta anni dalla sua morte, materiale audio che ci consenta di sentire la voce del poeta quando di lui, della sua vita, conosciamo nei dettagli praticamente tutto e la sua opera, studiata, approfondita, riletta e proposta criticamente è stata delucidata in ogni suo aspetto tanto da poterne percepire, da dentro, le voci del poeta, il suo sentire a tratti dolente, altre entusiasta per gli incontri fatti, per la fama che andava consolidando, per l’amore sempre ricambiato dei suoi cari? Cosa, concretamente, potrebbe aggiungere a tutto questo qualche misero minuto di registrazione di una sua poesia letta durante un recital o di un frammento mentre interveniva come conferenziere?
Dall’altra parte esiste quel mistero attorno a Lorca, non solo alla sua voce, ma alla sua intera tragedia che nel corso degli anni, tanto la famiglia quanto i governi che si sono succeduti (per motivazioni che immagino diverse) è stato alimentato da reticenze (della famiglia) e apparenti indifferenze e motivi di revisionismo (dal Governo) sulla sua triste vicenda come pure sull’epilogo del conflitto della guerra civile spagnola. Voglio dire che, benché esista una storiografia documentatissima, attendibile e ritenuta come ufficiale, permangono ancora oggi molti aspetti poco chiari, motivi di diatriba e di vere scuole di pensiero, come pure le numerose piste investigative attorno alla sua morte, non sempre concordi, al punto tale da poter credere plausibile il considerare anche quelle che, a una prima vista, possono sembrare le più colorate e farsesche. Questo accade quando ci si trova dinanzi a una persona, in questo caso un intellettuale, che per varie ragioni che vanno ben oltre l’unanime riconoscimento del suo genio – e complice il sistema di innalzamento operato da un popolo, da una comunità – ha cessato di avere una sola dimensione umana (quel corpo che, in realtà, non è stato mai trovato e che, di contro, abita ogni parte della terra) per assumere un’aurea universale. Ci troviamo – nel caso di Lorca – dinanzi a un uomo che è stato amato non solo in quanto poeta, ma di anima solidale al punto da farsi patriota di un popolo, martire per i deboli e per la lotta alla libertà. Se c’è, tra studiosi e critici, dopo tanti anni da quella sua morte-non morte (un anticipo di congedo che puntualmente celebriamo ma col ricordo felice), chi ancora ricerca ogni traccia della sua persona, del suo essere stato nel mondo, di quel percorso che ha condotto tra tanti suoi simili, è perché si cerca di attualizzare e impadronirsi, nel reale, di quell’uomo che da semplice campesino borghese di provincia è diventato mito generale.
Ecco, allora, che forse la sua voce può ritrovarsi in maniera distinta nelle sue liriche, ma anche nell’aspra denuncia sociale condotta dalle eroine del suo teatro e in attestazioni di profonda stima e patente amore di chi, come Vicente Aleixandre, sviscerò questo legame autentico in alcune frasi che rimangono con viva probabilità il più lucido e fulgente ritratto di un uomo sfortunato e della sua voce che oggi non c’è, ma che risuona: “Era soffice come una conchiglia al mare. Innocente nella sua tremenda[18] risata bruna[19], come un albero furioso. Ardente nei suoi desideri, come un essere nato per la libertà. In Federico tutto era ispirazione e la sua vita, così piacevolmente in sintonia con la sua opera, fu il trionfo della libertà; tra la sua vita e la sua opera c’è un interscambio spirituale e fisico talmente costante, così appassionato e fecondo, che le rendono completamente inseparabili e indivisibili. Il brutto momento [nel quale cadde] era l’ora del poeta, il momento della solitudine, ma di una solitudine generosa, perché è tale quando il poeta sente che essa è l’espressione di tutti gli uomini”[20].
 
 
 
Bibliografia
 
“Recuperando la voz de Federico García Lorca”, Poetica2puntocero, 7 de junio de 2016.
AA.VV., L'impossible/possible di Federico García Lorca, Atti del Convegno di Studi, Salerno 9-10 maggio 1988, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1989.
Álvarez Eduardo, “La voz de Lorca”, Madrid Art Process, 11 de enero de 2018.
Fernández Montesinos Manuel, Lo que en nosotros vive, Tusquets, Barcelona, 2008.
Fernández Montesinos Tica, El sonido del agua en las acequias, Dauro Ediciones, Granada, 2018.
García Lorca Federico, Palabra de Lorca. Declaraciones y entrevistas completas, edicción de Rafael Inglada y Víctor Fernández, Editorial Malpaso, Barcelona, 2017.
 
