XXI Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà
- Dettagli
- Category: Scritture
- Creato: 20 Febbraio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
- Hits: 759
Della Facoltà di Giurisprudenza non ricordo pressoché un minimo aspetto, sicuramente edificio non moderno, a Firenze non ne ho conosciuti, dunque Settecento, Ottocento, anche prima, i vasti saloni, alti soffitti, qualche giardino interno. Può darsi. Non ricordo: Facoltà di Giurisprudenza e Facoltà di Scienze Politiche, quest'ultima con ragguardevoli personalità, forse anche nella Facoltà di Giurisprudenza. Diciamo che avevo qualche disposizione al Diritto Penale ed alla Storia del Diritto. In tempi successivi mi interessò il Diritto Privato. Di rilievo la Filosofia del Diritto e i fondamenti del diritto:naturali? Posti dall'uomo(positivi)? All'Università di Messina ebbi attenzione il primo anno e con assiduità per qualche disciplina ma allorché venni esaminato in un corso che frequentai mi approvarono perché avevo frequentato, l'assistente che riconosceva la mia presenza, sbalordito, e sgranava gli occhi e comunicava al titolare il suo stupore. È un fenomeno mentale, mi era accaduto e mi accadrà, se “devo” ricordare non ricordo o non ricordo ciò che mi è indifferente. Questo fenomeno mentale oscura la Facoltà di Giurisprudenza a Firenze, via Laura 48, potevo passare o ero obbligato a passare la Basilica di San Marco, i quadri dipinti dal Beato Angelico, mi pare che dopo appariva l'Ospedale degli Innocenti con il leggiadro colonnato del Brunelleschi. Esami ne sopportai giacché incredibilmente mi laureai. Quindi gli esami accaddero. Docenti, nessuna memoria, credo cho uno avesse cognome Mieli, il docente del Diritto Penale, Sergio Frosali, e l'assistente Pasquale Curatola(?). Ne dirò, venne a conferenziare un docente di risonanza, BallaDore Pallieri, elegantissimo in blu, da cerimonia, non mi fece alcuna impressione, conobbi rapidamente chi invece ebbe importanza nel mio futuro, un giovanissimo docente di sociologia, Mino Vianello. Nessun compagno di studio, anzi quando un Docente mi chiese di collaborare i suoi collaboratori furono così direttamente cagneschi che evitai, ma evitai perché avevo difficoltà a stare con gli altri. Non ricordo compagni di studio, del resto non avevo compagnia, soltanto uno, insieme ad un suo amico, ebbe qualche assiduità, ci vedevamo nei bar, se non sbaglio si chiamava Marx, un tedescco e, dal cognome, ebreo, cortese, parlava bene italiano, qualcosa ricordo, alto, robusto, espansivo, colloquiale, di età maggiore della mia, è un'ombra, l'ho in mente seduti ad un bar, e fuori vi è un giardino.
A parte le letture nella biblioteca Marucelliana, i Musei, i Concerti. A Messina esisteva ed esiste una Istituzione, Laudamo, ospitava musica da camera, qualche conferenza a Firenze anche a Palazzo Vecchio, il gran salone dei Cinquecento. Meravigliosi i dipinti. Mi attrassero a perdifiato. A Messina avevo visto una mostra di Antonello nel piccolo Museo cittadino, i Suoi quadretti di crocefissioni e sullo sfondo le collinette della Città, li ho in mente come fosse oggi, e la semplice Madonna come una donna siciliana, il divino si rendeva umano, e poi, nel Museo di Messina, le sculture di Scilla e Cariddi, in possente marmo, un valletto che porta il cuscino alla tomba del suo signore che si avvia al sepolcro, credo che sia così la scultura, di una malinconica semplicità, vi sono addirittura dipinti di Caravaggio. Ma Firenze oltrepassava l'immaginazione. Divenni tentacolare, pigliatutto, il Museo di San Marco, eccomi, gli Uffizi, presente, Pitti, arrivo, le tombe medicee, sono pronto, il Teatro La Pergtola, ma dico niente, androni, palazzi, ville, vicoletti, mi trovavo in qualche scalinata da sospettarmi ladronesco, l'odore del passato, il suolo levigato dai passi, grate in ferro nero, feritoie, mi sarei a mia volta strascicato sul pavimento per la felicità(ora che rievoco di certo doveva accadere un risonanza del palazzo avito della famiglia di mia madre, a Gualtieri Sicaminò, una cosetta rispetto a Firenze ma l'odore del passato era lo stesso). Ero onnipresente, divoravo Firenze, e restavo insaziato, quadri talmente belli o per me belli, non riuscivo a staccarmi, nell'ingresso degli Uffizi un pittore straniero di cui non ricordo il nome raffigurava un giovane, vivo, vivente, salutava il mio arrivo, il benvenuto, ecco l'arte, scambio di vita, guardi, leggi, ascolti, dai vita al suono, al colore, alla parola e te ne accresce vita, non distinguevo arte dalla vita, l'arte era, è la vita espressa con mezzi diversi dalla animazione naturale, l'arte era la vita suscitata dall'uomo, anzi vita essenziale, non tanto perchè esiste come avviene nell'uomo inespressivo. Gli Uffizi, saloni grandiosi, talvolta per un esclusivo personaggio. Quanti decenni sono passati, ma resto fedele, non che non abbia amato altre, mentirei, ma Tu sei rimasta sempre, ti ho vista e mi fermai, la ragione non saprei , non so, forse ti avessi incontrato in quella vicenda che diciamo “vita” non