“Cinzia Tani: la pena di morte. Nessuno tocchi Caino. Ed Abele?” di Antonio Saccà

Una recente manifestazione del Centro Sociale Anziani APS,con il patrocinio del Comune di Morlupo e gestita dell’Associazione MorlupoCultura, retta dallo scrittore Danilo Micheli e dal giornalista Marco Rho(Sala Multimediale Gino Sdoja), ha ospitato, come è solito modo di questa animata Associazione , la scrittrice Cinzia Tani, la sociologa Chiara Narracci, Francesco Ventimiglia, Massimiliano Pappalardo, i Luogotenenti  Francesco Madotto e Giovanni Tablili. Giulio Castellani, al flauto, Adriano Mastrolorenzo, alla chitarra acustica facevano da sottofondo musicale. Gradevolissimamente.  Intermezzi filmati. Marco Rho, come usa fare, porgeva domande conciate secondo gli interlocutori. Al presente mi limiterò al testo di Cinzia Tani.

 Anche se giornalista in programmi televisivi, Cinzia Tani è fondamentalmente scrittrice, con vocazione a narrare quali  protagonisti assassini, pazzi, criminali,dementi, ladri…In tempi andati ho recensito suoi volumoni , personaggi  e casi da atterrirsi, ora questo “L’ultimo Boia.Storia di un Pubblico Giustiziere pentito”, Editore Vallecchi,è il vertice dell’insieme, e l’Autrice, per adempiere questa risultanza si finge “ultimo Boia” e scorre le “sue” impiccagioni  da un condannato all’altro, con precisazione sul modo di impiccare magistralmente.  Cinquecento impiccagioni. Il nome nella realtà del Boia, Albert Pierrepoint, inglese. Figlio, parente di boia, che vengono oltrepassati, pur valenti, da Albert. Il primo racconto di fatti accaduti ,Cinzia Tani come Albert Pierrepoint  tratta di un medico, Crippen, il quale si innamora di una donna  velleitaria, prepotente, irascibile, fallita come cantante-attrice, e la sposa. In quanto medico Crippen ha difficoltà, cambiamenti, riesce e cade, riesce, e se gli va bene addirittura paga chi può elogiare  o dare  possibilità di spettacolo alla consorte,Cora. Niente risolto. Separazione. Crippen  si innamora di una giovane infelice che, bisognosa d’amore, ama a sua volta Crippen.  Cora diventa, apprendendo,  arrabbiatissima e minacciante, insomma Crippen la uccide, la nasconde, fugge con la giovane amata amante travestita da giovane maschio.Si imbarcano,vogliono vivere  non azzannarsi. Il comandante della nave coglie che il giovane non ha corpo mascolino e si intrattiene con il supposto padre come un amante verso l’amante. Telegrafa , l’uccisione di Cora o la scomparsa sono diffusi. Sbarco  arresto. Inciminzione. Il solo scopo del dottor Crippen fu salvare la giovane amata.  Crippen,   verrà impiccato.La sua amante, Ethel, vivrà, ed in futuro si sposerà . Cinzia Tani non fa notazioni, racconta. E prende chi legge per i fatti, con i fatti. E questo sventuratissimo Crippen ucciso goccia goccia da una donna impropria, Cora, e condannato a morte quando ama una donna che potrebbe farlo vivere  entra nell’animo del lettore.
Impossibile, ingiusto riassumere. Bisogna attingere alla narrazione  testuale. La descrizione della guerra e dei campi di sterminio,la rappresentazione di nazisti che aggiungevano crudeltà personale alla crudeltà della guerra , donne criminalissime , specialmente, la possibilità del dominio le risarcisce di infanzie oppresse, ma non voglio teorizzare né teorizza Cinzia Tani. Ed anche,impotenti sadici, che straziano  le donne forse non riuscendo a possederle. Assassini coattivi, la ripetizione, i seni lacerati, il sesso sventrato, la gola soffocata…Cinzia Tani non cerca l’effetto, lo rappresenta, anzi:lo presenta.Narra una sequenza di fatti così stringati , conseguenziali, così invocativi di continuare la lettura, che non si riesce a staccarcela ,se inizia dobbiamo avanzare. Una sequenza di personaggi storti…Sbalza un altro personaggio,  da stimare, un vivisezionista immerso nella investigazione per scoprire  le peripezie delle uccisione e darne conoscenza. Chiuso nel laboratorio, inventore nella tecnica indagativa, stimatissimo, richiestissimo,  ha  vita micidiale,la morte del figlio in guerra, la morte di un altro figlio, non regge, si uccide:Bernard Spilsbury.

