Utilità, costruzione, poesia nella Wagnerschule

Nel panorama di una Vienna fin de siècle[1]  il valore dello scritto architettonico, accanto alle opere e alle trasformazioni urbanistiche, esprime una cultura nuova del fare architettura. Dalle teorie di grandi professionisti del settore, architetti, urbanisti e storici dell’arte, incalza una riflessione che vede l’evolversi della capitale da città a metropoli. E’ attraverso una rilettura storico critica delle opere più significative di uno dei protagonisti del periodo, Otto Wagner, in «Moderne Arkitektur»[2] e «Die Großstadt. Eine Studie über diese»[3] saggi-manifesto, interpreta il modello della Groszstadt, come  uno spazio dove si uniscono tecnologia ed estetica, razionalità e arte, in cui la tecnica moderna ha nettamente infranto il dualismo spazio esterno-interno, per disegnare il complesso come un luogo di luce e colori in cui il costruito partecipa il paesaggio.

Questi i principi per un ragionamento sulla Groszstadt oltre l’architettura, lo spazio esterno, il verde.

Il giardino come simbolo vivente che congiunge arte e natura, perfetta coincidenza di esistenza e rappresentazione, nella storia dell’arte e dell’architettura viene raccontato attraverso i mutamenti culturali che ne hanno delineato forme e caratteristiche, frutto di linguaggi artistici che non prescindono dal panorama culturale cui appartengono.

Il paesaggio nella storia dell’architettura assurge a testimonianza di una evoluzione culturale che trasforma la natura attraverso il pensiero che diventa luogo.

Una trasposizione dell’idea nella realtà resa possibile grazie al lavoro mutuato all’interno della scuola di architettura di Otto Wagner[4] , dagli allievi e dalla loro incessante ricerca stilistica, architettonica ma soprattutto ricerca del vero, che ha prodotto l’architettura della scuola.

Prima di focalizzare l’attenzione sulla questione del giardino come linguaggio interpretativo della dimensione urbana e architettonica della produzione della scuola, è necessario contestualizzare attraverso i fatti storici la realtà della scuola all’interno di una Vienna in pieno fermento culturale.

Alla fine dell’Ottocento, a cavallo dei primi anni del nuovo secolo, l’insegnamento e l’opera  di Otto Wagner dominano la cultura urbanistica e architettonica di Vienna.

In un clima di transizione, in cui la tradizione viene scavalcata attraverso la ricerca di nuovi stili architettonici, Wagner chiamato nel 1894 all’insegnamento in un corso speciale di architettura presso l’Accademia di Vienna, forma una generazione di architetti[5] il cui lavoro sarà determinante nella  ridefinizione della teoria e soprattutto della pratica architettonica.

Nel suo insegnamento e nei suoi scritti esprime l’esigenza di un profondo rinnovamento dell’architettura attraverso l’uso funzionale dei materiali, studiare le esigenze dell’umanità e trasporle nell’architettura in soluzioni pratiche e moderne quindi ideale di bellezza perché “una cosa non pratica non può essere bella.”

Wagner vicino alle teorie di Semper[6] , muove verso il rinnovamento della città ricercando un’architettura moderna lontana dai canoni dello storicismo; anch’esso critico e teorico, guarda all’architettura quale espressione della vita moderna, non imita la natura, né gli stili del passato, afferma “nell’architettura si deve riconoscere la massima espressione della capacità umana che sfiora il divino”.

L’opera di Otto Wagner, «Moderne Architektur», del 1895 si definisce quale manifesto dell’architettura del XX secolo. In età matura la sua attività diventa soprattutto teorica, stimolata dalle sperimentazioni dei suoi allievi, tra cui Josef Olbrich e Josef Hoffmann, dando un apporto architettonico fondamentale alla nascita del movimento della Secessione Viennese,  sviluppatosi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che rompe col tradizionalismo accademico per affermare un nuovo gusto estetico.

La sua formazione sembra, nel primo periodo, orientare la produzione ai canoni accademici di monumentalismo e simmetria, rigidamente misurati attraverso le regole degli ordini architettonici. Un linguaggio che ha segnato le sue opere precedenti, ma subirà drastiche semplificazioni nelle opere più mature, avvicinandosi ai canoni di modernità che lui stesso aveva definito più aderenti alle esigenze della società del tempo.

