XXXVII Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

 

La madre di  di Antonio Saccà

Sono passati anni ,decenni, vorrei chiarire me stesso a me stesso, perché oggi   considero quel tempo andato, erratissimo  contro me anche da parte mia. Stefania ed io eravamo una coppia innamorata, io di Lei, proprio di Lei Stefania, Lei di me, Antonio. L’amore  rende l'individuo insostituibile, il suo volto com'era, il suo corpo come era, le sue mani come erano, come parlava, questo è l'amore che identifica quanto la morte. Quella cosa, quella persona, esclusivamente, insostituibilmente, anzi, è l’amore che fa esclusivi, insostituibili: Io e Tu, Tu ed Io. Innumerevoli, addirittura innumerabili in questo colmo pianeta, ma è una persona che diventa necessaria, felicità, dolore vengono da quell’unica  persona, dalle persone, ciascuna,, che  amiamo. Anche se fu, è un danno amarle. Io amavo Stefania che mi amava, non giovanissimo la sposai, per amore, bella magnifica casa, settimanali incontri al Centro Arte Spazio, conoscenti,  amici ,amici miei soprattutto ma anche i suoi. I  parenti disturbavano ,

 io ero disturbato dai problema del denaro, dell'amministrazione, della scorrettezza dell'amministrazione presunta o effettiva che Stefania sospettava? Certamente! Erano disturbi anche le immense imposte che Stefania pagava tutte. Ma che avvenne, quale fu il morbo corrosivo di questo rapporto che era anche un rapporto  nella sfera intima, appassionato? Ripenso. Nella vita pratica  io sono del tutto incapace, trasformare la mia attività in denaro non lo penso, non ne ho idea, non guido neanche  motorette, mi intralcia ogni procedura di documenti, di ordine casalingo, una babilonia di vestiti, libri, dischi mi fa da trincea,  niente di che vantarsi, tutt’altro, ma è così, l’ordine mi  appare mortuario. Se dovessi culturalizzare., l’Eros suscita complicazioni, Thanato è statico. In ogni caso,, non avevo bisogno ,vivevo bene da me. Ma la questione aveva altre sembianze dalla mia non praticità e l’insopportazione di quelle drammatizzazioni sul denaro.. Se tu, Stefania, sei ricca, e non sai che fartene del tuon denaro oltre che disperderlo a Saturnia, ad acquistare pellicce che non indosserai, case di villeggiatura dove non abiterai, e non fai niente, un  niente pieno per l’uomo che sta con te,  coniuge, non un amante di una notte, il tuo coniugato, unito, coniuge, congiunto ed  anzi gli annulli il Tempo, il bene assoluto della vita, e le tasse, e l’amministrazione, e vorrei vivere in campagna, e comprerò una villa con  giardino, e sono stanca, e stai con me, e mi lasci sola… Come potevo farti capire che se scrivevo tanti, tanti libri, tantissimi articoli era anche per te? L’idea funesta che una persona fallita stia accanto a noi, è la rovina, anzi rovina l’amore.

 Mi rubavi il tempo , non facevi niente per me e mi rubavi il tempo, il tempo, la mia fortuna, il tempo è la nostra fortuna , il tempo lo riuscivo ad usare, in tutte le circostanze, le più inimmaginabili, e tu me lo rubava con indifferenza mortifera, anzi come se io fossi un debito, colpevole di non stare sempre, il possibile con te, mi piaceva stare con te, stringerti l’indifesa mano, ero con te, protetta, difesa a mio rischio, almeno dimmi che rispetti quel che faccio, rispetti che io devo scrivere, studiare,  non perdere tempo con te, perché stare con te era perdere tempo ,parlare  per parlare, sogni sogni sogni vaneggianti,  la villa, la campagna, gli animali, riavrò la salute, faremo , faremo, anche di un erede parlavamo, se non  un figlio un erede, sono stato colpevole di non cercare  con maggior volontà questa tua volontà, questo bisogno? Sì. Ma pensarti con un figlio, tu, così malmessa, mi avviliva, eppure, onestamente, ho sbagliato,,  forse saresti guarita, avresti avuto uno scopo che non avevi, giacchè non facevi di me il tuo scopo.. Niente, niente, di tutto questo ,sempre a riposare, sempre stanca,  umori i alla deriva, sospetti per la mia vita, e non avevano  causa, per molti anni, e poi il punto funesto: io andavo nel mondo, convegni, conferenze, io conoscevo i massimi personaggi  e stavo da pari, (Nel mio libro :Lavoratore imprenditore vi sono alcuni dialoghi internazionali-Dino Editore) e questo non ti rendeva felice! Non era felice, mia moglie1 No, non si può accettare , NON POTEVO ACCETTARE QUESTA TUA MESTIZIA PER QUEL CHE FACEVO, DI CUI OLTRETUTTO ERO INSODDISFATTISSIMO  Tu ricca, bella, di gran famiglia ti sentivi svilita al mio fianco perché volevi valere per te stessa. Giusto. Ma questo non doveva f suscitare inimicizia scontenta contro di me! Sai come essere felici? NON ESSERE INFELICI DELL’ALTRUI FELICITA’ E SPESSO ESSERNE FELICI! E che parodia, vantarsi con gli altri di me, e rinnegarmi tra te e me. Quando ti diedi la prima copia di un libro fondamentale per la mia vita:HO UCCISO DIO-NIETZSCHE(Dino Editore) lo mettesti da canto!.

I suoi malessere fisici alle parti intime impedivano i rapporti , del resto con  queste tensioni stringere  in amore deperisce. Ma sono premesse di una scoperta tellurica. Io non sapevo, oltrepasso qualche anno, e mi riferisco ai momenti della morte del padre di Stefania, io non sapevo  che la domestica quella con cui  mi intrattenevo dopo pranzo nei corridoi, dava notizia a Stefania dei miei regali! Andiamo in Grecia con Stefania e altri amici, , il  regalo a Stefania fu lo stesso regalo per la domestica, che lo esibì a Stefania! Compresi gli sguardi interrogativi , sospettosi, esplorativi  di Stefania, oltretutto la umiliavo, lei come la domestica! Oltraggiate da questa panificazione. L’Inferno in terra cominciò a ricevermi come inquilino stabile.

Gli i Anni Ottanta  stavano concludendosi. In un viaggio a Messina, vidi mia madre che scriveva in fogliettini con grafia minuziosa a zampine di mosca,, ferma, e radunava i fogli. Aveva l’età che diciamo “vecchia”. Ma non riguardava Lei. Raccoglieva i miei libri, i miei articoli, leggeva, ne discuteva, io nell’abitazione di mia sorella Anna e di mia madre, e dei nipoti Carlo e AnnaPaola  tornavo nella Vita. Mia madre  mi chiedeva continuamente che mi occorreva.  E faceva assolutamente Lei. Vi era il piacere del far piacere.. Mia sorella Anna recava il caffè. Il mio posto era sempre quello di un tempo. Anche il tovagliolone. MIA MADRE SCRIVEVA LA SUA VITA.. LA SCRISSE. E LA PUBBLICO!. 1993. AVEVA OTTANTASEI ANNI. QUESTA ERA MIA MADRE. QUESTA E’ MIA MADRE IN ME!

 

 

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.