Bill Viola, “PURIFICATION”, fino al 28 febbraio 2022, al Palazzo Reale di Palermo - di Anna Maria Esposito.
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 14 Gennaio 2022
- Scritto da Redazione Culturelite
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Al Palazzo dei Normanni di Palermo la possibilità di trascorrere mezz’ora al di fuori dello scorrere del tempo cronologico nel quale viviamo, assaporando la visione artistica di uno dei più grandi artisti viventi.
Irrinunciabile la grande mostra “Purification”.
Viola è stato invitato dal Direttore Generale della Fondazione Federico II, Patrizia Monterosso, coadiuvata dal Presidente della Fondazione stessa, Gianfranco Miccichè. Inoltre la mostra è frutto del raccordo con l’Assemblea Regionale Siciliana, il sistema museale regionale siciliano, l’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana, il FEC (Fondo Edifici di Culto), e numerosi Enti Ecclesiastici, più l’Eparchia di Piana degli Albanesi.
All’artista è stato dato modo di disporre degli spazi secondo la sua visione e lasciato completamente libero di plasmare il suo racconto: non si tratta di una mostra acquistata, ma è originale, realizzata per questi luoghi e nutrita dalla Storia trascorsa in essi.
È stata curata da Kira Perov del Bill Viola Studio, Direttore esecutivo e compagna di vita dell’artista. La stessa Kira Perov ci dà la chiave di lettura della mostra:
“Abbiamo tutti bisogno di purificazione dalla pandemia globale in corso, quindi è una mostra molto tempestiva che offre sostentamento e guarigione ai suoi visitatori”.
La mostra è in realtà una sapiente collazione di opere realizzate negli anni trascorsi, con l’aggiunta di parti nuove allo scopo di creare un organismo unitario “fuso” con i luoghi dell’esposizione e la storia di essi. Inoltre l’esposizione si trasforma in cuore pulsante che diffonde tutt’attorno il calore creativo di un artista completamente coinvolto nella nostra storia plurimillennaria della quale, secondo la sua espressività, desidera fare parte dando il proprio contributo, e coglie con passione la possibilità fornita dalla Fondazione.
Il rigoroso progetto della mostra ci permette così di entrare nel flusso profondamente vitalizzante della creatività del più grande artista di videoarte dei nostri giorni.
Creatività che trova il suo culmine nelle metafisiche e grandiose immagini realizzate con la tecnica dello Slow motion, attività sofisticatissima che permette di astrarre le scene portandole fuori dal percorso del tempo corrente, trasformandole in eventi topici ed universali (questa è una vertiginosa caratteristica, e costante, della grande arte).
Le opere sembrano in effetti fotografie ad altissima definizione: la tecnica che Viola usa è quella dello slow motion, tecnica che Viola ha sviluppato già alle origini della sua carriera. Per le sue opere, che sono in realtà scene, utilizza set cinematografici, attori professionisti, troupes; e parte integrante dell’immagine sono gli effetti sonori, selezionati e purificati, attentamente rielaborati al computer.
Dal duemila utilizza schermi a cristalli liquidi e al plasma, che perfettamente corrispondono al suo ideale artistico: cogliere lo stupore e la perfetta, insostituibile e grandiosa bellezza di ogni attimo nel tempo.
Viola inizia la sua attività negli anni Settanta; nel 1973 si trasferisce a Firenze per lavorare come tecnico responsabile nel Centro di produzione ‘Art/Tapes/22’; qui conosce l'arte medioevale e rinascimentale italiana, che entra nel suo intimo, diventando fonte caratteristica d’ispirazione. Tra il 1981 e l'82 lavora per sei mesi nel centro ricerche della Sony, sperimentando le più avanzate tecnologie del tempo. Dal 1983 è professore in ‘Advanced Video’ al California Institute of the Arts di Valencia (California).
Ha iniziato la sua ricerca sulle possibilità espressive della videoarte con la stupefacente ‘The Reflecting Pool', videoinstallazione del 1977, video con camera fissa: nella geniale opera la scena è sospesa nel tempo e le rifrazioni sull’acqua diventano inquietanti protagoniste, tracce narranti in modo soprannaturale gli eventi che trascorrono ai suoi bordi. Ecco la sua straordinaria innovazione: egli potrebbe essere definito regista, ed è facile intravedere gli echi e le similitudini con l’opera di Greenaway, 11 anni più anziano di lui.
«L’arte, per me, è il processo di risveglio dell’anima»: il senso dello Slow Motion.
