XXII Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 26 Febbraio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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Musei, certo, biblioteca Marucelliana, assolutamente, Istituto Comandi , concerti: gli anni passati a Firenze furono decisivi per un altro aspetto, via Cavour, un luogo dove si racchiudeva un'attività culturale ferventissima, personalità nazionali , mondiali venivano a discutere,, manifestare il loro pensiero, i loro testi,inizio degli anni '60, conflitto, dramma culturale, politico, morale, in Occidente un orientamento ideologico economico che passava dal netto liberalismo privato ad un liberalismo con orientamenti più favorevoli all'intromissione dello Stato, a favoe e tutela della piccola borghesia, contadini, operai, questo orientamento in qualche parte tendeva a sinistra, specie nel compito agente dello Stato e talune riforme, sebbene lo scopo assoluto consisteva nel sottrarre adesioni alla sinistra. Si dibatteva il problema della pace, della coesistenza internazionale. Culturalmente, in forma apparente ed appariscente, la Sinistra infuriava , dominava, questa l'impressione: l'intelligenza è soltanto a Sinistra, il resto è silenzio, passatismo, reazione, al meglio:conservazione stantia.Valutazione non soltanto in Italia. Io vivevo questo atteggiamento, animosamente, per motivi accennati: un cristianesimo senza religione che veniva trasferito in un marxismo non del tutto conosciuto, più che altro come disposizione morale verso il proletario, i contadini, di chi soffre angherie e mancanze, certissimo che il comunismo nei paesi vincolati alla Russia procedeva all'adempimento di tale speranza, sulla Terra, per mano e mente dei rappresentanti dei proletrari e dei contadini, i quali infine potevano e riuscivano a difendersi e soddisfarsi impossessandosi dell'economia e sterzandola a loro vantaggio. Quest'ultima, condizione determinante, proletari e contadini padroni e orientatori dell'economia per se stessi. E chi poteva provvedere a sé meglio di chi deve provvedere a sé? Più etica che scienza, scarso maxismo, cristianesimo sentimentalistico. E sia, via Cavour , discutevamo vementissimamente, pubblico e conferenzieri erano sostanzialmente di sinistra, ma differenze ne affioravano, riforme, rivoluzione, gradualità, qualche sospetto già di possibilità integrative del proletariato, l'ombreggiare del famigerato consumismo, qualche sospetto sull'Unione Sovietica, cautissimo, anche se le vicissitudini militari della Russia avevano stroncato le rivolte e degli intellettuali condannarono l'invasività russa, ma c'era la risposta, le cospirazioni imperialisticfe dell'Occidente fomentavano le rivolte.Un episodio rappresenta la circostanza. Scendevo in Sicilia, per qualche festività, suppongo, in vagone, stranierri, comprendevano l'italiano o il francese, insomma potevamo intenderci, erano fuggitivi dall'Est, Ungheria, Cecoslovacchia, comunque paesi sotto potere russo, paesi socialistizzati. A capire che erano nemici della Russia e che avevano abbandonato il felice mondo socialista mi indignai, avevo accanto degli egoisti, non capivano, non sentivano la voglia del vicendevole bene, la giustificazione dello stare con glia altri, che valeva la società se diventava un'occaasione di assoggettare il prossimo...Continuai la invettiva per varie stazioni, gli straniri, madre, padre, figlio, si guardavano e mi guardavano con ironica ed affettuosa comprensione della mia ingenuità, e tra di loro si dissero una poarola che di certo significava:è un illuso. In realtà era la mia disposizione a volere una società che valeva il termine, stare insieme per il bene di ciascuno, sollevare l'altro. l'illusione di una società veramente sociale , merita l'associazione,vale la pena di stare insieme.Ripeto, era un cristianesimo senza religione, molti in tali condizioni psicologiche . Non avevo percezione