“HEROES AND VILLAINS” di Dalmazio Frau

Heroes and Villains è un film, un film molto particolare, girato in Super8, uscito perciò con lo stemma della produzione amatoriale, nell’oggi lontano 1979 e di quella rutilante stagione che furono gli anni Settanta ha tutte le migliori caratteristiche.

Alla sua prima, a Milano, alla Cineteca nazionale, la gente fece allora la fila per vederlo. Vi furono applausi scroscianti alla fine e ogni genere di tentativo da parte dell’allora (come oggi) imperante intellighenzia di sinistra, per farlo passare inosservato. L’opera è di tre autori che allora erano poco più che ragazzi, uno dei quali, il regista, è oggi diventato un noto scrittore di caratura internazionale: Guido Mina di Sospiro.

Non racconterò il film, anche perché volutamente non esiste una trama, ma secondo la miglior “rivolta contro il mondo moderno”, è un inno alla libertà dell’individuo assoluto. Vi si troverà invece il sentore scardinante della Patafisica di Alfred Jarry, la dirompente forza sognante della Psichedelia trasfigurata nella New Wave. Protagonisti neo dandy e dall’aria Mods, si muovono negli spazi chiusi e aperti di tutto il film in un’atmosfera surreale che ricorda, a volte forse inconsapevolmente, certe sequenze di The Final programme, un film del ’74 diretto da Robert Fuest, tratto a sua volta da un singolare quanto straordinario romanzo di Michael Moorcock.

Anche Helzapoppin’ è tra gli antenati di Heroes and Villains seppur per altri motivi che lo spettatore spero avviserà nella sua visione, in quanto la “non trama” si rivela poi irridente verso quel Futurismo che oggi soprattutto, grazie ad alcuni suoi mediocri epigoni, ha toccato l’apice del ridicolo mentre nel contempo irride anche a un genere di tardo romanticismo di stampo dannunziano, con una rilettura goliardica de La pioggia nel pineto.

I dialoghi apparentemente vacui della colonna sonora, sono in realtà profondi come gli “abissi del rosso mare” cantato dal poeta greco Alcmane, in un susseguirsi di maschere che celano il mistero e la metafisica dell’Oltre, così come il commento musicale accuratamente scelto.

Gusto per il retrò, per un coté monarchico e aristocratico caratterizza alcune sequenze, in un periodo storico dove il solo sventolare la bandiera sabauda avrebbe scatenato le ire della sinistra proletaria e della democrazia cristiana.

Il tutto conduce a un epilogo nietzschiano, con un’immagine che rimanda al dipinto di Kaspar Friedrich Il viandante sul mare di nebbia. È l’”errante”, il viandante vagabondo, ricordato nelle leggende mitteleuropee e anche in quelle celtiche, così come lo canta William Butler Yeats a concludere il lungometraggio. È l’uomo nell’algida solitudine delle montagne, tra le vette, così com’era nel pensiero filosofale di Julius Evola, colui che resta in piedi a guardare il crepuscolo che divine notte.

 

Heroes and Villains

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