XXXIX Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 01 Luglio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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Non preciso le cadenze, un prima, un dopo forse non sono come avvennero, ma i fatti avvennero, o prima o dopo. Di certo, quando la studentessa sentimentalerotica venne a cognizione del traditissimo coniuge ed il traditissimo coniuge ritenendosi tradito per la prima volta, derelitto e furente ne disse a Stefania, Stefania, malconciata dalla mia faccenda con la cameriera, decise non soltanto la separaziione, ma che io lasciassi casa. E questo lasciar casa fu romanzesco. Io stavo nell’abitazione ai piani sotterranei, comunque a Largo Fregoli, 8, Stefania spariva, tornava, in condizioni raminghe, ignoravo dove, con chi, per quale scopi, non stava con se stessa neanche lei e girava tentando nella confusione di ottenebrarsi, suppongo. In una di tali assenze, inaspettatamente mi venne una chiamata, un signore mi dava incontro con Stefania a Saturnia. Avevo allora a disposizione un cameriere filippino che guidava la macchina. Subitamente in viaggio, Saturnia, rivedrò Stefania, Saturnia, il luogo dove lei stava nel posto confacente, l’avrei guardata in accappatoio, i capelli inturbantati, un qualche odore sulfureo delle piscine, non diabolico, chissà, mi avrebbe detto “rimani”, no, non nella stessa camera, non interrompere la separazione, però, chissà, quanto tempo era mancata, dov’era stata?Comunque, viva!Tutte le situazioni immaginate sparivano, le notti insonni, l’andare per chiese a bagnarmi d’acqua santa, il ripetere il gesto con la domestica, tutto finito, via, via, alberi, piante, colline, la strada, più veloce cavallo macchina, corri da Stefania,e finalmente l’ingresso delle Terme, avanti,avanti , il filippino guidatore sembrava un cavallerizzo che eccita il cavallo, ingresso, chiedo di Stefania Ferrero, Stefania Ferrero ancora Stefania Ferrero Saccà. Non c’è né la attendono. Impossibile, ciontrollate, devo vederla, incontrarla, Terme di Saturnia! Non c’è né l’attendono.Annientato.Sprofondo. Deseserto. Mi avevano detto “Staturnia” ed io ero a Saturnia, quella era Saturnia, la portineria, non vaneggio, chiedo di telefonare, il portiere di Largo Fregoli, Matteo, forse ho sbagliato, forse Stefania è tornata, l’incontro a Largo Fregoli, forse l’agitazione mi ha storto la comprensione, risponde: “Professore, incredibile, hanno preso la sua roba e portata i non so dove”. Chiudo. In quel momento mi dicono che vi è una chiamata per me, è colui che mi ha indicato Satuturnia, ora dice che la mia roba è in una casa di proprietà di Stefania, che io torni a Roma, ne avrò le chiavi, il luogo dell’incontro. Di nuiovo, persino maggiormente rapidi, ma io sono fuori dalla strada, io sono fuori dalla macchina, fuori di me stesso, mi trascinano forze disorientanti, un punto, un luogo, una particella di certezza, anni che ignoro cosa accadrà l’attimo che succede all’attimo. Alberi, colline, non sono veri, una sera nottura mi copre lo sguardo, Roma, la via dell’incontro, un signore piccolissimo mi scruta, mi stringe la mano, capisco che non vede in me il diavolo che Stefania gli avrà definito, le chiavi, giungo alla nuova abitazione, non aprono il portone. Talmente stranito che non suono perchè mi si apra. Albergo. Il giorno dopo ho la chiava, la nuova abitazione, tutto il mio ammucchiato, mancano orologi , tanti orologi, ma non so richiedere, mi lascio andare quasi avessi chiuso la vita.
