“Il “Commesso” fiorentino e la sua storia” di Adriana Mastrangelo

Con il termine di “bottega” si intende un ambiente in cui si vendono merci di vario genere, ma dal periodo medievale in poi la parola prende un significato più complesso, in quanto la bottega diventa il luogo dove i giovani fanno apprendistato per continuare a lavorare, dopo un certo numero di anni, accanto al maestro o aprono a loro volta altre botteghe.
 Proprio in questi ambienti si sono sviluppati le grandi forme di arte e di artigianato che hanno fatto raffinare il gusto e sviluppare il mercato dell'arte nel periodo che va dalla metà del trecento, con una notevole impennata nel Rinascimento, e che, per alcune forme di artigianato di qualità, si è mantenuta, anche se in tono minore fino ai nostri giorni.
E' importante sottolineare che nella bottega non si imparano solo le tecniche artistiche ma come dice Lorenzo Ghiberti:
 
   Conviene che lo scultore,etiandio el pictore,sia ammaestrato in tutte le
   arti liberali: Grammatica,Geometria, Philosophia,Medicina, Astrologia,
   Prospectiva, Istorico (Storia), Notomia (Anatomia), Teorica disegno
   Arismetica (Aritmetica).
  L'iscultura et pictura è scientia di più discipline et di varij ammaestramenti ornata, la quale di tutte l'altre arti è somma inventione, è fabricata con somma meditazione la quale si compie per materia et per ragionamenti.
 
La bottega, quindi è l'organismo fondamentale della vita artistica medievale e rinascimentale.
Oggi, abituati dalla cultura romantica a considerare l'opera d'arte come il prodotto di una personalità singola, che ne è l'unica e indiscussa creatrice dalla prima idea fino all'esecuzione materiale, può restare difficile renderci conto del fatto che essa nasceva, un tempo, attraverso la collaborazione di molti.
 Il maestro dovendo impostare spesso opere di notevole mole e dovendo rispondere alle richieste di una numerosa committenza, lavorava aiutato da tutta la sua scuola, distribuendo i compiti ai vari allievi-collaboratori in relazione alle loro reali capacità.
In queste botteghe, resta ormai qualche raro esempio solo nell'artigianato, vedi, appunto, l'esecuzione di pregevoli mosaici della bottega Scarpelli a Firenze, i numerosi laboratori di Ravenna e Roma o nell'Italia meridionale, a Sorrento la bottega, con annesso museo Fiorentino con la produzione di mobili ed oggetti ad intarsio in legno.
 Nelle botteghe si imparava la tecnica dall'esempio dei più anziani:si apprendevano i segreti del mestiere attraverso la pratica quotidiana, i giovani allievi si formavano mediante un lungo e paziente lavoro, fino a diventare maestri e, volendo, aprire una bottega in proprio.
 
        “Quanto più presto puoi, comincia a metterti sotto la guida
         di un maestro a imparare; e quanto più tardi puoi, dal maestro
         diparti”
consiglia Cennino Cennini nel Trattato della pittura, scritto agli inizi del '400.
 
Nelle botteghe si soggiornava a lungo, prima di essere completamente addestrati per poter intraprendere una propria attività autonoma. Cennino Cennini consiglia sei anni per i primi rudimenti, e altri sei per perfezionarsi:
    “e stare e incominciare a triare de'colori e imparare a cuocere
     con delle colle, e triar de'gessi e pigliar la pratica di ingessare
     le ancone, e rilevarle e raderle; mettere d'oro; granare bene; per
    tempo di sei anni. E poi in praticare e colorire, e ornare di
    mordente, far drappi d'oro, usare di lavorare in muro, per altri sei
    anni, sempre disegnando, non abbandonando mai né in dì di festa,
     né in dì di lavorare”.
 
