XLIII Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 30 Luglio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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Nella Corea del Sud ebbi occasione di confermare ciò che avevo conosciuto in altri paesi orientali, Cina,India, Nepal, Indonesia, Giappone ,per nominarne alcuni, l'amore per l'Italia ,per la musica italiana, soprattutto, le romanze classiche, diciamo, sia operistiche, sia canzoni,amatissime,nella Corea del Sud con interpreti da ascoltare, Core ingrato, Torna a Surriento, O Sole Mio,un cenno, in taliano , con veemenza, drammaticamente, seriamente, è caratterizzante, questi popoli mantengono ritualità, sacralità, impegno qualitativo,nel comportamento ,negli indumenti, specialmente, mi riferisco al teatro, musicale o soltanto parlato o a gesti. Maschere, vestizione solenne, movimenti del corpo significativi, non la presenza esclusiva che definiamo “borghese”. Il che avviene anche in Africa, meno conosciuta da me. Risolti,dissolti nella modernità assolutizzata: in Giappone sarebbe follia non mantenere costumi maestosi del passato, anche in India, oltretutto il corpo, accennavo, è fondamentale, le dita, braccia, sguardo, occhi, tutto un parlare mimico, voci alterate, e soprattutto, insisto, solennità sacrale totale, il passato presente, vivo, che si stacca ma non falsa il mondo odierno, anzi lo evidenzia nel distinguersi. Interessantissima questa differenziazione, non la riproduzione del mondo esterno,ma la contrapposizione, e coesistenza,che fa comprendere il presente rispetto al passato.
La musica è diversa dalla nostra, striduletta,gattinosa la voce femminile con lunghe ondulazioni, non motivi, prolungamenti vocali, talvolta con sonorità disarmoniche, non è il bel canto delle nostre “arie”, un parlato cantato libero,alterato, tra parlato, uono, canto, anche proposizioni naturalistiche, e strumenti dalle ’emissioni arpeggianti, stridenti,a perdere,allungamenti melodiosissimi,talvolta percussioni di timpani, tamburi possentissimi, guerreschi ,tragici.
In un mio libro, “La Quarta Scelta” descrivo una danza indiana ,minimi gesti tutti significativi, occhieggiamenti, mosse le punte delle dita,spostamenti del volto, e quant’altro, senpre al minimo, movimenti ridottissimi, significativi di che?Della capacità espressiva , del dominio su se stessi,e certamente allusione a qualcosa non facile intendere almeno per me. A nessuno in Oriente verrebbe in testa di cancellare queste forme rituali-sacrali. E per attualizzare,addirittura tentare di abolire una lingua,come noi dalle cerimonie religiose cattoliche, in Latino,tendenze omicide delle nostre civiltà.Comunque, i viaggi in Oriente, e vi comprendo un Paese multiforme, la Russia, mi resero cosciente che altri popoli vivono l’estrema presenza moderna e il retaggio sacrale, rituale. Una liturgia ortodossa immerge, travolge, canti e paramenti da vibrazione sensoriale, e la tempesta di Icone, e gli odori, i colori, i SENSI! Questo mi venne dai viaggi in Oriente. Di altri paesi venne altro.
A Stefania ancora in vita avevo dedicato non come dedica ma la sostanza dei versi, delle poesie: I DESERTI,1998, riporto una canzoncina:”Potevamo avere un bambino/ nato da te e da me/potevamo avere un bambino/ ed essere in tre./ Non abbiamo avuto un bambino/ nato da me e da te/ e siamo rimasti soli/ io senza te, tu senza me./Gira la ruota, la ruota gira,/ferma, implacabile di te rimane,/gira
la ruota,gira la vita,/la nostalgia infinita”.
Nelle tantissime venture da mia madre sopportate, vivendo cento anni, quella del mio patrigno fu la più estesa nel tempo e la più visibilmente manifestata. Natale La Ferla aveva inclinazione a difensore degli ultimi , i deboli sconfitti, scartati, umiliati,vociferava se stesso come uomo di giustizia, in realtà generoso,per magnificarsi o slancio, lo era, manteneva i quattro figli del fratello morto, aiutava a mantenere noi, io e mio fratello Francesco, Caterina ormai sposata e l'altra sorella, Anna, nata dal matrimonio con mia madre, addirittura contribuì a favore dei figli del fratello notaio che morì appena dopo la morte della consorte, un assurdo cosmico, giovani, benestanti, felici, figli fiorenti, un colpo alla cieca, e basta! L’essenza della ragion di vivere del mio patrigno, la figlia Anna, del resto amatissima da tutti noi, io e mio fratello lottavamo a darle sonno ed Anna si addormentava su mio fratello o su di me, ore immobili, credo che dormì maggiormente con me. Generoso, mio patrigno, per vanteria o sentire, per vanteria e sentire, ma irritabilissimo, litigiosissimo, e, dicevo, vantatore di giustizia e di se stesso come uomo giusto vedente corruzione ,malefatte altrui,e perché giudicatore accusativo degli altri, gli altri lo giudicavano nemico e gli divennero nemici.Accadde l’inevitabile. Mio patrigno aveva un compito di rango all'Istituto autonomo delle case popolari, importante istituzione nel dopoguerra, Egli proteggeva, diciamo, un suo collega giovane, quasi