XXXII Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Prima di narrare ed analizzare quanto accadrà nel mio passare dalla Sinistra alla Destra vorrei ricordare il tempo di quel periodo, il rapporto umano, le persone, furono tante, e furono amiche ,ciascuna a suo modo,  smarrite, poi, quando non restai con loro, e nei rarissimi incontri,  come se mai fossero state amiche. Impossibile non ricordare Mario Lunetta, saggista, scrittore,non ha avuto affermazione , ma non importa questo, fu un amico, il suo futuro lo ignoro,  negli anni in cui collaboramo insieme a L'Unità ci vedevamo con piacere reciproco, Via dei Taurini, 19, Roma; Domenico Cacciò, responsabile culturale de L'Unità, aveva problemi familiari , un rapporto  avvinto alla figlia,  pittore notevole, astratto in epoca di realismo, malinconico, persino triste;Marina  Pintor, consorte separata di Luigi Pintor, redattrice culturale de L’Unità, era malata del peggior male, non lo mostrava, anni di collaborazione; Dallamano, reggeva la cultura in un quotidiano romano allora di gran pubblico, Paeae Sera, non amico, ma i rapporti costanti  e fiduciosi; con Gianfranco Corsini, per un  periodo, amichevoli, credo sostituì o affiancò Dallamano a Paese Sera, Corsini era di famiglia gentilizia, quadri di antenati percorrevano le scalinate della sua abitazione, collaborava con Franco Ferrarotti, ed anche con me in una ricerca universitaria, CNR. Io scrissi su L’Unità una critica riguardante Ferrarotti, Corsini interruppe la collaborazione con me, Ferrarotti aveva addirittura mosso la Facoltà di Sociologia.   Con Asor Rosa ci incontrammo scarsamente, credeva e mantenne fede nel proletariato e nel comunismo, aveva preso dal mio Saggio sulla Letteratura Italiana Attuale, e questo lo imbarazzava,  tuttavia  quando ci incontrammo  vicendevole la cordialità. Similmente con Tullio De Mauro. Amici furono Walter Pedullà, Lucio Villari, Piero Ardenti, e quando frequentavo Alberto Moravia  Enzo Siciliano, Bernardo Bertolucci. Dacia Maraini, Antonio Debenedetti... Mi riferisco esclusivamente ai coetanei  ed ai rapporti “ideologici”. A Sinistra vi era il Partito Comunista, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, con  il  settimanale Mondo Nuovo al quale collaborai diffusamente. Vi erano anche posizioni estreme.La faccenda merita precisazione. Al tempo il punto consisteva nell’essere o non essere con l’Unione Sovietica, nell’essere o non essere con gli Stati Uniti e con i paesi europei che si stringevano o venivano stretti dagli Stati Uniti. La scissione del mondo in due emisferi , netta. Il Partito Socialista  dapprima avvinto al Partito Comunista, se ne allontanava fino  a rendersi con Bettino Craxi avverso ed avversato al  Partito e dal Partito Comunista. Non che il Partito Comunista progettasse la dittatura del proletariato, anzi: la via democratica al socialismo. Erano i legami con l’Unione Sovietica la situazione dirimente, i socialisti ritenevano inaccettabile mantenere convivenza con un Paese, la Russia, dal sistema totalitario ed in  economia collettivizzata. A riguardo i socialisti espressero una veemente negazione  contro i comunisti, tra i più avversi  futuri amici, Luciano Pellicani,Fabrizio Cicchitto. Accenno soltanto che molti socialisti divennero fautori  determinatissimi dal sistema capitalista. Altri si rifiutarono sia di accettare il capitalismo, sia di svincolarsi dal regime dell’Unione Sovietica. Il Partito Socialista di Unità Proletaria sorge dai socialisti che non aderiscono al capitalismo, all’Occidente a guida statunitense  ostile all’Unione Sovietica. Passione, fede, slancio, i più credevano, ed era esaltante credere insieme, conoscersi, riconoscersi, amici  nel vivere e nella concezione della vita. E soprattutto la certezza di fare il bene del popolo. Nel mio romanzo “L’uomo provvisorio”(Edizione Spirali)  descrivo questo sentire “progressista”.