mi sarei staccato da te, ma tu non eri, non sei nella vita immediata, tu sei una figurazione, ma per me sei la donna da amare con dedizione e guardare ammirando, sei una vera madonna, niente di sacro al di là dell'umano, un istante e fu per sempre, mia madre canticchiava queste frasi ”da quando i miei occhi ti videro la prima promessa decisero”, forse la cantava a mio padre del quale era appassionatissima o mio padre a mia madre, sì, dicevo, amai anche una fanciulla dipinta da un non conosciuto Notari, alla National Gallery di Washington, ma tu... La Madonna delle Arpie, di Andrea del Sarto, agli Uffizi., niente di che, una giovane con il neonato Gesù, Lei giovane, e resterà eternamente serena, dignitosa, pura, sta su di una colonnina ma non solennizzata impettita, sovraneggiante, aureolata, è una giovane madre placata nell'essere . soprattutto bella al naturale, se stessa come è, al di là di una inorgoglita coscienza. Ed invece questa naturalezza la rendeva superiore. Una bellezza involontaria, avvertita dagli altri ma non da Lei, addossata senza il gravame de “io so chi sono”. Vicino Messina, nella strada che sbocca al paesino di Villafranca, casetta ad angolo nel sorgere della altura, una ragazza stava fuori a spicciare, io passavo, era la fanciulla di Andrea del Sarto, e quando la vidi con il figlioletto in grembo mi parve risuscitata dal quadro, la stessa giovinezza virginea, la bellezza che si ignora, con una qualche severità. Stava su di una colonna non alta, accanto ai suoi piedi ed alla colonnina, San Francesco e San Giovanni, l'Evangelista indica, pare, l'Apocalissi,due putti si accostano ai piedi della Vergine Madre, contegnosa e pudica, mentre il Figlio le pone la manina nel petto. Civiltà pagana e cristiana cattolica si congiungono, è l'epoca di un cristianesimo greco, l'insieme è pittura architettata, armoniosa. Vidi le Madonne di Raffaello, Madonna del cardellino, Madonna della seggiola, Raffaello ha una levità carezzevole che rende le sue figurazioni angelizzate, ma io mi consegnai ad Andrea del Sarto, so che Raffaello è massimamente leggiadro, dico le raffigurazioni delle Madonne, la torsione della Madonna della seggiola, lo sgurado, l'abito, averla in casa a tutti i costi, eppure resto fedele a figure più corpose. Ma scrivo assurdità, c'è da stare fermi per sempre. Non dico la emanazione femminile de La Primavera, e de La nascita di Venere, l'abito di Flora trapuntato di fiori, una donna tanto femminile chi l'ha dipinta, il Padreterno (o il Diavolo)? Lo sciamare della femminilità, mi avvolgeva. Il Tondo nel quale Michelangelo avvince la Sacra Famiglia, l'uno nell'altro, compenetrazione di immedesimazione propria dell'unione familiare; e l'Annunciazione di Leonardo, quelle due immagini separate per dare vista ad un luogo desertico, paradisiaco, oltreumano come oltreumano è l'Annuncio! La vita più della vita, l'essenzialità della vita, ogni opera valeva e significava, non la dispersione dell'esistenza come esisteva nell'esistenza della presunta realtà. Tali e tante le opere, tempeste di raffigurazioni, diluvio, foresta, laghi, fiumane, ruscelletti, e qualche pozzanghera, e ciascuna a suo modo dello stesso sembiante, differenze incredibili, vedevi un quadro di un Gesù piccino e paffutello, poi un Gesù piccino e solenne, poi un Gesù avvinto alla Madre, ed un Gesù che dorme nel grembo di Lei o gioca con un altro piccino, e così di taluni Santi, quello, ma ciascuno lo svela a suo modo, e ancora, e ancora, la Natura, qualche metro e pareva contenesse il mondo, montagnette, fiumicini, ometti minuscolini, orizzonti, e poi tele grandiose e donne quasi spoglie dalle forme opulente e rosee, e avanzando il sacro cessa, e gli uomini perdono la spada e le corazze, e la posa ardimentosa, passo, passo, bello, bellissimo, un quadro scavalca l'altro, ancora, di più, scrigni, scoperchio, tesori che dureranno l'eternità umana, l'unica manifestazione che dura oltre il tempo mantenendo la trasmissione di vita, e quadri minimi da mettere in tasca, rubarli spudoratamente, mi piace e me lo tengo, mio per merito di gioia, tornavo e ritornavo, vedevo e rivedevo, tutti i giorni o quanto possibile, senza l'arte non c'è vita, lo sentivo già da anni, la musica, ma ora a Firenze il battesimo per immersione l'uomo è circondato, immerso, appunto, nell'arte, che sgorga dalla stessa natura e dall'uomo, nessuna dolciastreria, arte anche tragica, comunque “espressiva”, e vissi, vivo questa condizione, trasformo in espressione ogni mio atto, camminavo, entravo al bar, vedevo: le cassiere che mi sorridevano e mi salutavano ,in me stesso involontariamente mi dicevo le cassiere salutano e sorridono, come se la realtà esistesse per essere narrata, espressa, questo lo dicevo mentre avveniva, tutto ciò che vedevo, ascoltavo, facevo diventava parola, dentro di me, e mantengo questa disposizione pervenendo ad una conquista, se perdo tempo la voce interna mi dice: scrivi che hai perso tempo, così il tempo perduto accresce la Narrazione. E se non salverò quanto credo di salvare?