un erede,,il rapporto era amichevole e quasi paterno, familiaristico, ma l’essere mio patrigno in odio a chi Egli malgiudicava suscitò un vincolo di nemici avversi, ed il giovane che gli era amico si stabilì tra i nemici. Spogliarono, lo spogliarono delle sue funzioni, spogliato, ho accennato : andando nel suo ufficio quando qualche volta tornava a Messina lo trovai con la scrivania deserta, non una penna, non un foglio, e Lui senza far niente, l'aspetto nel vuoto, e desolato di essere visto in quella condizione. A casa scriveva immensamente, da perseguitato e da persecutore, ne rivedo un quardernone a libro dove segnava la sua mente, e denunce, episodi, persone, spero esista ancora, sarebbe una testimonianza tra farneticazione e verità, non era pazzo mio patrigno, se mai lo hanno impazzito, e forse quel che supponeva degli altri corrispondeva al reale, ma gli aggregati sanno difendersi, e l’individuo spesso naufraga. A quanto ne so il corpo si stravolse come la mente, non evacuava da mesi, e niente diceva, timoroso di quel che avrebbe rivelato a se stesso; rinsecchito ,la raffigurazione della Morte con il naso a beccuccio aguzzo, quando tornavo a Messina sfuggiva,si vergognava, ma nell’occasione di chiamata da Roma a mia madre afferrò l’apparecchiatura e parlava, parlava a non staccarsi, un grammo di vita richiesto, io per Lui,che temeva di non vivere, abbracciava la mia voce, la stringeva quasi che potessi trarlo.Una famiglia , la nostra, mio patrigno dava all’estremo per mia sorella Anna, da tempo coniugata, nacque Carlo(Carletto) durante il male del mio patrigno, e chi sa quale felicità Egli ne avrebbe sentita, ed invece si vedeva scacciato dalla vita. Dopo nacque AnnaPaola. Io non vivevo da tempo a Messina ma rivissi quel che era accaduto alla nascita di Anna, ed anche della nipotina Ermanna, la gioia di tenere in braccio un bambino che si addormentava con le manine sul mio volto. La vita almeno per gli altri, continuava.
Non ho alcuna fede, non credo che l'uomo si dedicherà a combattere il male, naturale e sociale, malattie, fame, e non lotterà contro l'uomo. In ciascuno di noi la voglia di prevalere distruggendo spesso anche noi stessi e gli altri ,aggiungere la morte dell’uomo sull’uomo alla morte naturale.L’uomo si è creato le religioni che sono totalmente arbitrarie e impossibile. Quanto dicono le religioni non corrisponde ad una realtà effettuata ,non vi è spiegazione dell'esistenza di Dio, come supporre una religione vera se poi sparisce, come pensare che sia vera nascendo nel Tempo, e prima che faceva Dio, incurante dell'umanità ma soprattutto come concepire Dio creatore se è già il Tutto? Siamo in Dio? E se Dio non è il Tutto non è Dio.Sono obiezioni vane, queste. Gli uomini bisognano di consolazione nella vita mortale, di non morire morendo, di non pensare la morte credendo che esiste il rimedio dell’aldilà, della reincarnazione, della rinascita corporea, addirittura, avvincendola ai comportamenti sulla Terra, e perviene a scopi supremi, risolve la morte e la morale. Mentalmente. Tra queste visioni preferisco il cattolicesimo culturale e l’ortodossia culturale, cattolici e ortodossi rilevano massimamente l’arte, il modo con cui le religioni si espongono. Moralmente non sono cristiano ,il prossimo va disprezzatonon soltanto perdonato , meno ancora amato sempre. Stimare, ma disistimare chi ti degrada, chi frena la capacità, disprezzalo, oltrepassalo, chi ti accresce qualitativamente esaltalo, ama questo prossimo non il prossimo. Del resto il cattolicesimo fu una aristocrazia sorta sulle masse non avvilendosi nelle masse. Almeno nel passato. Sono di una generazione che credeva nel mutamento dei soggetti antesignani della società. Il proletariato sostituiva la borghesia, la collettività vale più del singolo. Errore decisivo. Il proletariato non vale più della borghesia, la borghesia pensa a vendere, il maggior numero trionfa, i mezzi di comunicazione fanno da ponte tra il maggior numero e la merce anche culturale,individuo e qualità sono annichiliti. NON VI E’ IL SENTIRE TRAGICO DI QUESTO ANNIENTAMENTO. Il passaggio della conoscenza dai mezzi di comunicazione generalizzate valorizza quel che è messo in circuito, senza legame con il valore di quanto viene espresso. Vale ciò che è diffuso. E la catastrofe. Perché ciò che è diffuso cerca la diffusione tra le masse e si adatta svilendosi. Dunque? Non temere. Sopportare e procedere. Non abbassarsi. Non cedere . Se l’uomo durerà resterà quel che vale. Se l’uomo non resterà, a che varrebbe restare? La stima massima che l’uomo può mantenere per l’uomo è la nobiltà espressiva dello spirito. Chi crede di essere accondiscendente disprezza, non crede che gli uomini possono e debbono salire. Ormai so perché vivo: generosità dell’individuo che esigendo da sé concede agli altri ciò che conquista. Non udire le Sirene della Quantità. MEGLIO MORTI CHE MEDIOCRI, diceva Nietzsche. SONO AGLI ULTIMI ANNI DELLA MIA NARRAZIONE. ARISTOCRAZIA DELLO SPIRITO.