Quel periodo, una successione di catastrofi, e la più umoristica, ora che la rivivo comen passato, questa:conobbi in un Convegno, mi pare,o reincontrai, al dunque , Laura C, una marchigiana , docente liceale o giù, raffinata di abiti, bianchissima di carnagione, biondissima di chioma, vanesia a gradi esorbitanti, tutta mossette seduttive, ed insomma, credo fosse Venezia la città o Verona, dopo una passeggiata, quando va in albergo l’accompagno, finge di chiudere la porta, cerco di entrare, non pone resistenza. Da quel giorno notturno divenne approfittatrice molecolare, morbosa, ammorbante di me e di quanto potevo o voleva da me. Si fermava alle vetrine, e indicava, ed io eseguivo. Ristoranti costosissimi, e perché no? Nella sua cittadina ve ne erano, e lei si dimostrava a persone che conosceva e si dava a conoscere. Era nel “meglio” cittadino. Mutava vestimento quotidianamente ma quando mi accolse al treno la prima volta la sua auto era da squartare, e giudiziosamente chiese che fossi io lo squartatore ed anche il restauratore con altra auto. Un viaggio per un Congresso in Spagna fu il suo capo d’opera, incontrava docenti come fosse una collega di di fondamentali cognizioni, e la scovavo in colloqui, di che non saprei concepire, così, per l’avere colloquiaro con il noto Professor XZ, trascurando me. Per labirintiche ragioni ogni pronunciamento del termine “ermeneutica” lo riteneva detto per lei, che si reputava esperta in Ermeneutica. Non credo superasse il termine.All’occasione , voluttuosa, ed una renitenza che perdeva resistenza divenendo passione. Il suo potere su di me sorgeva dalla mia debolezza.La faccenda con Stefania, sola, tradita, indifesa mi intisichiva. Se talvolta rispondeva, uno strazio, ira o derelizione, ed io bisognavo di un’oncia di amore, lo cercavo in questa Laura. Disposto, capace di raggiungerla nelle Marche ,ore di viaggio di andata e ritorno per due, cinque minuti , vederla per vederla, la morbida manina, Oasi di qualche giorno,poi a Roma l’incubo, e Stefania mi volteggiava sulla testa e nella mente . Ah, un dettaglio. Laura C. quando la chiamavo al telefono si prolungava ore, ne vennero pagamenti da ufficio ministeriale. Inizi del 1990. Voleva sentirsi dominatrice, una aggiunta ai suoi trofei, e ne doveva possedere innumerabili, anche avendo me. Certe oscurità non mi confortavano. Era coniugata, ed un figlio. Ma di rendeva il coniuge un impasto. In quel periodo ebbi tuttavia altri eventi meno sconsolanti. Voglio, devo ricordare. modesta, sconsolata donna, si chiamava Stefania, madre senza unione, madre solitaria, figlio difficile, e lei di una maternità amorevole pure con me, ed io jnvece preso ai cenni di Laura! Che suicidio compiamo pur vivendo. La tralasciai e restò così sgomentata che la vedo ancora come la COLPA! E dove sarà Marco Mancini,ogni sera, in quel periodo, a cena, ristorante di via Germanico, il mio punto di approdo, vendendolo l’universo manteneva un luogo sicuro, giacchè talvolta mi smarrivo effettivamente, bisognavo di una persona che se diceva oggi era oggi. Fu negli Stati Uniti, quando la persona che avevo preso come fonte di sicurezza, non la vidi, mi sommersi in un delirio di incertezza da non capire dove ero e chi ero. Marco Mancini mi salvò. E poi, devo, voglio ridare te che dolorosamente sei scomparsa , SISSI MALZONE MAIURI, una studentessa, una amica, amica, amica, non vi fu richiesta che le pesasse, mai indisponibile, un punto fermissimo di fiducia, scolpiva con pregio, mani efficaci come l’animo.
Questa Laura, scacciata, infine,ero a Messina, San Saba, da Giuseppe Russotti,chiamo Laura, parole, parole, poi mi dice di fare non so che con il modo ordinativo consueto, comandativo. Ma non ero nella disposizione obbedientiva. E chiusi telefono e vocina. Mi chiamò, giorni successivi, a Roma, ansimante. Fu l’ultima occasione di ascoltarla.
Stefania mi chiedeva di recarmi da lei, subitaneamente io da lei, apricchiava la porta, e non mi dava entrata. Eravamo scombussolati entrambi. Ritornare, dividerci per sempre, per sempre, la morte nella vita, ci sei ma per me non ci sei, stare con te ,continuare, sì,no, sì, no, sì e no, una vicenda ulteriore causò naufragio, la mia e la sua apocalissi, tutte le stelle precipitano. Una sera, a Piazza Cavour , malinconia di perdere la vita in tali incertezze, decidere, decidermi, concludere, fare qualcosa, qualsiasi, pur di fare qualcosa. E poichè lo studio dell'avvocato di Stefania era prossimo mi gira in testa di recarmi ,divorziare. L’avvocato stupisce ma compie la richiesta. Chiama Stefania, dice che io voglio divorziare, sento il crollo di Stefania ,come accaduto quando trassi la mia roba da Elsa De Giorgi, l’abisso senza presa, la condizione di separati lasciava aggrappamenti scagliosi, divorziare una parete piatta, le mani scendono, resta il grido , e Stefania gridò soffocalmente,e ritrovò la dignità del suo rango quando ci incontrammo a consegnarci l’addio. L’addio!Non ci fu addio. Stefania manteneca un odio/amore radicato per me, io un amore che non sopportava la sua presenza.