La sua trasformazione decisiva, avverrà nella sua attività teorico-critica, in cui le semplificazioni teoriche e progettuali troveranno espressione nell’insegnamento alla Wagnerschule e nel movimento della Secessione Viennese.

I principi della sua ricerca architettonica e il suo spirito innovativo, saranno percepiti dagli allievi della scuola come i fondamenti dell’architettura moderna sulla base della quale nasceranno le loro sperimentazioni progettuali, progetti per concorsi pubblici dai quali emergeranno i migliori studenti, architetti come Hoffmann[7], Olbrich[8], Adolf Loos[9] e altri.  

Uno spunto interessante per uno studio dell’architettura della Wagnerschule, potrebbe essere la lettura del progetto attraverso un punto di vista privilegiato su architettura e natura, il giardino, la sua dimensione urbana e domestica.

In un periodo di fermento sociale e politico, con il progresso e le grandi realizzazioni urbanistiche ottocentesche, il giardino pubblico già ad inizio secolo assume grandissima importanza nell’ottica del decoro urbano, divenendo luogo di esperienze progettuali all’interno del tessuto della città.

Alla fine dell’Ottocento, in Austria a Vienna, il giardino, manifesto dell’evoluzione della società borghese, diventa sperimentazione eclettica, una commistione di stili, che sfocia nella ridefinizione dell’esperienza europea del giardino.

È l’opera dei discepoli della scuola di Wagner, che dà l’idea della dimensione sociale e culturale del Movimento Moderno che andava definendosi in quegli anni.

Si possono individuare all’interno della scuola tre orientamenti possibili, ognuno dei quali sembra seguire l’evoluzione del pensiero Wagneriano reinterpretato attraverso l’opera di qualità dei suoi allievi.

Nel primo filone possiamo raccogliere tutte quelle testimonianze (progetti) della scuola, in cui la dimensione del giardino viene progettata a grande scala.

La dimensione concettuale e figurativa ancora legata agli schemi di una neoclassicità aulica, si ritrova quasi in tutti i progetti a larga scala degli allievi; nell’opera di Hoffmann, il Forum Orbis - Insula Pacis, progettata nel 1895, il giardino dà “l’estensione corporea […] nella sua realtà”[10], ovvero rappresenta le sue forme materialmente [11].Il giardino regolato attraverso un tracciato di assi, una o più direttrici panoramiche, sembra essere il risultato di un’organizzazione gerarchica delle parti,  la ricerca di soluzioni formali, che sembrano riproporre nel paesaggio la rigida struttura architettonica,  in cui l’elemento vegetale segue l’ordine ed eleva la struttura con toni aulici di matrice classica.

Nella ricerca di legittimazione sociale della borghesia come ceto dominante, la residenza e il giardino, diventano espressione del raggiunto status sociale.

Il giardino, anche in questa rilettura della progettazione dello spazio naturale, riproduce gli stilemi di una cultura eclettica, in cui la soluzione compositiva è regolata dalla geometria delle forme diventando il prolungamento dello spazio domestico.

In questa soluzione che chiarifica il secondo atteggiamento progettuale della scuola, le linee regolari, definiscono all’esterno la distribuzione funzionale degli ambienti della casa, cosi come l’arredamento.

Viene abbandonato l’uso di schemi assiali, lo spazio si contrae non è più necessario progettare secondo direttrici prospettiche ad ampio raggio, permane la simmetria, l’uso di pavimentazioni che ripropongono lo schema geometrico della casa, ed elementi verdi di alleggerimento del sistema compositivo, che altrimenti risulterebbe troppo rigido.

La composizione degli spazi aperti replica nello spazio esterno la qualità “abitativa” della casa.    

«Il giardino di oggi è costituito da una successione seriale di singole parti regolari, molto simili alla planimetria di una casa, con l’unica differenza che gli spazi […] non hanno tetto; pur nella grande varietà di dettagli vi si mantengono sempre la regolarità delle forme chiuse, […] la visibilità della separazione reciproca tra diversi settori».[12]    

L’occasione per una revisione del concetto di paesaggio architettonico verrà ricercata nell’ultimo approccio progettuale della scuola e precisamente nell’esperienza di Hoffmann.    