della società come obbligo verso gli altri di carattere burocratico, morale, non burocratico. E poiché avevo perduto la timidezza della mia vita passata ,totalmente perduta, e capovolta in ardimentosa spavalderia, a rafforzarmi ebbe un ruolo notevolissimo questo centro culturale ,andavo sempre e non per scorrere il tempo tra giovani, niente affatto, venivano i massimi esponenti della cultura italiana e non solo italiana, il che non mi intimoriva, anzi accendeva, criticavo, intervenivo, scoppiavo di conoscenze ,avevo letto quanto difficilmente eguagliato da altri della mia età, o ben più della mia età. In quelle riunioni vi erano docenti locali ma con qualche notorietà, Ernesto Ragionierri, Silvio Ramat, Luigi Baldacci, Gianfranco Contini insieme a Pier Paolo Pasolini del quale presentava “Unja vita violenta”, venne Lucien Goldmann che teorizzava la sociologia della letteratura, unendo Freud, per la vita personale , Marx per l'ideologia, venne Robbe- Grillet con il quale ebbi un minuna disputa, Robbe Grillet escludeva la persona, l'emozione, l'interiorità, la soggettività umana dalla narrazione, tutta oggettività, io dissi che una oggettività assoluta posta da un soggetto umano è contraddittoria. La prese male. Certamente gli scrittori della “oggettività” intendevano rappresentare una realtà disumanizzata. Una società “cosificata”. Ma noin davano il tragico dell'evento piuttosto lo sguardo indifferente. Abbiamo perduto anche la reazione alla cosificazione?Conoscere direttamente persone che conoscevo leggendoli non sempre le rendeva apprezzabili. Pasolini, con il quale avrò lunga amicizia, era abbastanza giovanile, un corpo duro, asciuttissimo, di media altezza, volto tagliato, noin ovale, vocette nitida, puntigliosa,occhi insignificanti marronastri, sguardo qualsiasi, inespressivo, sapeva controllarsi . Ne dirò.
Il rapporto burocfratico obbligato per laurearmi, bisognava averloi con il docente relatore ai fini della tesi, il professore credo si chiamasse Frosali,un tipo sbrigativo che parlava camminando come se avesse da fare qualche altra cosa, una volta gli chiesi spiegazione di una sua nota in un suo libro, non la rammentava , non era un buon auspicio, aveva quale assistente un individuo minimo di statura credo si chiamasse Pasquale Curatola, stabilìi un titolo di tesi e l'argomento senza l'intervento dell'assistente o metterlo al corrente, l'assistente si dispiacque e la rifiutò,un'altra tesi,credo fosse sulla violenza quando si hannp rapporti di dipendenza , ad esempio una lavoratrice che subisce violenza dall'imprenditore, costituiva aggravante? La scrissi non collaborando.L'assistente questa volta si adirò , andai a trovarlo per avere la data della discussione, disse che non mi avrebbe consentito di laurearmi.Ebbi uno scossone d'ira talmente ostile che l'esserino decise di accettare la possibilità della discussione. L'esame di laurea fu ridicolo, con questo pseudo docente che parlava male della mia tesi, io che non lo consideravo, mi concessero 85 su 110 ,ero indifferentissimo, estraniato, non appartenevo nè volevo appartenere a quella sfera mentale, comunque scrissi ai parenti, a mia madre, il risultato, non credo segnando il voto, mia madre quando tornai in Sicilia mi fece trovare una penna d'oro che conservai per moltissimo tempo. Dopo alcuni mesi mi abilitai allìinsegnamento di Storia, Filosofia, Pedagogia, Psicologia. E la situazione capovolta.Era il mio me stesso. Durante la mia sosta all'Istituto Comandi avevo, non ancora laureato, insegnato in una scuola tenuta dai Valdesi, un liceo Parificato, gli studenti presso che miei coetanei. Mi piaceva totalmente insegnare, fare pensiero la realtà. E resterà la mia scelta, insieme alla parola scritta. Non scelta, anzi, obbligo, non saprei fare altro, se non la musica ed il ca Ho accennato che infine, ben oltrepassati i vent'anni, mi trovai per la prima occasione a stare in una