“Giorgio Bosco. La persistenza della responsabilità umana” di Antonio Saccà
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- Category: Scritture
- Creato: 05 Luglio 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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Spiace scrivere di un libro postumo ma è il modo per ricordare, specie quando si tratta di un amico, Giorgio Bosco , Ambasciatore, Docente di Diritto Internazionale , Autore di libri, saggi ,articoli non trascurabili. Ne feci conoscenza molti anni passati, da Armando Verdiglione , soprattutto Senago ,vicino Milano ,dove Verdiglione stabiliva le sede fondamentale, Villa Borromeo. Bosco a sua volta mi fece conoscere Maria Grazia Melchiorri, della quale egli era collaboratore sostanziale nel redigere la Rivista di Studi Politici Internazionali diretta da Maria Grazia Melchionni, nella quale pubblico. Giorgio Bosco era un uomo alto, lievemente curvo come sovente gli uomini alti e dopo anche per l'età, signorile, ben messo nel vestire, cordiale, affettuoso ,premuroso , inviava ritagli di stampa di argomenti che credeva mi interessassero ,ci vedevamo sia nei convegni sia privatamente e anche con Maria Grazia Melchionni, scrissi una Prefazione ad un suo libro, “Il masso di Sisifo”, per le edizioni Studium e ora sempre Edizione Studium in legame con la Rivista di Studi Politici Internazionali esce un libro, disgraziatamente postumo, dicevo: “La Croce Rossa Internazionale e il Diritto Umanitario”. Ne è promotore anche il figlio Eric. Riguarda il diritto a fini umanitari, la salvezza, come il diritto può tutelare l'uomo i: torture, maltrattamenti, impossibilità di difesa, abusi sessuali e quant’altro possa ridurlo a condizione degradata, imposta e ingiustificata. Problematica visibile nella realtà, ardua nei rimedi. QUANTI PAESI SONO DISPOSTI A PROCESSARE LE PROPRIE MANCANZE, PROCESSARE SE STESSI? Che mezzi possiedono i tribunali, gli organismi internazionali per rendere coattive le loro norme? Quali sanzioni possiedono effettualmente gli organismi internazionali per eseguire inviti, condanne? E poi, il gran sospetto: se gli organismi internazionali accusano taluni paesi esiste il rischio che sia dovuto alla volontà di intervenire all’ interno, svilirlo, additarlo al giudizio mondiale? Bosco nella oggettività scientifica, cognitiva rivela tuttavia passione umanistica in difesa dei diritti ad essere, processato, tuttavia garantito, e nello stesso tempo processato se trasgressore. Straripa di cognizioni, leggi, regolamenti, incontri, il tutto per giungere alla attuazione del diritto non limitandosi alle esortazioni morali. Ma il dilemma persiste: gli organismi internazionali sono sbarrati dalla sovranità nazionale, e per infrangerla occorre forza , addirittura guerra, con i pericoli dichiarati, considerare taluno trasgressore per colpire o limitarsi alle buone intenzioni. Ma Bosco coglie il punto: in ogni caso indicare quanto di inaccettabile “umanisticamente” compiamo contro l’uomo. Conoscere è la premessa dell’agire.
Bosco era interessato al futuro, e segnatamente all’automazione. Stiamo andando verso un'epoca di automazione, di laboratorizzazione della vita e della natura , l'uomo si espropria di se stesso, persino le guerre divengono calcoli automatizzati delegati alle macchine , individuare ,colpire l'avversario il più potentemente possibile ma senza un diretto intervento umano, senza vedere il prossimo, l’uomo contro l’uomo. Non che questo non accadeva ma diventerà assoluto. CIO’ POTREBBE COSTITURE UNA PERDITA DI RESPONSABILITA’ SULLA TREMENDA SCELTA DI UCCIDERE. FANNO TUTTO LE MACCHINE. Automatizzazione nel lavoro, laboratorializzazione della natura, guerra che uccide l’uomo “macchinalmente”, che resta dell’uomo nell’uomo? L’UOMO DEVE RRESERVARE UOMO, SENTIRE IL PESO DEL BENE E DEL MALE, E SE VUOLE OLTREPASSALI SIA MA RESTANDO UOMO. SENTENDO.IL SUPRERUOMO MECCANICO NON E’ IL SUPERUOMO NELL’UMANO. Su questo. Bosco dice qualcosa di fondamentale anche in altri aspetti: non delegare al puro calcolo algoritmico se stessi, mantenere l'umano nel diritto e nella realtà diritto internazionale. nazionale umanistico che deve partire e restare nell'uomo con la responsabilità dell’uomo. L’uomo resti responsabile delle proprie azioni.