Quando Hoffmann ritornò dal Romreise e allestì la consueta esposizione nell’ Aula Magna dell’Accademia, gli schizzi causarono notevoli perplessità e polemiche: in luogo dei soliti rilievi e delle interpretazioni personali più o meno romantiche delle grandi architetture del passato, egli  espose una notevole serie di edifici spontanei dell’isola di Capri, stereometrici, essenziali, magistralmente inseriti nel paesaggio e, a meno apparentemente, funzionali.[13]

Secondo gli studi di Hoffmann, si sarebbe dovuto prendere a modello soluzioni come quelle di Capri, in cui il problema architettonico si risolve col raggiungimento dell’ideale di funzionalità interna degli spazi della casa e dell’inserimento nell’ambiente.

Ne discerne, quindi, il tema della “casa italiana” oggetto di studio degli allievi della scuola, da cui deriva l’approfondimento sulla architettura mediterranea teorizzata nel secondo decennio del secolo.

L’architettura perde la sua connotazione semantica espressa dalla decorazione. È depurata dagli schemi decorativi classici, volumi puri, architettura astila e stereometrie elementari configurano gli elementi dell’ architettura mediterranea. All’interno di queste sperimentazioni la questione del giardino completa il progetto d’architettura; assurge a elemento decorativo della struttura, si depura da forme superflue e ridotta a linee essenziali, diventa metafora del sistema costruttivo. La strumentazione ornamentale, fine a se stessa, scompare dallo scenario architettonico, sostituita, tra l’altro, dall’elemento verde che annulla il limite fisico tra interno ed esterno, attraverso l’uso di pergole e colonne, elementi prelevati dall’architettura mediterranea, compone spazi che risaltano l’essenza formale dell’architettura.

La teorizzazione hoffmanniana indirizza contemporaneamente verso un altro filone di ricerca, il “recupero del vernacolo”[14], la trasformazione dell’architettura spontanea in architettura colta, di cui la testimonianza più significativa saranno gli schizzi bosniaci di Lichtblau[15].

La riconsiderazione delle architetture regionali elaborata dagli allevi di Wagner metterà in discussione la validità dei canoni tradizionali nei progetti di Deininger, Melichar, Lichtblau, Inffeld e Felgel; una ricerca iniziata con la decisiva stilizzazione dei codici architettonici, per arrivare poi alla composizione con elementi astratti – praticamente astili – carica di simbolismi nell’ambito della concezione purovisibilista, rispetto alla quale il rapporto tra architettura del costruito e architettura del verde risulterà svilupparsi secondo le stesse regole progettuali, sullo stesso piano concettuale e ideale, al fine di raggiungere la “dignità” formale che non è solo la simmetria, ma come lo stesso Wagner esalta in Moderne Architektur, è anche concentrazione dell’attenzione sui luoghi di quiete, predisposti per eliminare la “penosa insicurezza” e il “disagio estetico”.[16]

 

[1] Carl E. Schorske, Vienna fin de siècle. La culla della cultura mitteleuropea, trad. it. di R. Mainardi, Bompiani, 1995.

 

[2] Saggio pubblicato nel 1895, fondato essenzialmente sull'aforisma di Semper: “Artis sola domina necessitas”, I ed. Wien 1895; II ed. Wien 1899; III ed. Wien 1902; IV ed. 1914.  riedito con il titolo “Die Baukunst unserer Zeit” da cui emerge la sua polemica verso i tradizionali indirizzi accademici a favore di un'architettura basata sui requisiti della vita moderna e, quindi, su una semplificata espressione compositiva, sottolineata da un analogo uso delle soluzioni strutturali e dei materiali da costruzione. Quest' ultima edizione è preceduta dalle quattro prefazioni è lo scritto più ampio di Otto Wagner: nelle prime pagine egli delinea le qualità dell'architetto moderno (nel capitolo intitolato “L'architetto”) per poi procedere ad esaminare sei argomenti, trattati in altrettanti capitoli:”Lo stile“,”Le composizione“, “La tecnica costruttiva”, “Le prassi progettuale”, “Il progresso dell'arte”, ”La critica”. Nel capitolo intitolato “ La prassi progettuale”, Wagner tratta ampiamente il problema della metropoli, peraltro illustrato anche nel suo scritto Die Grosstadt, pubblicato nel 1911.

[3] O. Wagner, Die Grossstd eine Studie uber diese (La metropoli. Uno studio su di essa), 1911.