Fanjul Sergio C., “Así suena la voz de Lorca”, El País, 2 de octubre de 2014.
García Lorca Federico, Treinta y una entrevistas a Federico García Lorca, edicción de Andrés Soria Olmedo, Entorno Gráfico, 2017.
García Lorca Isabel, Recuerdos míos, edición de Ana Gurruchaga, Tusquets Editores, Barcelona, 2002.
Gaviña Susana, “La Residencia no pudo grabar la voz de Lorca porque se quedó dormido”, ABC, 1 de octubre de 2014.
González Luna Alejandro, “La voz perdida de Lorca”, Global, n°81, Abril de 2018, http://revista.global/la-voz-perdida-de-lorca/
Hernández Mario, “Muere Manuel Fernández Montesinos, el recuedo de García Lorca”, El País, 19 de enero de 2013.
Sorayda Peguero Isaac, “¿Cómo era la voz de García Lorca?”, El Espectador, 27 de marzo de 2019.
Spurio Lorenzo, “Donne che lottano. Del civile nel teatro lorchiano”, La Macchina sognante, n°2, Marzo 2016.
Spurio Lorenzo, “Un nardo reciso. Le ultime ore di vita di Federico García Lorca e il lutto della poesia”, in AA.VV., La memoria, a cura di Antonio Melillo e Giancarlo Micheli, Ladolfi, Borgomanero, 2016.
Spurio Lorenzo, Tra gli aranci e la menta. Recitativo per l’assenza di Federico García Lorca, PoetiKanten, Sesto Fiorentino, 2016.
 
 