Gli allievi talvolta pagavano per essere istruiti, talaltra erano pagati, a seconda della notorietà del maestro e del lavoro utile svolto.
Lorenzo di Credi, allievo del Verrocchio, nel 1480 risulta che “è a dipingere, per salario di fiorini 12 l'anno.
Benvenuto Cellini ci informa che, ancora giovane, trovandosi a Bologna, si mise in casa un miniatore” e quivi attesi a disegnare e a lavorare per un che si chiamava Graziandio giudeo, con il quale io guadagnai assai bene”.
Talvolta possediamo anche i libri contabili, una specie di diari che ci informano dei lavori da compiere e compiuti, degli acquisti di materiali, delle riscossioni, dei pagamenti, dei collaboratori e così via. Sono, queste testimonianze preziose della vita artistica di ogni epoca.
Quando diciamo che un'opera è del tale artista, non dobbiamo intendere che egli soltanto vi abbia messo mano, ma che l'abbia ideata e condotta fino in fondo, lavorandovi personalmente, soprattutto nelle parti più importanti e difficili, e coordinando il lavoro degli altri fino a raggiungere una unità totale. Questo concetto ben si applica, a maggior ragione alla opera dell'artista- mosaicista.
Nel 1588 Ferdinando I, Granduca di Toscana, nell'ambito di una accorta politica di rapporti economici, culturali ed artistici, fonda a Firenze la Manifattura delle pietre dure (l'attuale Opificio delle pietre dure) che nel giro di pochi decenni diviene famosa nella creazione di prestigiosi oggetti artistici; tavoli, copie di quadri famosi, stipi, oggetti di arredamento grandi e piccoli destinati ad essere donati ai Grandi di Europa.
Firenze diventa dal XVI al XIX secolo il centro esclusivo di questa produzione che sarà conosciuta col nome di “commesso fiorentino.”
Sull'esempio di Firenze, nasceranno successivamente le manifatture di Praga voluta da Rodolfo d'Asburgo e di Golblin, fondata nel I668 dal Re Sole.
Per “commesso “ si intende un lavoro ad intarsio, non con tessere geometriche come nel mosaico tradizionale, ma accanto a pietre naturali si usano anche pietre semi- preziose, quali ad esempio il calcedonio, lapislazzuli, agata, onice, l'occhio di tigre, la malachite,  ed altre che, per brillantezza, opacità e sfumature delle venature, creano un disegno meno netto nella campitura dei diversi colori delle pietre, e permettono infinite sfumature; così l'opera conclusa si può accostate alla “pittura tonale” con le sue ombre colorate che producono effetti pittorici straordinariamente realistici.
I soggetti preferiti sono piante fiori, animali, sfondi prospettici di architetture e nei paesaggi, addirittura, si individuano le stagioni o le varie ore del giorno attraverso la luce che evidenzia, accanto alla bravura tecnica, il talento e la sensibilità dell'artista.
Di qui il successo e la grande richiesta da una parte del mercato di copie di quadri famosi che sono ovviamente meno soggetti a scolorirsi e a rovinarsi.
 Un esempio moderno (1929), molto conosciuto, è la Madonna col Bambino di Raffaello, voluta da Pio IX, che è esposta in una delle sale del Quirinale.
Ali inizi del XVIIII secolo il virtuosismo tecnico-artistico di questa forma di artigianato, risponde pienamente al bisogno, rispetto alla età barocca, di una “schiarita dei colori” e questa esigenza ha portato verso la fine del'700 ad una grande richiesta di cofanetti, scatole, tabacchiere e gioielli in micromosaico.
 I soggetti rappresentati si moltiplicano in questo periodo perché la scoperta di Ercolano e Pompei aveva creato il gusto di un “ritorno all'antico” il tutti i campi dell'arte; dalla pittura con i suoi paesaggi con ruderi antichi (Capricci), all'arredamento con semplificazioni di stile e l'utilizzo di legni più chiari con intarsi di placchette mosaicate e nell'abbigliamento femminile l'uso di stoffe più leggere, con disegni minuti e colorati.
Nei gioielli in micromosaico (collane bracciali orecchini) scompaiono i soggetti religiosi ed il repertorio si arricchisce di temi di impronta classica, quali scene e personaggi mitologici, le allegorie dell'Amore e ruderi antichi grandiosamente ambientati in scene di paesaggio.
Nell' 8oo, gli oggetti e i gioielli in micromosaico, specialmente con i soggetti dei monumenti più noti dell'Italia, (vedute-ricordo) divennero l'acquisto preferito dei ricchi e colti viaggiatori del “Gran Tour.”
Un altro tema ricorrente era anche la rappresentazione di donne con i costumi tradizionali di più difficile rappresentazione per l'incarnato e la morbidezza delle stoffe ma, dove i più bravi mosaicisti esprimevano appieno la loro bravura.
In definitiva questa arte antica è giunta fino a noi, attraverso i secoli diventando sempre più virtuosistica e raffinata e si spera che, le poche ma pregevoli botteghe, che ancora credono nella bellezza della creazione manuale vivano ancora a lungo per perpetuare questa nobilissima forma di artigianato, patrimonio dell'Umanità.
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