Continuai a incontrarla, anzi maggiormente, disuniti non vi era interruzione della separazione. A pranzo, spesso, si era innalzata al secondi piano, quadri antichi, armi antichi, la casa del padre aveva cenni di collezionismo, la domestica era espansiva, “ci vede bene insieme”, mi dichiarava Stefania, la gatta siamese erotomane morta, un gatto persiano colossale trapeziava i divani e le sedie, occhi vasti, azzurrissimi, pelo arruffato, mi veniva addosso, “ti considera il suo padrone” diceva Stefania. Voleva tornare con me, voleva che io restassi in quella casa, uscendo chiudeva lentissimamente la porta guardandomi fino all’ultimo residuo. Animando le serate, stava accanto a me ed io le trattenevo le fragilissime mani senza corpo osseo. STEFANIA FERRERO CHE VOLEVA RESTARE , RITORNARE MIA MOGLIE|! Era una persona ricchissima, nel dividrerci avrei potuto chiedere, se io la tradii, lei mi ha cacciato di casa, mi ha messo fuori casa,e qualche segreto lo manteneva Sì forse qualche diversivo. Niente. Non chiesi, non pretesi, l’avevo armata contro i parenti, i truffatori, niente chiesi, niente pretesi, quella “povera” donna infelice, sola, sofferente del mio maleagire, indifferente alle sue colpe ma non alle mie, non dovevo, non volevo chiedere, pretendere, e lei stava in angoscia anche di tale mia voglia. Marco Mancini, mi dichiarava che dovevo ottenere, anni anni di tempo dedicato a lei, e poi che ne avrebbe suscitato delle sue fortune, negozi sconfinati, case a palazzine, porzioni di alberghi, gioielli regali, chilogrammi aurei (alla morte del padre mi diede un lingotto d’oro consistentissimo, che rivolle giorni successivi), no, mai, Stefania pativa ed io ne sentivo responsabilità colpevole, mai avere da chi umiliai e addolorai. Pria del divorzio, credo, in i un luogo trattenuta, la mente insana, pace, tranquillità,mi chiese di incontrarla, fuori città, campagna, e stavolta proprio non attenuò il suo bisogno, voleva che io tornassi con lei(forse eravamo divorziati), mi avvicinava, sentire che io esistevo, afferrabile, mi inseguiva in giro ad un tavolo, io sfuggivo e Stefania mutava colore, cenere, un volto di cenere, un corpo di cenere ,e ad ogni giro si accresceva quel mutamento cinereo con ombrature verdine, ed il sembiante sformato, occhi atterriti, sorpresi, sgomentati. Se io ero andato da lei, lei immaginava che sarei tornato con lei, invece mi allontanai. In brevissimo tempo Stefania si fece una botte enorme, ampliata ,sconfinata , si muoveva come una massa, il corpo non manteneva le forme del corpo, quando si muoveva era una massa, una grossa botte che avanzava lentissima, una botte vestita da donna, di mosso come persona restavano le mani, e le dedicava al fumare, una sigaretta accendeva l’altra, anche due sigarette, a mente persa, volto gonfio, capiva, non capiva, torpore. Avrei voluto rimanere l'amico dell’intera mia e sua vita, protetta, difesa, amico , amico in qualsiasi istante, notte, sera, quando vuoi, ma Stefania esigeva, mi esigeva accanto tutti i giorni, vedere tutte le notti, era atterrita dalla solitudine,e quel vedermi e non vedermi, andare ed uscire la sconsolava. Meglio il colpo, la recisione.
Ed avvenne l’incredibile. Una serata, le stringevo docilmente la mano, concluso l’incontro Stefania stentamente mi dice che è l’ultima, se mai un’altra serata, poi tutto chiuderà, il suo fidanzato non intende far proseguire. IL SUO FIDANZATO? La guardo, forse è alterata al massimo confusionale. Stefania che cercava di starmi prossima, minuti e minuti la sua mano nella mia mano, gli altri spariti, noi due anche con gente in salone, ed invece qualcuno addirittura “fidanzato”, quasi lei fosse una fanciulla al cominiciare dell’amore. Non le diedi ascolto di situazione verosimile. In quei periodi avevo spartito con lei circostanze da dementi:mi avvertono, per caso, stavo ad un Convegno, in quel periodo, che Stefania viene recata in clinica, impazzita, corro, giungo mentre parenti la stanno traendo in clinica, lei rifiorisce, corre verso di me, risaliamo in casa, ore, a tempo perso, poi dichiara che i termosifoni ogliono dettarle, un quaderno e scrive, ore, segni ondeggianti. Altre occasioni:mi avvertono che Stefania esce denudata nelle scale della palazzina ed ha speso cifre debordanti in programmi si sessualità telefonica. Come credere che è “fidanzata”? Erravo. Un fisioterapista della clinica MATER DEI, straniero, arabo, conquistava la desolata Stefania , in condizioni cedevolissime. E quel che ne seguirà scavalca la fantasia dei pazzi.
In quegli anni pubblicai testi di vastissima lettura:STORIA DELLA SOCIOLOGIA;DIZIONARIO DI SOCIOLOGIA, per la NEWTON &COMPTON, milioni di copie. IL PRIMO TESTO AVEVA UNO SPUNTO AL QUALE TENNI FEDE: ESISTE LA SOCIETA’ MA AL DUNQUE ESISTE L’INDIVIDUO!