XLII Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Fu nel 2007 che morì o venne tolta dall’esistenza Stefania Ferrero. La vedo ancora, alta, il viso piccolo armonioso che alleggeriva il corpo pieno, femminile, le mani lievi, anelli, qualche pendaglio e la signorilità di generazioni ormai resa natura incarnata.Gli occhi alteravano questa sembianza, un marrone scuro insano, difforme dal viso gradevole, e con sguardi che sorgevano da pensieri tutti di lei, visionari, che fosse l’Endometriosi o le sospettose liti con il padre, i parenti, anni di incertezza, potevo , e lo fui, trovarmi fuori uscio, quaderni chiusi irreperibilmente, scrissi la biografia di Sigmund Freud tenendomi i fogli in braccio notte e giorno. E sia! Morì o fu tolta all’esistenza Stefania Ferrero, ed il suo patrimonio scaraventato in persone che non ne avevano diritto se non per l’inettitudine di Stefania, inetta, lo dico, giacchè n

on si coniuge di un uomo quale ero e sono indifferente alle imprese di costui, io. Io che scrivevo, io che pubblicavo, io che stavo nel mondo culturale internazionale, e lei farneticava di salute, campagna, gatti, avarizie microbiche. Forse l’avrei ingannata comunque,forse mi ero stroncato di liti familiari, forse non sopportavo fare compagnia a vuoto, forse non ero sanamente egoista, forse, forse, forse, al dunque lei non mosse una carta a mio favore, ed io non chiesi o volli alcunchè a mio favore. Un suicidio accostato. Pazza lei, pazzo io. Non mi perdono. Miliardi al vento addirittura afferrati da probabili assassini.

Ma quel 2007, quell’anno , e fu agosto, io chiamo , laggiù, Messina, la bella casa di mia sorella Anna, e di mia madre, vedo nel pensiero mia madre che risponde, ogni giorno, anni, io chiamo, e mia madre risponde, la colonna imperiale, la certezza, l’ordinamento cosmico, mia madre risponde, tutto in regola, vi è un istante di sospensione di squilli, poi la voce di mia madre, ha cento anni, continua a vivere per non addolorarci , è l’estremo compimento di amore per i figli, ha sopportato la morte di mio padre, la morte dl  mio patrigno, la disperantissima morte di mia sorella adolescente, Ermanna, la quasi morte di mio fratello Francesco, la morte di mia sorella Caterina, la morte del pronipote  Gaetano, la notte, in solitudine, piange, di giorno , con gli altri, sorride, e fissa un punto, assorta, in  vestaglia azzurra, sulla poltrona, la stanza lucente. La vedo non vedendola. Il telefono suona, suona, suona. Non  risposta. Da questo momento  , nientre, né all'alba, né ad ore notturne. Era accaduto “qualcosa” . Telefonate, il suono, ancora suono, niente. Ignoravo i numeri dei  nipoti, credo mi chiamarono loro, mia madre stava male , Ospedale Principe di Piemonte ,un Ospedale notissimo. Mia madre aveva sopportato vicende estreme da schiantare un mostro dell'antichità bestiale, lei pativa  disperatissima  ed indomabilissima, infelicissima in sé, placata  con gli altri, ed in quel tempo era in atto  un evento che a raccontarlo apparirà inverosimile anche a me che l’ho vissuto, e inventato. Mio fratello morì, era ingrassato enormemente, non andava bene nel suo corpo  gonfiato, proprio gonfiato, lo vedevo raramente  quando scendevo a Messina, gonfiato, era gonfiato.  Giancarlo, figlio di mio fratello, chiama,il padre forse morente, la notte deciderà. Mio fratello, morente! Lui era nel flusso del fiume vitale , cantava, danzava, suonava, cucinava,donne, donne,  lavorava,  amava i figli, Giancarlo, Claudio, Alessandra,  nella vita come una pianta , nessun occhieggiamento della morte,tuttavita, anzi, invece forse non oltrepassava la notte,mi pare domenica, allora, o il sabato verso la domenica, e vi fu incuria poi certificata, aneurisma all’aorta sub renale, tardi quando se ne  occuparono, e mio fratello spense la vita tanto vissuta. Il funerale è quel che possiamo largire, chiesa di San Francesco, i compagni del remoto e del presente,da ogni luogo, increduli, è morto Francesco(Franco) Saccà, impossibile, in effetti non doveva morire. In tale sconvolgimento , un dilemma: rivelare  a mia madre che  il figlio era morto? Mia madre anziana, non vecchia, no, non poteva subire la vecchiaia, supponevo forse dissolverà il pensiero, non sentire,  ed  invece madre eternamente materna, chiedeva del figlio, eternamente figlio, chiedeva del figlio, no, non volevo che ne apprendesse la morte, mio padre ucciso, mia sorella Ermanna morta adolescente, anche mio patrigno consunto,non volevo che ancora una morte la colpisse, anche il nipote Gaetano, ++++ morto, non volevo ancora una morte, e del figlio, di quel figlio che da ragazzo  ci aveva angosciato, notturno, libero, indocile, avventurato, ed ora ancora pur serio, paterno, laborioso qualche estremismo dongiovannesco lo esercitava, sicchè inventatai: stava male mio fratello, non curabile a Messina ,  a Roma , sì,ed io lo vedevo tutti i giorni, chiuso, non poteva parlare, una malattia rarissima, contagiosissima…Anni, anni, ogni giorno di anni, chiamavo e raccontavo a mia madre l’esistenza sognata di mio fratello e mia madre ascoltava assetata, e chiedeva, ed io fantasticavo gesti, sguardi di mio fratello, segregato, no, non poteva parlare, e la confortava, guarirà, guarirà, sarebbe tornato nella casa materna! Finse di credermi, non penso che credesse effettivamente, fingeva per illudersi soprattutto per non deludere me e la voglia di consolarla. “Sta bene, non può parlare,non  può parlare, una vetrata lo chiude, mi fa capire”, questo ripetevo a mia madre, che  ascoltava ansiosissima ma cauta, qualche domanda, ma voleva illudersi o illudermi che io riuscivo ad illuderla, ogni giorno di alcuni anni,finchè quella nuova vicenda:mia madre sta male.Scendo  a Messina , Ospedale Principe di Piemonte, stanza, letto, mia madre, era mia madre, mia madre con un volto cambiato, aveva tanti capelli, e li imbiancò oltre la trasmutazione naturale, adesso schiacciati,  il coperchio dai capelli faceva sembrare parte della faccia ampia, invece pressato appariva un sembiante ristretto durissimo,  di galeotta rasata con una fronte ferrea. Un minuzioso moto di sorriso a vedermi, e si schermiva: “Non dovevi venire, tornerò a casa”, forse disse o non disse, ma era felice, tutte emozioni segregate. Luglio del 2007 , mi recava all'ospedale per vedere mia madre, la quale parlava , suggeriva , talvolta vagheggiando di sue imprese, da ultimo voleva farsi merito riconosciuto di aver  creato e salvato, lei, da sola, i figli, talvolta immaginava di aver parlato nella Piazza della Città, talvolta  diceva del suo libro di memorie, ma era il futuro degli altri che la dominava… Luglio del 2007, un caldo siciliano, il nostro  sole particolare, tutto nostro, sovente dormivo in una stanzetta all’Ospedale. Accadde quel che mi rattrista narrare, ancor più triste viverlo. Dico a mia madre che esco qualche minuto, mia madre non si opponeva al desiderio degli altri anche se ne pativa, uscii, proprio minuti, e tornando ascolto  una voce non di parole ma di suoni , una gola che si sforza , avanzo, mia madre nel pavimento, con quel grido senza parole, un grido muto,gli infermieri mi allontanano, un colpo al cuore che la sbalzò dal letto, forse l'angoscia di solitudine per la mia assenza ? Quando la riposero a letto, ed io entrai mi guardò  disperata come se l'avessi lasciata in mano alla solitudine indifesa.

