Intervento di Ignazio E. Buttitta in occasione dell'inaugurazione della Mostra "Face and Places of Sicily" di Giovanni Messina
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 04 Marzo 2022
- Scritto da Redazione Culturelite
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Non era in alcun modo previsto che io intervenissi, ma non ho disatteso l’invito dei miei amici perché per me è un piacere, un onore potere testimoniare la mia partecipazione a questo evento, la mia amicizia nei confronti di Giovanni Messina, il mio apprezzamento nei confronti della sua opera.
Chi mi ha proceduto ha illustrato sinteticamente ma sapientemente i caratteri essenziali dell’opera di Giovanni Messina, caratteri che ritroviamo anche nelle parole del professore Salvatore Lo Bue che sono in premessa della brochure: si tratta di considerazioni illuminanti che ci introducono alla ideale condivisione di un percorso, alla comprensione di una storia complessa e articolata in cui hanno spazio la pluralità dei soggetti, delle tecniche, delle sollecitazioni intellettuali.
Dal mio punto di vista, dal punto di vista di un antropologo, l’arte innanzitutto non si racconta, non si descrive, si vive e si partecipa e diventa arte per chi l’apprezza come tale. Spesso ci sentiamo raccontare che l’arte salverà il mondo, assegnando una valenza ontologica al termine arte. È necessario, sempre, contestualizzare le nostre affermazioni connettendole alla congerie storico-culturale. C’è arte e arte, da cultura a cultura, da epoca a epoca, da storia a storia anche all’interno di una stessa società, da classe sociale a classe sociale.
Quindi, io racconterò quello che per me è l’opera di Giovanni Messina, senza pretendere che lo sia anche per voi. Innanzitutto mi si lasci affermare: nel mio salotto, nella mia casa esporrei un’opera di Giovanni Messina; sì, assai volentieri, perché queste opere mi dicono qualcosa, mi sollecitano qualcosa, mi spingono a guardare oltre, oltre la superficie, a riflettere, a godere di ciò che esse sono e, soggettivamente, rappresentano, evocano, al di là di qualsivoglia volontà autoriale.
C’è questo importante quadro che viene interpretato dal professore Salvatore Lo Bue, La scelta, per esempio. Un’opera come questa è straordinaria, sicuramente per ciascuno di noi che ci soffermiamo a guardarla, racconta qualche cosa, spinge ad immaginare una dimensione concreta e spirituale, nel passaggio dall’oscurità alla luce, un passaggio che non può essere senza rischi; questo mare che si frappone fra le tenebre che si trovano alle spalle del soggetto e il sole sorgente o che tramonta (e qui bisognerebbe riflettere sul rapporto simbolico tra alba e tramonto. Lo sapete, esiste una prossimità, una “coincidenza tra gli opposti” - questo lo avrebbe spiegato benissimo il prof. Romano!) e quindi nulla si può ottenere senza mettersi in gioco, senza affrontare le nostre paure ed i rischi che il vivere in società presenta.
Ed è quello che ha saputo fare certamente nella sua vita, nel suo lavoro, Giovanni Messina: mettersi in gioco attraverso un percorso, dei percorsi tra loro anche diversi. Ho trovato in proposito interessante la rielaborazione, la rivisitazione, il recupero di una tradizione in una chiave decisamente innovativa: le sponde del carretto, un’idea molto bella che inevitabilmente rende presente il passato, lo presentifica e lo riempie di nuovi significati, che poi è anche quello che fa un artista, raccontare qualcosa che sembra ovvio, banale, comune e farlo diventare qualcosa di nuovo di straordinario capace di comunicare nuovi messaggi, nuove sensazioni.
Io ho avuto anche l’onore di essere ritratto dal Maestro e sono onorato di questo. Qui alle mie spalle mi guarda, sicuramente preoccupato mio nonno Ignazio, poeta, che indubbiamente una delle figure che in qualche modo ha guidato la mia esperienza di vita e probabilmente quella di qualcun altro di noi e certamente ha incrociato anche la storia e il percorso di Giovanni Messina. Anche in questo caso Giovanni Messina ha recuperato una storia, la storia di un uomo, una sia porzione importante: la ha ripresentata, la ha risignificata, la ha resa un’opera a sé stante. Ignazio Buttitta, al pari di tutti i paesaggi, di tutte le persone che sono ritratte, rivive e vive in una nuova direzione e in una nuova storia. Ecco, la grandezza di un artista è quella di saper raccontare la realtà trasformandola, risignificandola, rendendo ciò che è, ciò che è stato e ciò che sarà.