camera, io/tu con una ragazza, Vismara, stanza semibuia dove abitavo, suppongo che la ragazzai era venuta nella stanza non per farmi compagnia, la guardavo , una bocca troppo sottile , non mi piaceva, comprese che qualcosa di lei non mi gradiva, disse: Non sono Beatrice, non sono Laura”, vedendomi sempre a leggere o scrivere si era fatta opinione che io fossi dedito ai poemi ed amori incantati cavallereschi, volevo rassicurala delle qualità sue, mi frenai nell'incertezza, in silenzio addirittura qualche minuto, guardandoci penombralmente. Se tacevo, lei dunque non era Beatrice, non Laura? Ebbe un moto di orgoglio, si alzò, la porta si aprì e si chiuse. Il giorno dopo la vidi nel ristorantino, con un ragazzo e mi sorrideva a scherno, io intorcinato per non aver preso quanto era a mia disposizione, ma oltretutto non sapevo che fare, ignoravo come iniziare un rapporto fisico o non avevo lo slancio del desiderio irrefrenabile? Un'altra ragazza, sempre a Firenze , allora,bellissima ragazza questa, restava alla Biblioteca Marucelliana a leggere finchè restavo io, usciva quando uscivo io, capivo che era ben disposta nei miei confronti ma non so per quale ragione sfuggivo come se volesse distrarmi ,togliermi la solitudine, i libri, la vita pensata. Almeno in quel periodo a Firenze. Vi era un'altra situazione che mi ha dato motivo di questo sfuggimento, ero diventato di aspetto talmente caratteristico da tornare il bambino con i boccoloni che la gente segnalava ed accostava per tale aspetto inconsueto: adesso ero alto, snello, capelli nerissimi, pallido, larghi occhi scuri in sospensione sognativa, apparivo un esemplare mediterraneo in terra nordica...
Laureato,ragione di sostare a Firenze non ne avevo. Mezza giornata , 10-11-12 ore,migranti interni, li vedevo,anche bambini, dal Sud al Nord e poi nelle festività talvolta dal Nord a Sud, il tempo dell'immigrazione nel Nord , l'industria e il Sud forniva gente a bassissimo costo, cinque sei sette persone in una stanza, famiglie spezzate, io li vedevo, napoletani, calabresi, siciliani, tornai a Messina. Per un minimo periodo in uno studio legale del fratellastro di mia madre, un avvocato di nome in Città, Giovanni Bruno, con lui visitai le carceri, canobbi detenuti , cancelli, grate, chiavi, la voglia di guadagno di questo mio parente, nulla di grave, una certa vanità nel parlare , non mi importava, io non volevo considerare vicende degli altri, mi sentivo fuori posto, in balia del prossimo, non me stesso, io volevo leggere, sentire musica, stare solo, creare da me, da quanto soegeva da me, sentito in me, dare origine alle vicende non riceverle.
Al finire del 1961 ancora la mia famiglia abitava inr via Trento isolato 70b,al Ponte Americano, rividi Franco Giacobbe, agitatissimo come al solito, cravattone nero, urlante, si faceva notare e voleva esserlo; rividi Giuseppe Caizzone, piccolissimo di statura, minuzioso di analisiprecisative ;uno che aveva cognome Micale, chiuso, respingente, appassionato di grafologia e aggiornatissimo sui testi filosofici; rividi Armando Gentile ,affettuosissimo; mio cugino Giuseppe Sobbrio ,che, finito il liceo, era proteso a conquistare qualche risultato ,anche il fratello Salvatore valeva, come pittore, morì giovanissimo; Nicola Capria aveva presa, a Messina, luogo del suo potere politico, nel Partito Socialista e si avventurava per utilizzarlo a Roma,e questo avvenne, io in me, soltanto in me, sul punto di esplodere . Ammucchiato tanti libri che a leggere ancora non avevo luogo dove collocare le nuove conoscenze, voglio dire che esisteva un sovraccarico , letteratua italiana del XX secolo, la narrativa specialmente, il che mi rese necessario scrivere di ciò che avevo letto, svuotare me stesso , ed avendo l'ausilio di un povero ragazzo locale ,il quale conosceva a stento l'italiano ma sapeva utilizzare i tasti dello scrivere a mezzo di macchina, ebbene questo ragazzetto alla