        Ho scritto che i motivi del mio cambiamento provennero da ragioni esistenziali, l’Io, la morte, il non comprendere come mai esiste l’esistenza, il valore dell’individuo  ed anche dalla sfiducia che il proletariato fosse capace di una civiltà qualitativa rispetto all’utilitarismo borghese. Ma in terreno economico  non mi consegnavo al capitalismo, sapevo e so, ormai stiamo nella situazione che io anticipavo nei miei libri, sapevo e so che lo sviluppo degli strumenti di produzione ossia l’automazione arrecherà una catastrofica  mutazione a tutti i sistemi economici causando immane disoccupazione e lo svincolo del lavoro umano come fondamento della produzione, lavoro che i teorici del capitalismo ed i teorici del marxismo sostengono fondamento del valore. Salta dunque la relazione tra lavoro e salario se non è il lavoro fondamento della produzione. Salta l’occupazione. Salta il consumo se vi è disoccupazione. Ma saltando il consumo l’enorme produzione non ha acquirenti. Una situazione aberrante, enorme produzione con scarsi consumatori, crollo del profitto, economia al disastro. Ed anche:ferocissima lotta per avere mercato , lotta interna ed internazionale, guerra per i mercati. Ed anche, ingresso nei sistemi produttivi di paesi arretratissimi  che però hanno materie prime e vogliono usarle per loro . Insomma, universalismo industriale, come i teorici del capitalismo ed i positivisti concepivano ma illudendosi(o forse no, ne dirò) che il fenomeno avrebbe suscitato scambi ed armonizzazione, laddove i marxisti coglievano conflitti commerciali, guerre militari. Di questi scenari futuristi ma non lontani a Destra non vi era e non vi è percezione. Ascoltavo, leggevo polemiche contro l’usura, contro le banche, contro il denaro che suscita denaro senza relazione con la produzione di beni, tesi archeologiche, risalenti al mondo greco, alle società agricole (Platone). Si ostentava anche quanto scritto da Giovanni Gentile sul lavoro, sul valore del lavoro non soltanto quale forza lavoro produttiva, ma espressione dell’interiorità, il che valeva per il lavoro artigianale che valga per la catena di montaggio è discutibilissimo. Insomma , poco o niente. Ma vi era un punto decisivo a Destra, la negazione della lotta di classe, cercare coesistenza fattiva tra lavoratori e produttori. Ed un ulteriore caratterizzazione, non sempre affermata, tornare, riproporre, porre lo “spirito qualitativo”, l’aristocrazia dello spirito, l’elite, non concepire che la quantità si trasformi in qualità(è la tesi marxista che la quantità si rende qualità).A Destra la finalità massimamente sollecitata era la “partecipazione”,agli utili, alla gestione. Ne fui immesso, in questa orientamento subitaneamente, nella Destra Sociale.

Nel 1980 lascio Norma, l’occasione fu il menzognero sospetto che io tentassi la figlia, costei lo dichiarava, reale un’altra situazione, fui trascinato da una mia studentessa. A quel tempo mi parve la più riuscita generazione della natura. Se le guardavi le mani  polposette e tuttavia snelle dicevi:belle;se le toccavi: morbide, vive; se guardavi i capelli biondo miele a caschetto da entrambi i lati fermi a mezza guancia, sorridevi di quella giovinezza bambinesca: l’orecchio piccolo, un tortellino: ah, il collo e l’attaccatura al busto, la rotondità e il vibrare della pelle, emanativa di bianco rosa, ed il broncetto della boccuccia, e gli occhi larghi,  giallo denso, e il giro ovale tondino del volto, le spalle si raccoglievano con una qualche strettura , la schiena scendeva su fianchi colmi  innestandosi in gambe salde, lisce, ma era il davanzale che piegava i ginocchi di chi guardava, i seni di poco sopra la positura corrente  si spavaldeggiavano di femminilità fiorente, il resto sembrava una armoniosa spianata  incorniciata di anfratti donneschi,  non sapevi se limitarti a guardare o assaltare, anche i piedi da ammirare, con ditini a funghetto. Ma poichè difficilmente la linea retta  si mantiene retta, la  “mia” studentessa avendo un capezzolino  piatto si credeva difettosa e vergognabile, e se ne copriva l’onta. Peggio: cominciava o dilagava allora il “femminismo”, le donne, molte donne, non intendevano proseguire il ruolo millenario: casalinga, figli, sposa, dea che fosse, sicchè capitava e mi capitava che se qualche ragazza suscitava lode e magari la paragonavo a dipinti antichi, si  acrimoniava, quasi fosse trattata al modo passato, la bellezza non aveva considerazione, e quando recai immagini di quadri e somigliai ragazze e soprattutto la “mia” studentessa a delle celebrate raffigurazioni non fui ben giudicato, mi diedero a capire che trattavo la donna come “oggetto”. Si preparavano i tempi odierni.