La  trasferimmo in una Clinica, infermiera personale,  mia madre  aveva da qualche mese scavalcato i 100 anni, io dovevo recarmi nella Corea del Sud, un Convegno,tornai a Roma, la situazione  costante, mi avvio per  la Corea del Sud, mattino,  aeroporto, chiamo, l’infermiera mi dice  che comprende il desiderio di mia madre che  stia da lei, non posso immaginare, neanche immaginare, che mia madre cessi di vivere io lontano, annullo il volo per la Corea del Sud ,  Catania, e da Catania a Messina. Giorni d'agosto del 2007, il 13 . il 14 ,appena mi vide mia madre  ebbe un gesto di slancio  felice che mascherò voltandosi, non voleva obbligare ad essere amata con la sua felicità! La  notte del 15/ 16 o 16 /17  corpo in tumulto, il volto cambiava , felice , disperatissimo, gli occhi stravolgevano in basso, in alto ,si stringevano,  si spalancavano, radiosi, cagneschi,sussulti squassanti, è il marasma, disse qualcuno. Poi, uno sguardo amorevolissimo, una conquista di gioia, poi uno sguardo infelicissimo, un respiro minimo, la lingua uscì spenzolante.

Nunzia Bruno, mia madre,vedova a 29 anni, quattro figli, dopo un periodo di demenza per il lutto,  si riprese e riprese i figli, divenne insegnante elementare, mantenne i figli , fu avversata da qualche sorella,con  l'indifferenza del padre possidente, la madre di mia madre  era affettuosa ma poteva dare scarsamente, comunque mi tenne i primi mesi dopo la morte di mio padre. Io ero nato di sette mesi, e sopravvissi in condizioni avverse e avventurose.Quando mia madre sanò dalla follia, mi riprese, sveglia  all'alba, andavamo in paesini del messinese a insegnare, mia madre,io ascoltavo sotto le finestre. Nelle sue memorie mia madre racconta,  soprattutto la giovinezza nei collegi dei figli di gente ricca,l’amore per mio padre, i lutti , incommensurabile  la fanciulletta Ermanna, i viaggi con me . Negli  ultimi anni dopo aver rinunciato in  tutto a se stessa per noi si  concesse un quadro, le sue Memorie, e cercava qualche riconoscimento di quanto aveva fatto  da compensarla al di là di ogni riconoscenza, piuttosto a mostra delle forze umane  quando amiamo.

In Chiesa , tutti. Poi la recarono  al Cimitero Monumentale, ma in un luogo orrendo, controllavano i cadaveri, una macelleria umana,  fuggii. La sera , a Villa Mazzini, prossima all’abitazione di mia sorella Anna, alberi, panchine, ombra, silenzio, frescura. Spariva il centro della mia vita, la saletta da pranzo, lucentissima, mia madre in vestaglia azzurra che fissa la parete, io dall’altro lato del tavolo in cristallo che scrivo, parlo,  guardo mia madre. Quanti millenni avevo vissuto tale situazione, il mio punto di verità? Ora non avevo un luogo essenziale, sto a volare.

Rimasi qualche ora a Piazza Mazzini, quand’ero bambino sentendo la fatica di mia madre le promisi che adulto sarei diventato Ministro della Pubblica Istruzione per darle posto favorevole (lo narra nelle sue Memorie). Non sono stato Ministro della Pubblica Istruzione, ho preferito  scrivere, e in ogni mio scritto sei presente, eternamente madre, eternamente figlio.

Mi recai nella Corea del Sud come se mi disperdessi.Ormai in volo.Sempre.

 

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