L’originalità della sua espressione artistica consiste nella particolarità della sua operazione: se è abituale negli artisti figurativi bloccare un frame dei fenomeni visivi del mondo in movimento, egli, invece, agisce in senso inverso. Ha scoperto come anche un attimo bloccato nel tempo possegga una sua vitalità, un suo moto inarrestabile. Dunque Viola parte dall’immobilità e reifonde la vita. Lo scopo è cogliere l’intimo senso di quell’attimo, il senso generante e nascosto nel flusso infinito delle miriadi e miriadi di momenti nel tempo stesso: Viola comprende che la nostra umana specificità è quella di vivere nel trascorrere, e ci mostra, attraverso l’esasperazione della lentezza e un progressivo “congelamento” del moto, qual è il nostro posto nel mondo, specifico e insostituibile per ognuno di noi.
Secondo le sue parole: «L’arte, per me, è il processo di risveglio dell’anima».
Queste lunghe premesse sono necessarie per introdurre la mostra in corso al Palazzo Reale di Palermo.
Il progetto, grandioso e raffinato, consta di molte parti: la pesante cortina nerissima ci introduce alla scala d’accesso, nella quale trascorre la prima videoinstallazione: una proiezione la trasforma in una delicata fontana di tipo normanno che immediatamente coinvolge i nostri sensi attraverso l'unione sinestetica del flusso d’acqua virtuale di un sorprendente celeste e turchese, e il suono fresco dell’acqua che ruscella. Entrando nella grande sala, di fronte a noi, un immenso schermo; fantasmagorica la scena del corpo inanimato di Tristano, “assunto” all’alto.
La leggenda di Tristano ha origini celtiche, ma è proprio un anglonormanno, Thomas, che nel 1170 ne lascia la prima stesura organica. Ecco che l’opera, che Viola aveva realizzato molti anni prima, si trova adesso nel suo ambiente naturale, il Palazzo dei Normanni, come se fosse stato concepita per questo luogo.
Dopo innumerevoli vicende e disgrazie, Tristano ha infine ceduto alla morte. Ma tutta la sua vita è stata segnata dalla fedeltà all’ideale cavalleresco e dall’amore sincero per Isotta la bionda. L'eroicità dei suoi ideali trasfigura la sua morte e il suo corpo pesante ed inanimato è faticosamente ma inesorabilmente trascinato verso l’alto dal flusso innaturale di una cascata che scorre verso l’alto. L’effetto è stupefacente e la tensione finalmente cade quando lo scorrere delle gocce termina lasciando il posto alla superficie semplificata e asciutta.
La vicenda di questa video installazione ha avuto inizio con la presentazione a Los Angeles alla Walt Disney Concert Hall, nel dicembre 2004, per la produzione dell'opera ‘Tristano e Isotta’ di Richard Wagner della Los Angeles Philharmonic, con Peter Sellars come collaboratore artistico, il direttore d'orchestra Esa-Pekka Salonen e la collaborazione di Bill Viola che ha creato un video di quattro ore che viene proiettato durante l'intera opera. In seguito essa fu presentata in anteprima in Europa all'Opera di Parigi nell'aprile 2005 e oggetto di un'esposizione al Museo Guggenheim di Bilbao nello stesso anno.
Nel 2017 è stata esposta nella Galleria Ivan Buschi di Arezzo. Di quest’opera lo stesso Viola scrive che “l'opera di Wagner racconta la storia di un amore così profondo che gli amanti devono alla fine trascendere la vita e i loro corpi materiali per realizzare pienamente la loro unione”.
Il grande video-affresco in bianco e nero accende in noi la riflessione sul “finire” e sulla nostra stessa fine, l’inevitabile solitudine nell’affrontare il momento estremo ma anche la certezza che le nostre fatiche non andranno perdute: il corpo stesso del nobile eroe sarà oggetto di “ascensione”. La grande sala nella quale è installato lo schermo è costellata da isole luminose: in esse vengono esposti 35 oggetti sacri legati all'acqua: un grande lebete, la statua acefala di età classica, una delle tante copie del modello della Venere che si bagna, e poi brocche, vasi, bacili, acquasantiere, paliotti ricamati della seconda metà del Seicento; oggetti sacri realizzati o decorati in corallo rosso, il sangue dell’acqua. Al centro dell’ambiente la riproduzione in vetroresina di una vasca battesimale paleocristiana, il luogo per eccellenza della purificazione nella radice culturale europea.
A destra, alla fine della scala d’ingresso, si trovano le quattro videoinstallazioni, identiche nelle dimensioni e tempi, che ci presentano i ‘Martiri’ degli Elementi.
