ARTE ed ETICA: il connubio perfetto nella silloge poetica "L’invisibile nutrimento" di Myriam De Luca - di Guglielmo Peralta

L’invisibile nutrimento è il titolo dell’ultima silloge poetica di Myriam De Luca. Esso è una metafora, in cui è subito esplicito il tema centrale della raccolta, la quale ha il suo principio e sviluppo in ciò che la metafora suggerisce, e cioè una delle infinite definizioni della poesia, nonché una sua condivisibile utilità. La Poesia, infatti, resta celata agli occhi e si concede in interiore allo sguardo in quegli istanti di grazia, di cui esso gode ‘alimentandosi’ delle improvvise illuminazioni. Questo godimento spirituale racchiude il senso e l’utilità della scrittura, della poiesis che - c’insegna la filosofia - è il ‘fare’ dal nulla, l’attività che lascia ‘apparire’ qualcosa che prima non esisteva, e che per la De Luca è l’Invisibile: l’ombra, alla quale la parola deve il suo splendore. Questa umbratile luce narra il grande amore della nostra poetessa per ciò che infinitamente l’attrae e l’intrat-tiene elevandola spiritualmente. Per lei la vita è questo binomio di amore e poesia, è la loro unione armonica che si ‘traduce’ nel ‘sentimento’ della Bellezza che l’aiuta a superare, a sopportare le contraddizioni, le delusioni, le miserie umane, alle quali è meglio non opporsi e lasciare “che accada” ciò che non è possibile evitare, senza disperare in un futuro migliore, nella certezza che la fede, che è “amare al buio”, porti qualcosa di nuovo, di buono, e nella consapevolezza pascaliana della grandezza dell’uomo, il quale può lottare contro la propria miseria e arginarla solo ritrovandosi in sé stesso, nell’intimità profonda, dove può comprendere (cum-prehendere) l’universo, nel ‘dolce naufragio’ dell’io nell’essere infinito. Questo amore, vissuto in simbiosi con la poesia, nutre la De Luca e le consente di evadere dalla routine del quotidiano, e quando “irrompe all’improvviso / in un giorno in cui sembra / non mancare nulla”, esso soddisfa il suo ardente desiderio di purezza, d’innocenza, di gioia: stati d’animo, questi, che ella riceve dagli esseri più indifesi della natura, come raccontano questi versi: “Attenta è l’anima / a ricevere il brio / degli uccelli in festa / Si posa la luce sui loro / piumaggi morbidi” e “L’amore percorre / chilometri di solitudine / si fermerà soltanto / per abbracciare la pace”. All’amore si lega l’ottimismo della Poetessa, la quale non si lascia mai scoraggiare o vincere dalle avversità inevitabili della vita, certa che perfino “l’indesiderabile si realizza / puntualmente”. E perciò ella non esita a credere nei propri sogni e a camminare “tra gli inciampi”, con “la voglia di possedere / ciò che non si può toccare / di spingersi al di là / di ciò che non si può spiegare”. Qui, in quest’oltre inconoscibile e ineffabile è il flusso incessante della scrittura, perché essa è la promessa del canto sempre rinnovata e differita, ed è la gioia e l’angoscia, il nutrimento dell’anima che ac-coglie l’invisibile presenza, il soffio sottile che ne cura le ferite e le dà nuova linfa vitale e un forte senso di libertà: “Respiro / come un vaso nuovo / Verso / aria nuova nella mia bocca / Soffio / polvere d’oro sulle mie crepe / Scorrazzo”. Sono le parole innamorate - quelle che la poesia sceglie e battezza, e perciò più prossime al mistero - la “polvere d’oro” che può colmare l’abisso nel cuore dell’uomo, perché esse provengono dalla profondità che riflette le alture celesti e consentendo di stabilire il contatto con la segreta sorgente si fanno mezzo di conoscenza, orme dell’Invisibile che segnano il cammino della Nostra rilevandone lo stile inconfondibile, la dis-misura d’amore: quello in grado di coprire tutti i vuoti  e che ha compagne l’umiltà e la libertà, che la De Luca si augura possano rendere manifeste due sue caratteristiche importanti: “Vorrei che l’umiltà / raccontasse della mia forza / e la libertà ricordasse il mio sorriso”. Sono versi, questi, che rispecchiano la sua personalità, le sue intenzioni, i suoi desideri. L’umiltà e la libertà, cui si legano, rispettivamente, la determinazione a proseguire il cammino sulla via del bene e della bellezza, e la leggerezza che affiora sulle labbra in quel sorriso di stupore ‘bambino’ che non l’ha mai abbandonata e con cui ella affronta e supera la pesantezza del vivere quotidiano, sono le doti che ne rivelano la grande umanità, che solo si può conquistare con la consapevolezza che bisogna operare per il cambiamento e per una vita più felice, autentica: “Piume e macigni si sfiorano / nell’aria / Vive le mie visioni / libere dai limiti materiali / dell’esistenza / Sono più forte, più felice / perché più essere”. Ed è in virtù delle “visioni”, che le concede l’immaginazione, che ella può percorrere “la via solitaria del cambiamento”, procedere per terre asciugate dal sole”, spingersi là dove l’oscurità abbandona le sue ombre e “non è più offuscato il confine / che si apre limpido davanti alla luce” dell’“ignoto” che “Sguardi rivelatori / abbracciano”. Ed esso è la ‘verità’ che, restando invisibile, le si concede, per la sua fedeltà, nella forma del sogno, il quale è mundus imaginalis che si fa mondo reale e opera d’arte.

Secondo Wittgenstein «l’opera d’arte è l’oggetto visto sub specie aeternitatis; e la vita buona è il mondo visto sub specie aeternitatis. Questa è la connessione tra arte ed etica»[1]. Alla Poesia si deve questa visione eternatrice, ed è attraverso la poiesis, l’immaginazione creatrice, che la De Luca interpreta il mondo, ne “ruba” le “forme” e le rende conformi al suo cielo interiore, dove il mondo si trasfigura nel “linguaggio inedito / del cielo”, nell’ascolto della “indicibile saggezza / della sua sostanza”. Si comprende, allora, che la sua anima si nutre delle forme dell’arte e dell’etica e che ella vive questa spiritualità, alimentata dall’invisibile, nella vita concreta e nel contatto magico con la natura  e con i suoi elementi. E in questo in-canto, Tutto sembra partecipare dell’eternità, che fa il paio con la Bellezza: l’altro nome della Poesia, della Verità, dell’Essere. E una nuova vita e una nuova temporalità promette il cammino che crea nuove certezze; che alimenta la fede nella rinascita nella luce del sentimento eterno dell’amore, il quale «s’apprende» alle pietre e ai sensi.

Nella foresta dei violini / io cerco musica per l’anima / Tutto vive e tutto ha occhi / Odo tra gli abeti rossi / il nugolo degli uccelli / il leggero bisbigliare / delle foglie.

Vibrante e potente / è lo scorrere della vita / nella terra, nell’acqua, nell’aria / Rinasco nella luce / che si posa sulle pietre / vive d’argento / nei sensi assetati di incanto.

 

 

 


[1] L. Wittgenstein, in Tractatus logico-philosophicus

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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