“Percorsi. Un viaggio tra le opere di Salvatore Caputo” - di Anna Maria Esposito

 

 

Nel visitare la mostra “Percorsi’, di Salvatore Caputo, è la sala stessa una scoperta, con i suoi grandi archi a tutto sesto restaurati a pietra viva e le geniali sette sfere (sette lune) pendenti dal soffitto. 

Un ambiente determinato ma onirico, ideale per la mostra dell'artista che, mi racconta, è una specie di antologica “atomizzata”, con opere che coprono un trentennio di attività artistica.
Mostra patchwork, la chiama. Io, con grande gioia, assaporo le scene ben comprendendo che non è il senso di esse che cerchiamo ma, osservando, sto cercando il mio, di senso. 
Attraverso l’opera dell’artista cogliamo frammenti di noi stessi; non è  questa ricerca uno degli scopi della vita?
Come già ben sappiamo, nel lavoro di Caputo predomina il silenzio, la stasi, il mistero. Dunque bisogna fare buio e vuoto nella mente, e poi riaprire gli occhi e lasciarsi trasportare dentro i riquadri misteriosi e le scene antiche.
Nella riflessione realizzi che la notte, che predomina, è uno stato della coscienza. 
La notte è un pensiero. L'artista la custodisce come un tesoro di cui è geloso. 
La notte è un insenatura dell'anima, la notte è un respiro soffocato. 
La notte è satura di millenni. Il pensiero è saturo di millenni. L’uomo è impastato di millenni. 
Infinite stratificazioni ormai ci hanno sepolto. E, come una scintilla, il pensiero emerge e sfugge. Vaga e incontra le stelle. 
Caputo dipinge le stelle, abbaglianti nella loro istantanea semplicità. Piccoli bagliori taglienti come lame. Oltre la loro luce, sta nascosto il tutto di cui esse sono indicazione. 
La notte è spessa. La notte ci soffoca. La notte è luminosa. La notte è  adesso e la notte è mai. La notte gioca a nascondersi. Il giorno le tende agguati. E, nel mezzo, il crepuscolo racconta, con parole misteriose. 
Quelle bianche figure, sfuggite a De Chirico, stanno ancora vagando. Infinito è l'animo dell'artista. Infinito come il mondo nel quale viviamo. Caputo si sofferma: testimone di un momento, di un bosco, di un rivolo d'acqua, della stilla abbagliante e profumata. 
Notte. La notte è tanto lunga…
Breve, invece, la nostra esperienza. Breve il nostro passare. Come secondi di un orologio. Cosa racconta Caputo? Ci mostra il non visto, il nostro infinito ricercare di ciò che è celato dietro il visibile. È il visibile l’unica chiave di lettura, appunto. Il visibile è il segno, l’indicazione che riceviamo per andare a guardare oltre. Dietro ogni descrizione sta nascosto un mistero mai disvelato. Allora ci nutriamo di blu, di azzurri, di pause. Respiriamo con il respiro dell’artista. 
Arriverà il momento nel quale comprenderemo tutti i pensieri di tutti gli artisti.
Arriverà il momento nel quale tutto sarà uno (come vide la mistica Giuliana da Norwich: “Io sono l’Unità … E tutto sarà bene e / ogni sorta di cose sarà bene”); ma adesso vaghiamo da scoglio a vetta, trasportati da onde piccole ed innumerevoli.  E se non sciogliamo le briglie dell'anima è inutile la nostra ricerca. 
Comprendiamo soltanto se leggeri come un pensiero, leggeri così come effettivamente siamo. Rinunciare a credere di avere un peso, rinunciare a credere di essere sostanza, credere di essere qualcosa; soltanto liberando noi stessi andremo nella giusta direzione. Sempre avanti, con il viso verso il sole. Attorno a noi frescura. Soffi di vento freddo. 
I colori hanno profumi diversi e i sapori si trasformano in soffi. In questa baraonda cosmica, diveniamo scintille leggere. 
Abbandonarsi.
L’attesa che diventa il senso, appunto. Rinunciare alla nostra individualità sapendo che è ben custodita ed indistruttibile. 
Ecco il senso del mistero che mi trasmette l'esposizione di Salvatore Caputo. È un racconto, senza inizio, in divenire. 
Salvatore, in questa parte del racconto, è il condottiero. 
Tutti fratelli nel viaggio.
 
Anna Maria Esposito, Palermo 1 novembre 2022
La mostra è inserita nel progetto “Di arte in culture” promosso dal Centro Internazionale di Etnostoria-Prof. Aurelio Rigoli, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Palermo.
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