"Renato Schifani in apnea fra gli squali, il derby forzista e le trame alleate: ecco da chi deve guardarsi" di Mario Barresi

La sfida nel partito, la tregua Lombardo-Cuffaro, l’idea di una nuova Udc per svuotare Fi. E gli “amici” di FdI

n sospiro di sollievo giudiziario. In attesa di una lunga apnea – lui che ha sempre amato le immersioni, «ma mai andare da soli e occorre cautela: gli squali sono sempre squali» confessò nel 2011 in un’intervista a Chi – in diversi fondali, quasi tutti oscuri e perigliosi, della politica. Renato Schifani esce, con la prescrizione, dal processo sul sistema Montante e prova a sciogliere tutti gli altri nodi.

 

Il derby dello Stretto

L’ultimo in ordine di tempo – ma forse il primo nella lista di priorità – è il “derby dello Stretto” con Roberto Occhiuto per il ruolo di vice vicario di Antonio Tajani in Forza Italia. Una partita che sembra in salita: addirittura c’è chi parla di un’investitura del giovane governatore della Calabria da parte del leader durante una “merenda” romana, poco prima di Natale, fra tartufi piemontesi e gioielli Damiani. Domenica il governatore ha sfogato la sua ira su Marco Falcone, “reo” di aver invitato al congresso forzista di Catania Francesco Cannizzaro, fedelissimo di Occhiuto. Schifani ha disertato l’evento e non ha fatto nulla per nascondere il suo «grande fastidio». È diventato un caso nazionale, ora sul tavolo di Tajani. Per il governatore un doppio fronte: uno romano, con gli ultimi tentativi per il ruolo di prestigio nella segreteria e uno siciliano con Falcone che si propone come leader alternativo per il futuro, sfidando Edy Tamajo, candidato “presidenziale” per Bruxelles.

 

Il fuoco amico

Ma il presidente della Regione non deve guardarsi le spalle soltanto dentro il suo partito. Alcuni inneschi di fuoco amico sono alla luce del sole. Ma ce ne sono degli altri – che talvolta neppure Marcello Caruso, fedele e valente “dobermann” presidenziale, riesce a fiutare in tempo – ben più occulti. E pericolosi. Anche per difendere quell’«agenda Schifani» coniata da Nicola D’Agostino, da poco rientrato nelle grazie presidenziali. Così, in un continuo rimescolarsi di carte, nella corte di Palazzo d’Orléans, nulla è come sembra. Prendiamo la sfibrante trattativa sui manager. In apparenza è una corsa ad accaparrarsi sedie e strapuntini per gestire il potere nella sanità siciliana. Ed è vero. Ma come non notare, ad esempio che qualcuno sta giocando anche un’altra partita: quella per “svuotare” Forza Italia, alimentando i mal di pancia dei deputati regionali tenutari di nomine promesse che non potranno essere tutte esaudite. E se ci fosse, fra gli altri alleati, qualcuno che sta incastrando i pezzi del puzzle in modo che sia Forza Italia (e dunque Schifani) a uscire indebolito dalla fuga dei delusi? Sono i massimi esperti in spartizioni siciliane, ben più allenati di chi era abituato ai velluti incantati di Palazzo Madama, a tirare i fili. E la visita resa sabato, come rivela Repubblica, da Totò Cuffaro a casa di Raffaele Lombardo che l’ha invitato per chiedergli (e, in parte, ottenere) una “tregua” sui tanti fronti aperti è soltanto il simbolico totem di ciò che sta succedendo e che succederà alle spalle del presidente.