scrivania che era stata di mio padre , io avanti e indietro nella stanzetta diciamola studio, senza consultare i libri nettissimi nella memoria, cominciai, agli inizi del 1962 , il mio primo testo, sostanzialmente il mio primo libro :”Saggio sulla letteratura italiana attuale”, e dopo serate e serate di dettatura ed enormi sbagli che il tastierante coniava di suo ascoltandomi, vennero al mondo duecento fittissime pagine. Il mio primo libro! Ora si trattava di sapere a chi inviarlo. Il testo aveva caratteristiche inconsuete, innanzi a tutte la valutazione di insieme della letteratura italiana del XX secolo fino agli anni sessanta; la diversificazione secondo la visione del mondo degli Autori, le ideologie, in ciò mi sentivo prossimo a Gyorgy Lukacs che riteneva fondamentale la visione del mondo anche quale resa espressiva, e che il proletariato era il soggetto da riconoscere come salvatore dell'umanità. Non riconoscre questa situazione sociale vulnerava,per Klukacs, la resa artistica. Non che fossi talmente rigido ma il fondamento del mio Saggio aveva questo orientamento. Insomma vivere per salvare l'amore per la vita, non opprimere, respingendo il dominio disumano o il disprezzo avverso il popolo(il proletariato). Anche allora tuttavia non svalutavo il sentimento del nulla purchè non lo si unisse alla concezione che il nulla veniva dalla vittoria del popolo(il proletariata). Unificaree nichilismo al proletariato non lo reputavo fondato. Ma era ed èsarà questione fondamentale e problematicissima:chi è il soggetto ed in qual modo “salvare” la dignità di vivere. 1962 , fine del libro , voglio gettare il mio libro e me stesso nel mondo, torna l'angoscia di sentirmi confinato, ristretto, negatore della mia condizione e di me stesso, spazio, luce, il mondo , c'è il mondo al di là dello Stretto, ho il mio libro con me, entrambi dobbiamo lasciare la Sicilia, amatissima quando la abbandono, non voglio la prigionia, io, provinciale , fiumiciattolo di collinette, voglio entrare nel mondo come un temporale, lancio sul tappeto i dadi della sorte, e quanto avverrà è talmente incredibile mi fa ritenere i risultati più maestosi avvengono dall'essere incapaci di calcolare i risultati ma piuttosto osando .Con la solita valigia vedo le onde nello Stretto di Messina e non guardo indietro, ho inviato il libro alla casa editrice Einaudi e ad Alberto Moravia. Moravia lo avevo sentito in passato al telefono ,scendevo da Firenze a Messina , sostando a Roma, ebbi il suo numero, vi era più semplicità e immediatezza nei rapporti. Moravia rispondeva direttamente, voce sottile, slanciata, disse che non poteva vedermi quel giorno se mai il giorno dopo , io dovevo ripartire , la cosa finì, anzi se ben ricordo addirittura ero andato all'abitazione di Moravia ,in via dell'Oca 27 , Piazza del Popolo , nelle scale incontrai Elsa Morante, sua moglie, ancora, la quale con garbo mi dichiarò che non era quello il modo di recarsi da una persona senza invito e senza avvertirla ,ma si capiva lo slancio della giovinezza, in effetti Moravia mi gradiva più di ogni altro moderno italiano. Di certo Moravia lo sentii al telefono, e mi disse che non poteva incontrami quel giorno. Tornai in Sicilia. Adesso ripartivo dalla Sicilia. Spedito il mio libro alla Einaudi, ad Alberto Moravia. Nessuna rispondenza. Ma come si permettevano! Dico io! Insomma! Un oltraggio. Le ore diventavano precipizi. Lo Stretto si slargava. La Sicilia si africanizzava. Partire, scavalcare l'Isola. Presto, la valigia, il porto, il traghetto, ah Enaudi, ah Moravia, ci vedremo, presto , voglio vivere. Duello rusticano. A noi due, anzi:a noi tre. Duello rusticano. Io armato del mio libro.Era il 1962 .Giunsi all'alba. Depositai il bagaglio. Piazza del Popolo. Alberto Moravia. Incredibile, in un tavolino da Rosati. Mi avvicino. Lo guardo. Mi guarda.”Sono Antonio Saccà”.
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