Pubblichiamo la postfazione di Lucio Zinna al volume "Villa Palagonia" di Carlo Puleo (Ed. Thule)
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- Category: Arte e spettacolo
- Creato: 24 Febbraio 2020
- Scritto da Redazione Culturelite
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Della sua città, Bagheria, la ridente cittadina dell'hinterland palermitano nella quale è nato e in cui vive ed opera (con lunghe parentesi, in passato, di attiva permanenza all’estero), Carlo Puleo, pittore, ha assorbito gli umori, in maniera composita: dalla dolcezza del clima alle sferzate di vento, dalle morbidezze della costa ai profumi di zagara e di salsedine, dal fascino di antiche civiltà che da quel comprensorio promana (Solunto, Solanto) alle architetture tardo-barocche delle ville settecentesche. Elementi, questi, come altri ancora, che nella sua pittura filtrano, con occhio ammaliato e smagato al tempo stesso, tanto nella precedente fase realistica quanto in quella neo-figurativa, con sue peculiari dispositio impaginativa e vis cromatica.
Né possono essere estranei, nella sua formazione artistica, le frequentazioni con grandi artisti bagheresi, del pennello quale Renato Guttuso, della scultura quale Silvestre Cuffaro, della penna quali Castrense Civello e Giacomo Giardina e, in maniera ancor più familiarmente intensa, Ignazio Buttitta, nella cui abitazione ebbe modo, a sua volta, di conoscere non pochi pittori, tra cui il surrealista Sebastian Matta e alcuni scrittori tra i quali Leonardo Sciascia.
Altro non trascurabile aspetto consiste nella tendenza del Nostro ad osservare uomini e cose, con capacità di penetrazione e, all’occorrenza, con garbata ironia. Chi conosce Puleo sa quanto gradevole sia ascoltarlo mentre narra singolari vicende proprie o altrui. Da qui, probabilmente, l’esigenza di trasferire momenti ed esperienze anche in altra forma d’arte quale la narrativa e quindi la composizione dei racconti di questa silloge, che offre una vivida immagine dell’isola attraverso un campionano umano, popolare e variegato. Siciliani, in positivo o in negativo, ma autentici, a denominazione d’origine controllata, come per i vini non artefatti di un dato territorio.
Personaggi del Golfo della Conca d’Oro, che traggono ispirazione dalla vita di ogni giorno, nel suo brulicante dispiegarsi, osservati, non di rado, dal suo autore, con uno sguardo divertito, ma sempre con un sotterraneo moto di umana comprensione. Alcune di queste figure (e figure e figurine) rivestono il ruolo di furbi, di gatti-e-volpi di collodiana memoria.
Il bisogno imprescindibile di sbarcare il lunario accomuna coloro che vivono pressati dall’instabilità economica a quanti sono pungolati dall’avidità; gli uni e gli altri fanno leva su una spiccata, indispensabile aliquota di fantasia. Ci sono le furberie, piccole e grandi, per togliersi dai guai o per cavarsi qualche soddisfazione.
Personaggi diversi, miti o spavaldi, spesso extra-vaganti, alle prese con casi sfiziosi, a volte di vago sapore pirandelliano, che la vita non manca di presentare: circostanze imprevedibili, a volte sotto tono, soffici, tali da celare gli effetti che ne deriveranno, altre volte immediatamente sconvolgenti, come vere e proprie onde anomale esistenziali.
Bagheria e il suo territorio offrono scenario a questi racconti, con ambientazione temporale che si estende dai durissimi anni di guerra e dopoguerra fino agli anni ’60 e all’affacciarsi e dispiegarsi
del boom economico, percorrendo scene di vita politica locale e da qui ai nostri giorni o pressapoco, con qualche inevitabile bordata macchiettistica, ma anche con malinconiche incursioni memoriali. Non il solo panorama antropologico attrae l’attenzione di Puleo, né potrebbe essere diversamente per un pittore come lui. Lo scenario naturale sollecita all’occorrenza la sua vena rappresentativa e coloristica.
Sarebbe riduttivo e fuorviarne considerare il mondo rappresentato e affabulato da Puleo come una compiaciuta aneddotica territoriale. L’autore si propone piuttosto di dare una sua immagine a questo teatro a Cielo aperto che è la vita, tanto nei suoi aspetti farseschi quanto in quelli drammatici, nella sua banale quotidianità e nella sua, a volte strabiliante, eccezionalità, tutto riconducendo a una mediata, anche sofferta, dimensione esistenziale, da cogliere, non di rado, dietro un sorriso bonario.
Accennavamo, a proposito della scrittura di Puleo, al suo gusto per la narrazione a viva voce. Il tono colloquiale e discorsivo è quello adottato in queste pagine, in cui non è diffìcile captare, qua e là, stilemi e cadenze della parlata siciliana. Una scrittura pacata e incisiva, come di chi, narrando, voglia intravedere negli occhi e nel volto dell’ascoltatore, più che del lettore, le impressioni che le vicende suscitano, se lascino affiorare un sorriso, se tocchino il cuore. Tutto ciò conta, per Puleo, assai più delle innovazioni stilistiche, che in effetti non lo sollecitano.
Gli preme invece che questi suoi personaggi emergano, quali sono, senza orpelli. Gli preme che sia rappresentato nei suoi colori e suoni e umori, nelle sue armonie e discrasie, tutto un mondo composito e complesso nella sua apparente elementarità.