[1] Alejandro González Luna, “La voz perdida de Lorca”, Global, n°81, Abril de 2018, http://revista.global/la-voz-perdida-de-lorca/ Con il consenso dell’autore, nel mese di maggio 2020, ho tradotto l’intero saggio in lingua italiana. Attualmente esso è inedito.
[2] Queste notizie sono desunte dall’articolo: Sorayda Peguero Isaac, “¿Cómo era la voz de García Lorca?”, El Espectador, 27 de marzo de 2019. Le traduzioni sono eseguite dal sottoscritto.
[3] “Recuperando la voz de Federico García Lorca”, Poetica2puntocero, 7 de junio de 2016. La traduzione è eseguita dal sottoscritto.
[4] Susana Gaviña, “La Residencia no pudo grabar la voz de Lorca porque se quedó dormido”, ABC, 1 de octubre de 2014. La traduzione è eseguita dal sottoscritto.
[5] Tra gli altri esponenti della Generazione del ’27 in ordine di morte, partendo dal più recente e proseguendo a ritroso, ricordiamo: Gerardo Diego (1987), Jorge Guillén (1984), Luis Cernuda (1963), Emilio Prados (1962), Manuel Altolaguirre (1959), Pedro Salinas (1951).
[6] E anche la sorella del pittore, Anna Maria Dali, che morì nel medesimo anno del pittore, che fu amica di Federico. Il poeta andaluso era solito trascorrere intere settimane nella casa dei Dalì a Cadaqués, sulla Costa Brava.
[7] A continuazione se ne citerà solo alcuni, tra i maggiori, che nel tempo strinsero amicizia con poeta o il cui rapporto, importante tanto in termini professionali che umani, si spalmò su un periodo considerevole e significativo dell’esistenza del poeta.
[8] L’altro grande drammaturgo spagnolo del quale il poeta rimase molto affascinato e probabilmente influenzato da alcune opere fu Eduardo Marquina (morto nel 1946) che, dopo leggere reticenze, aveva sostenuto il poeta in campo teatrale permettendogli di entrare in contatto con l’attrice Margarita Xirgu che, in breve tempo, divenne carne ed ossa sul palco delle sue maggiori eroine drammatiche.
[9] Isabel García Lorca, Recuerdos míos, edición de Ana Gurruchaga, Tusquets Editores, Barcelona, 2002. Tale volume autobiografico venne pubblicato dopo il decesso dell’autrice. Una prima versione di raccolta di memorie figura nell’intervento breve “Recuerdos de infancia” apparso nel volume L'impossible/possible di Federico García Lorca, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1989.
[10] Mario Hernández, “Muere Manuel Fernández Montesinos, el recuedo de García Lorca”, El País, 19 de enero de 2013.
[11] Manuel Fernández Montesinos, Lo que en nosotros vive, Tusquets, Barcelona, 2008.
[12] La cantante messicana Chavela Vargas (1912-2012), celebre per la Llorona e numerosi altri successi, non ha mancato mai di ricordare il suo legame di profondo affetto per il poeta, al punto tale di aver prestato la sua voce ad alcune canzoni lorchiane ma, dato che il poeta mai viaggiò in Messico, non è possibile dire con certezza se i due si fossero incontrati e conosciuti in qualche circostanza. Nella grande quantità di studi, approfondimenti, saggi e memorie in mio possesso – compreso quello che potremmo definire il “magistero” di Ian Gibson che tutto scrisse su Lorca – non vi è alcun cenno a questo incontro, è da desumere, dunque, che mai si incontrarono. Un riscontro decisivo potrebbe derivare dall’analisi delle testimonianze della Vargas e dalla sua autobiografia. A tal proposito riporto alcune note diffuse su un articolo di un giornale online: “Chavela Vargas diceva che ascoltava la voce di Garcia Lorca nel canto di un uccello. Era un uccello colorato “come il garofano che scoppia”, che si posava sul ramo di un albero, vicino a una finestra della sua stanza alla Residencia de Estudiantes di Madrid. Nel 1993 Chavela Vargas alloggiò presso la Residencia. La stanza nella quale dormì fu la stessa che occupava Garcia Lorca nei suoi anni da studente. Rubén Rojo, direttore de El ruiseñor y la noche, un documentario che ha approfondito l’ossessione della Vargas per Garcia Lorca, ha detto che se Chavela Vargas sopravvisse al dolore dei suoi ultimi mesi di vita, fu grazie al poeta. Il 10 luglio 2021, [alcune] settimane prima di morire e dinanzi a cinquecento spettatori, la signora col poncho rosso vide compiersi il suo ultimo desiderio: ritornare alla Residencia de Estudiantes per cantare Garcia Lorca”, in Sorayda Peguero Isaac, “¿Cómo era la voz de García Lorca?”, El Espectador, 27 de marzo de 2019. La traduzione è eseguita dal sottoscritto.
[13] Tica Fernández Montesinos, El sonido del agua en las acequias, Dauro Ediciones, Granada, 2018.
[14] “Avevo il problema di non riuscire a sentire bene e per questo necessitava un mio maggiore sforzo”, da Tica Fernández Montesinos, El sonido del agua en las acequias, Op. cit., p. 39. La traduzione è eseguita dal sottoscritto.
[15] Federico García Lorca, Palabra de Lorca. Declaraciones y entrevistas completas, edicción de Rafael Inglada y Víctor Fernandez, Editorial Malpaso, Barcelona, 2017.
[16] Federico García Lorca, Treinta y una entrevistas a Federico García Lorca, edicción de Andrés Soria Olmedo, Entorno Gráfico, 2017.
[17] Motto tradotto liberamente dall’originale “Tratamos de llevar a Lorca a nuestro terreno", in Sergio C. Fanjul, “Así suena la voz de Lorca”, El País, 2 de octubre de 2014.
[18] Inteso in un senso positivo, col significato di “imponente” ma anche “stupefacente”, “grandiosa”, “imprevedibile”, in una parola “potente”.
[19] Qui l’originale morena va inteso sia in senso di “scuro” riferito alla pelle in quanto il poeta, con una carnagione mediterranea già scura di suo, risultava particolarmente abbronzato; parimenti richiama, in forma indiretta, a quella tradizione e simbologia del popolo moreno, o moresco, degli arabi di cui la sua città, Granada, conserva la geniale e stupefacente costruzione dell’Alhambra e il Generalife, ma la cui dominazione fu forte – e i segni architettonici lo dimostrano – nell’intera Andalusia.
[20] Si tratta di un estratto del ricordo che il poeta Vicente Aleixandre fa di Lorca; esso venne pubblicato per la prima volta sulla rivista Hora de España n°7, Valencia, 1937. La traduzione (con alcune note di specificazione a piè di pagina) è eseguita dal sottoscritto.
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