I quattro elementi sono contemporaneamente la causa della distruzione e della rigenerazione dei corpi di tre uomini ed una donna sottoposti alla furia “purificatrice” di terra, aria, fuoco ed acqua. La costrizione dei martiri unita alla nitidezza del loro martirio causa un forte senso di disagio compensato dalla certezza che la fine non è inutile ma anzi la fedeltà ai propri ideali e la certezza di essi si rivela nella fortezza che traspare dalla loro impassibilità, perfino dalla loro serenità. Questa fortezza li trasforma finalmente in immortali, liberi dai limiti materiali e temporali, modello di un’umanità ideale ed eterna.
Anche i “Quattro martiri” erano già stati presentati, ma come opera unica, ‘Martyrs’, iI 21 maggio 2014 nella cattedrale londinese di S.Paul; era stata commissionata dal Reverendo Mark Oakley, canon chancellor, che descrive la sua scelta alla giornalista Rachel Spence per “The Financial Times”: “At the end of the day, the language of theology is not the language of information. It’s the language of formation. Of human becoming. So that each step has to be undone for us to grow more. And the Via Negativa is about never arriving. Good art, like good religion, is there to question our answers, not answer our questions. The cathedral brings together a vast number of different people,” he by, “faiths, doubts and questions yet a shared language of concerns. Viola touches on all the things that we undergo: birth, death, love. He offers us a shared way into the mysteries.”.
Viola è stato scelto per stimolare le domande più che le risposte.
E Rachel Spence, nel suo articolo “Bill Viola’s religious experience”, riporta testualmente queste parole di Kira Perov che perfettamente descrivono l’intento di Viola: “All of the martyrs have already made their decision to make the ultimate sacrifice and this is their darkest hour through death. Yet these scenes also have the mood of a transformative ritual from which the body will emerge stronger, lighter, closer to divinity.”
Trasfigurazione e risurrezione sono il tema portante della sua Arte, influenzata dall’Umanesimo assimilato negli anni della permanenza fiorentina. Riguardo questi “Martiri” è importante notare che la chiave di lettura non è cristiana: Viola ha una formazione eterogenea e permeata di misticismo orientale, che agevolmente traspare dalla ‘lettura' delle sue videoinstallazioni. Conforta questa lettura Rodolfo Papa, docente di Storia delle teorie estetiche alla Pontificia Università Urbaniana: “l'arte sacra cristiana non può essere di tipo performativo, in quanto l’elemento più importante non è l’azione in sé, quanto la rappresentazione del concetto da proporre secondo la lex vivendi, orandi, ornandi e credendi, così come il Magistero della Chiesa Cattolica ha indicato.”
Al di fuori di ogni lettura dogmatica, dunque, la sua arte.
Nell’ambiente laterale si apre una magnifica installazione, la “Creazione dell’acqua”, acqua come filo conduttore di questa mostra.
Il soggetto è tratto dalla narrazione, mosaicata nella sovrastante Cappella Palatina da artisti bizantini, del momento in cui il Creatore separa acqua e terra. L’immagine, come un fotogramma, è punto di partenza e nucleo di un nuovo racconto.
L’ambiente è “foderato” di specchi. Ciò crea un luogo metafisico: gli specchi si riflettono l’uno nell’altro e l’infinita riflessione crea un ambiente di astrazione. Il visitatore perde la coscienza del sé corporeo e si trova come di fronte all’infinito. Il nostro stesso corpo entra a fare parte dell’installazione e per brevi attimi diventiamo protagonisti dell’evento. Siamo fuori dal tempo, nel momento stesso della creazione dell'acqua. E, se assistiamo alla Creazione, l’atmosfera è la medesima della geniale analoga scena così come è stata immaginata da Lewis ne “Le cronache di Narnia”. Sperduti nell’infinito residiamo in un non-luogo: la nostra corporeità e le nostre categorie logiche sono spazzate via.
In questo universo primordiale il visitatore della mostra diventa spettatore della creazione stessa come si legge in alcuni estremi romanzi di fantascienza; diventiamo parte della creazione e ci sentiamo indispensabili, necessari. Questo è uno delle temi fondanti nell'opera di Bill Viola, cioè dimostrare come ognuno sia indispensabile e desiderato.
Questo è il suo messaggio, il senso della sua creatività. Questo è il segreto che ci dispensa: è fondamentale il compito di presenza di ognuno di noi; uno specifico ruolo di protagonista al quale un vero essere umano non può sottrarsi se non per fallire il senso della sua vita. Così Viola ci spiega come sia essenziale imparare ad isolare l’attimo, per coglierne l’importanza assoluta e fare di esso il nostro vessillo. Viola, da neoumanista, ci spinge a dimostrare orgogliosamente il nostro ruolo nell’infinito palcoscenico dell’esistenza.