 

 

La schiettezza di Cuffaro

Cuffaro è stato schietto nel “vaffa” recapitato in Presidenza dopo la raffica di no sui manager, ma poi ha piazzato due dei suoi, uno in “condivisione” con Lombardo. Il quale, fino a poco tempo prodigo di pubbliche filippiche al governatore, ha trovato l’accordo con Schifani sui rifiuti. Ma le strade dei due ex governatori restano separate: il leader della Dc si mantiene ligio all’asse con Luca Sammartino (con il quale si sarà magari dovuto quasi giustificare per il vino donato al nemico), immobile nella sua posizione di fedele pretoriano del governatore, nonostante il gelo calato con Matteo Salvini sui fondi del Ponte. Mentre il patron autonomista continua a fare il mazziere su diversi tavoli. Uno è quello leghista, con la simbiosi, quasi stile Boncompagni-Ambra, con la commissaria regionale Annalisa Tardino, che i sammartiniani provano a defenestrare. E c’è pure chi, da qualche giorno, diffonde una voce clamorosa: Raffaele Stancanelli, eurodeputato uscente “ripudiato” dai meloniani, in campo come nome forte del vicepresidente salviniano della Regione? Secca smentita dalla Lega e dal diretto interessato, pur «lusingato da un’eventuale stima che magari altrove non mi hanno più mostrato».

 

E Lombardo?

Una seconda linea di dialogo, ben più nascosta, di Lombardo è con un altro vecchio potente coi baffi: Totò Cardinale. Uscito dalle grazie di Palazzo d’Orléans, l’ex ministro democristiano, grazie alla mediazione di Nino Minardo (già coordinatore regionale del Carroccio, travolto dalla marea ex renziana), ha ripreso a parlare con Lombardo. Fra gli argomenti l’idea, lanciata al Capitano tramite il “suocero” Denis Verdini e poi affinata con Lorenzo Cesa, di rinvigorire l’Udc per farne una costola centrista della Lega. Il che, oltre a garantire qualche rendita di posizione (e di scranno) a Roma, in salsa siciliana significherebbe minare gli equilibri nel centrodestra. In funzione soprattutto anti-Cuffaro. Ma con qualche effetto collaterale negativo anche per Schifani. C’è stato persino il tentativo, embrionale e poi abortito, di formare un gruppo all’Ars, mettendo assieme a Serafina Marchetta (moglie del segretario udc Decio Terrana) e Ignazio Abbate, anche forzisti di matrice Sicilia Futura o comunque vicini a Cardinale: indisponibili Tamajo e D’Agostino, gli altri corteggiati, sinora con scarsi risultati, sono stati proprio i deputati azzurri Gaspare Vitrano, Michele Mancuso e Riccardo Gennuso, con lo sguardo attento anche ai delusi di altri gruppi. Non se n’è fatto nulla, almeno per adesso. Ma il progetto di «un punto di riferimento per i movimenti civici e territoriali, ma anche per tutti quei moderati delusi», più volte declamato da Minardo, resta in piedi. Lombardo, già deluso dalla federazione-bis con Salvini, potrebbe essere interessato. Ma per ora si tiene fuori da questa mischia centrista.

 

I giovani amici di FdI

Il leader autonomista parla anche con i suoi giovani amici di FdI. Con Ruggero Razza, del quale ammira la materia grigia, intreccia nomi e caselle dei manager per massimizzare i risultati e mettere in difficoltà gli altri alleati. E con Gaetano Galvagno, suo ex pupillo nell’Mpa, tratta i punti che stanno più a cuore a FdI: la norma salva-ineleggibili (per velocizzarla c’è stato un potente input romano da Francesco Lollobrigida) e la sanatoria per le ville abusive sul mare, ma prima ancora una convergenza d’interessi sulla reintroduzione delle Province. Con l’idea di recepire anche in Sicilia lo stop al limite di mandati per i sindaci dei comuni con meno di 15mila abitanti. E i big meloniani, soprattutto l’influente Manlio Messina, ma pure Salvo Pogliese, affrontano spesso con Lombardo temi di cui dovrebbero parlare con Schifani. Che ha ringraziato Giorgia Meloni per la nomina a commissario straordinario sui termovalorizzatori, ma dovrebbe pure sapere che i Fratelli di Sicilia hanno già avviato il conto alla rovescia con le lancette puntate sul 2027. Quando il “modello Musumeci” già applicato in Sardegna per sbarrare la strada al bis di Solinas, tornerà fatalmente utile sull’altra isola dov’è stato coniato. E già sperimentato.

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in: LASICILIA.IT © 

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