Un libro, questo di Cinzia Tani resa Albert Pierrepoint con flussi di vita-morte ,pagine che entrano dagli occhi al sentire.  E personaggi a miriade. Lo stesso Pierrepoint che dice di sé, del padre alcolista morto anzitempo, della madre stimata, del tenere segreto , almeno cercare, le impresi di boia, lo zio Tom, boia come il padre di Albert, la sposa di Albert, vita, vita, e morte.

L'ultima narrazione ,per la concitazione  della susseguenza degli eventi e dei personaggi, si imprime in chi legge e vive quel che legge. Esistenze scombinate,

Impossibile tralasciare l’episodio che aggiungo.Una donna, Ruth Ellis,spiantata, raminga ,infine occupazione in un ritrovo, intrattiene i clienti, li induce a consumare, può anche fare sesso, se non è bella deve tuttavia attrarre, e si acconcia, gli uomini  le fanno corona. Si sposa, un figlio, il matrimonio perisce, uomini, uomini, ed uno, , guidatore sfortunato di macchine da corsa, donnaiolo,il suo nome è David, si avvincono, Ruth e David,  violenze, insulti, abbandoni, ritorni, Ruth ha un uomo che la sorregge, amante non amato, asservito e generoso,potrebbe anche sistemarsi, lavora persino come responsabile di un locale ma sembra volta alla distruzione, ancora David, sospetti, turbolenze, gelosie, menzogne, David cerca di fuggirla, temendola, anche.Impossibile  occultare David in Ruth, lo mantiene nel sangue , non ne può fare a meno, David  cerca di farne a meno , Ruth impazzisce ,non dorme, deve cercare e trovare  David , che di certo ha qualche femmina e la tradisce. Cerca e trova, ma è in compagnia di un amico, Ruth spara comunque, spara e continua a sparare, vuole uccidere e uccide.Processata non smentisce la sua volontà di uccidere ,né vuole essere ritenuta pazza. E’ condannata alla morte. E di certo voleva non soltanto uccidere ma uccidere anche se stessa , morta alla vita senza chi, David,pur tormentandola, era la sua vita.

Siamo alla fine del libro e delle memorie del Boia sotto veste di Cinzia Tani, la pena di morte inizia ad essere mal sopportata dopo secoli di affermazione,ha contro fondamentalmente che è una decisione irrevocabile, e se intervenissero fatti o intendimenti ulteriori non potremmo mutare quanto compiuto. Poi, certo, la questione del volere libero, difficilissima questione . Vogliamo agire  o c’è un volere sottostante alla libertà presunta del volere che ci obbliga a sentirci liberi ? Libertà è fare quel che sentiamo di fare, ma sentendolo non lo decidiamo!  E poi: fa decrescere la volontà di uccidere, la pena di morte?Sospendo la faccenda. Vi  ’è altro. Cinzia Tani, nell’estremo lembo del suo implacabile scritto che incatena lo sguardo da un personaggio ad un personaggio, immette opinioni di noti scrittori contro la pena di morte:NESSUNO TOCCHI CAINO. Come detto, la irrevocabilità mi induce a farmi ostile alla pena di morte. Però, Cinzia Tani inoltra la  determinazione pure alla evitabilità della pena assoluta, l’ergastolo. Sopravvivi, ma in galera per sempre. A quanto pare, la condanna dovrebbe costituire possibilità di tornare redento alla società. Ho vissuto direttamente questa evenienza e non posso  né voglio tacerla. Mio padre fu ucciso al mio nascere da un delinquentaccio il quale vendicò lo schiaffo che mio padre impresse nel figlio di chi lo avrebbe ucciso , a Villa Mafalda, Catania, il ragazzino bruciacchiava un anziano indifeso. Il figlio corse dal padre, il padre si armò, raggiunse mio padre che rivedeva i figli sorvegliati dalla domestica  e lo uccise. Mia madre impazzì , noi figli nel diluvio. Dopo anni, ricongiunti, mia madre era sollecitata  a consentire  permessi, condoni, teneva il foglio in mano, lo sguardo fuori dal mondo. Una volta sola accennò con voce minima che chiedevano il consenso per liberare l’assassino. Mi guardava, io ero identico a mio padre, come se  le suggerissi la risposta, scriveva:NO! Da parte mia vorrei non solo che sia morto in galera ma spregiato. Non riesco a comprendere perché il dolore ed il male lo devono sopportare coloro che hanno subito dolore e male. Sarebbe opportuno fondare una Associazione: Nessuno tocchi Abele. Non riesco a comprendere:mia madre vedova, dal benessere a difficoltà, quattro figli, neanche un centesimo dall’assassino, il padre ucciso  e dovevamo rimetterlo in libertà!Rieducarlo, certo, e se pentito in galera cosciente di meritarla.Era già stato fin troppo perdonato lasciandolo vivere.

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