Palazzo Vecchio ha grandi mura di facciata, voleva mostrare e mostrava la potenza, il possente Davide che Michelangelo oppose ai David ragazzini di Verrocchio e Donatello, sempre nella Piazza, La Loggia dei Lanzi, Perseo che impugna la testa recisa della Gorgone, visitavo anche Santa Croce, la piccola Santa Croce con la facciata marmorea bianconera, rattristante, invece fulgorea Santa Maria del Fiore, policromi marmi splendenti, San Marco, Beato Angelico, serenità dell'otremondo, dorature, figure pulitissime, limpide, senza peccato, immobili, non vi è il tempo, nella mia mente, in me e in tutto, anche quando i bambini all'Istituto Comandi mi salivano nella schiena, tutto trasformavo, lavorio di parole, fuori non appariva alcunché ma io cercavo le parole per significare espressivamente quel che accadeva. Sto parlando con il dirigente Nunzio Artini, e mi sta dicendo eccetera eccetera, mentre ascoltava e parlavo annotavo nella mia mente e “scrivevo” la situazione; oppure: sto tornando nella mia casetta rustica contadina in muratura screpolata, niente levigato, gli alberi vicini, e così via per ogni circostanza. Camminando, nel bar, nelle rosticcerie, nella Biblioteca Marucelliana, anche all'Università, per quanto ricordi, senza appariscenza esterna, questo scorrere linguistico espressivo parallelo all'esistere, la trasformazione dell'essere in espressione dell'essere.
La vita: sorprende. Un evento che poteva affliggermi. Mi raggiunge una comunicazione: renitente alla leva, non mi ero presentato alla visita per diventare soldato. Ignoravo l’obbligazione. Ma l'occhio scrutatore della società mi avvertiva che dovevo subire un'indagine. Fu mia madre a darmene conoscenza. Mi presentai, dissero di tornare, ero processato. Tornai, giorno tale, ora quella, militari, molti, chiesero i motivi della mia renitenza, non è che io possa aver memoria di quel che dissi, di certo i militari, tutti, capirono, sentirono che processare una persona del mio tipo si spingeva a colpire un incapace di intenderere qualsiasi obbligo veniente dalla società regolare e forse oltrepassando i loro doveri ma consapevoli della situazione si liberarono di me e liberarono me dall'impiccio.Ftografato e mi vidi, capelli montagnosi, di un buio nero che vinceva la notte, occhi infossati in accensione suppongo per letture esagerate, In fondo volevo soltanto fare quel che sentivo e non avevo coscienza che esiste la società e dovrei associami ed assecondarmi. Mi ritengo essere umano non cittadino.
Dopo qualche tempo un piccolo screzio all'Istituto Comandi, l'americano con moglie e figlio mi chiese di insegnare la lingua italiana al ragazzino, risultanze disastrose, in qualche mese inconcepibile apprendere, il visitatore americano che aveva un ruolo nell'Istituto non fu sereno verso me, non accettai questa reazione. Forse il motivo non questo, il fatto avvenne, di certo me ne andai, pianto dei bambini, il piccolo che mi stava sempre accanto si stringeva alla mia gamba, una ragazza che agiva nell'edificio in lacrime, chi sa quel che siamo negli altri! Affittai una bellissima stanza in un appartamento abbastanza antico, di una signora altissima, magrissima, spaurita, veramente pazza,nel semibuio si stupiva di vedermi a casa sua ed io stupivo del suo stupore e trasalivamo tutti e due. Fu in quella stanza che mi accompagnai ad una ragazza, si chiamava Vismara, pranzavamo entrambi nella rosticceria prossima alla Biblioteca Marucelliana, avevo già superato i vent'anni, per la prima volta con una donna. Tu ed io.