La studentessa era  promessa sposa, e lo sposo promesso conobbe questo invaghirsi della ragazza che non lo nascondeva. Ne vennero drammi. E volizioni di finire. La studentessa lasciò il suo innamorato. Giungeva da me. Con qualche timore, con slancio. Estate 1980. Si chiamava, e spero si chiami ancora, Rita. Rita P. Fu al cominciare delle vacanze estive, io tornavo in Sicilia, lei andava nelle Marche. Non so, ci salutammo come un addio o fu un addio. Chiudere per non soffrire la lontananza, l’ardua comunicazione. Poi l’estate diventò autunno.Tornavo a Roma. Tornava a Roma.

Il rapporto con la Destra Sociale fu accompagnato dal rapporto  con la Destra culturale. Collaborai a Il Tempo allora diretto da Gianni Letta, cortese, libero. Si spartivano le pagine Fausto Gianfranceschi , cattolico tradizionalista, ed Antonio Altomonte, laico. Non avevano relazioni serene ma  furono amici, entrambi, per decenni di intensissima attività. Collaborai a Prospettive nel mondo, la rivista di Gian Paolo Cresci. Per qualche anno collaborai a L’Osservatore romano, una circostanza stravagante, ma un sacerdote, Beria, intendeva far conoscere la Sinistra, ed io la conoscevo, e curiosamente  scrivevo negativamente della Sinistra laddove mi parve che Egli cercasse un qualche dialogo. In ogni caso, finì. Venni a rapporti con il Sindacato Liberi Scrittori,  la parte culturale vera e propria della Destra, e tanti che divennero amici momentanei o sostanziali, addirittura ancora presenti. Rilevo questa connotazione dell’amicizia. Esistenzialisticamente l’individuo è solo, unico, chiuso nella identità vitale e mortale, ciò non elimina la relazione, tro, stima, affetto, amore, ideali condivisi. Francesco Mercadante, Marcello Veneziani, Pierfranco Bruni,  Mario Bozzi Sentieri, Franz Maria D’Asaro,Augusto Del Noce, Antimo Negri, Tommaso Romano, Giovanni Volpe,anticipo qualche nome, ne dirò ampiamente,  alcuni li conoscevo indipendentemente dal sindacato scrittori, molti erano cattolici tradizionalisti, la fedeltà al passato, una specie di nazionalismo culturale, con rimarchevoli differenziazioni. Avversione a perdere l'eredità del passato e trovarsi nel vuoto, e, soprattutto, la convinzione che privi di Dio  l’uomo  scadesse nel nichilismo , in un divenire senza fine verso non si sa che. Chi reggeva il Sindacato  era un “personaggio” più che una persona, voleva essere personaggio e riusciva, Francesco Grisi. Abbastanza alto  vestito con qualche novità tutta sua, occhi azzurri, rapido, operoso, immesso ovunque, cattolico ma disponibile a incontrare il diavolo senza antipatia , giornalista, saggista, scrittore, organizzatore di convegni diffusi, nato per stare con gli altri, associativo, ammantato di signore che gli facilitavano l’esistenza, era , dicevo, il motore del Sindacato e di molto fare della cultura di Destra. Anmico di tutti. Amico.

Torno alla Destra Sociale, la Partecipazione, agli utili, alla gestione… Giano Accame, Gianni Alemanno, Ivo Laghi, Antonio Landolfi, Enrico Landolfi, , Mario Bozzi Sentieri, io avevo altre convinzioni. Ma intanto raggiungono la mia vita personaggi determinanti, Salvatore Dino, Armando Verdiglione.,  E la “mia” studentessa? E ,poi, un incontro assoluto.

 

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