 

[4] Otto Koloman Wagner nasce a Penzing presso Vienna nel 1841, è uno dei maggiori architetti europei a cavallo tra il XIX e il XX  secolo. Studia alla Technische Hohschule di Vienna, dal 1860 al 1863 studia con Eduard van der Null; segue le teorie di Semper finalizzate al rinnovamento della città. Dal 1894 darà un significativo apporto al rinnovamento dell’architettura e dell’arte. Nel 1863 partecipa al concorso per la borsa di Vienna. Con la Wagnerschule, gli allievi produrranno numerosi progetti da scala urbana a scala territoriale dal 1894 al 1901 determinando uno dei momenti più  importanti per l’architettura moderna, rilanciando l’abbandono degli stili passati e guardando alla nuova architettura come funzionale, frutto dei nuovi materiali, di una nuova tecnologia e di mutamenti sociali.

[5] La Wagnerschule, una scuola sperimentale di architettura che raggiunge il culmine con la produzione architettonica e urbanistica degli allievi, tra il 1894 e il 1901, anticipando i canoni dell’architettura moderna.

[6] Gottfried Semper nasce ad Amburgo nel 1803, era un architetto tedesco. Ha un ruolo fondamentale  nella teoria architettonica del XIX secolo. Semper esercitò una grande influenza sugli architetti delle generazioni successive, soprattutto attraverso gli scritti teorici, tra cui Lo stile nelle arti tecniche e architettoniche, un saggio che anticipa le posizioni dell’architettura funzionalista, riprese e sviluppate, più tardi, da Adolf Loos.

[7] Josef Hoffmann nasce a Pirnitz nel 1870, fu solo per un anno allievo di Wagner, lavora con lui fino al 1899 e sarà anch’esso esponente del movimento della Secessione Viennese. Tra le sue opere il sanatorio Purskerdorf, Palazzo Stoclet, sarà fondatore della Wiener Werkstatte insieme a Koloman Moser.

[8] Nato a Troppau nel 1867, Joseph Maria Olbrich, protagonista della Secessione Viennese, studia alla Scuola di Arti e Mestieri e successivamente all’Accademia di Belle Arti, periodo in cui si affiancherà alla personalità di Wagner, lavorando nel suo studio.

[9] Pioniere dell’architettura moderna, Adolf Loos, intraprese una crociata a favore di un cambiamento radicale del modo di fare l'architettura. Il suo contributo risulterà fondamentale per traghettare i movimenti di inizio secolo verso l'architettura moderna. Nasce a Brno nel 1870, aderisce inizialmente alla Secessione, poi se ne distacca poco dopo, perché ormai una realtà superata. Tra i suoi progetti Villa Steiner del 1910, la casa Scheu con copertura piana a terrazza.

[10]  I. Kant, Critica del Giudizio, trad. di A. Gargiulo, riveduta da V. Verra, Roma – Bari, Laterza, par. 51, p. 146. Sulla centralità del giardino nell’estetica Kantiana, cfr. F. Benabei, “La Grazia tra natura e storia”, in G.Mazzi (a cura di), Giuseppe Jappelli e il suo tempo, Padova, Liviana, 1977, pp. 355-375.

[11] I. Kant, ibidem, p. 147.

[12] H. Muthesius, Landhaus und Garten. Beispiele kleinerer Landhäuser nebst Grundrissen, Innenräumen und Gärten, F.Bruckmann A.G. Munchen 1914.

[13]  M. Pozzetto, La scuola di Wagner 1894 – 1912, Idee-Premi-Concorsi, Comune di Trieste 1981, p.60.

[14] Una lettura dell’architettura popolare attraverso la depurazione da elementi ritenuti inessenziali, in una scomposizione e ricomposizione di moderno e tradizionale.

[15] Ernst Lichtblau nasce a Vienna nel 1883, aderisce alla scuola di Wagner fino al 1905, lavorerà nello studio di Hoffmann fino al 1914. Nel 1909 redige il penultimo quaderno della scuola di Wagner “Aus der Wagnerschule” 1905/6 e 1906/7. Emigrato negli Stati Uniti, organizzerà per il Museum of Modern Art alcune mostre dal titolo Good Design.

[16] M. Tafuri, Am Steinhof – Centralità e “superficie” nell’opera di O. Wagner, in “Lotus international”, 1981, anno IV, n. 29, pag. 72.

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