“Il mio diario – 6” di Antonio Saccà

08-03- 1978

Gli uomini vivono più di futuro che di presente . Ma nel futuro perché  vedere solo speranza e non  piuttosto la morte? Sperare nel futuro! Che frase è semplice frase. Il futuro è la morte e chi rimanda al futuro ,ha lo sguardo al futuro, la speranza nel futuro, e non vi scorge anche la morte , è miope, è cieco, è pazzo.  Noi non riusciamo a vivere in un mondo privo di illusioni; è certamente un'illusione che un giorno  esista un mondo talmente felice che non necessita di illusioni. Ma allora  perché coltivare l'illusione che l’illusione si compia!? Codesti utopisti: esaltano che l'uomo sogni e cullano il sogno che tali sogni divengano realtà. Ma se di vengono realtà non sohgneremmo più. L’utopia ‘e utopistica o può diventare realtà ?

L’utopista dice: un giorno -oltre la tua singola vita. Egli discorre per interi cicli umani. Io, disgraziatamente , vivo una sola volta pochissimi anni. Gli scopi dell'umanità nel suo insieme utopico mi lasciano indifferente, non vedrò tali scopi). Se dovessi scegliere la mia vita(in nome della)  speranza , la Chiesa  Cattolica donandomi la felicità più radicale e immortale sarebbe la mia scelta più conveniente. Utopia per utopia scelgo, sceglierei , la più felice nelle promesse. Questi teologi atei avversari di possibili paradisi, quindi profeti della speranza e della felicità , mi lasciano tutto il peso della morte. Che felicità possono dispensarmi se non mi dispensano della infelicità della morte! Credono che le religioni siano speranza terrena distorta .  E invece la morte ed il consolarsene rende e renderà vigorose le religioni.  E’ però anche vero che uomini degradati  possono  non sentire la morte. Dubito però che costoro sentono la vita.

 

20-08-1978

Uccise leb guardie a protezione, hanno rapito Aldo Moro , importante uomo politico  italiano. Quel che più conta è la vita o la morte. Ma (anche) ragionare di politica, perché rapito, e tanto ferocemente? Qualcuno vuole mettere paura agli italiani? Intende anche costringerci a stabilire  un governo forte? Cioè proporre i comunisti quale sola condizione per una Italia ordinata? Sembra che questi assassini vengano dall’EST. Chissà se gli italiani capiranno l’incredibilità di comunisti che ci difendono dalla Russia. Un paese che ritiene i comunisti capaci di aiutare l’economia privata e le libertà liberali, e però anche concepire (altre) assurdità. Gli italiani hanno perduto consapevolezza di quel che è lotta di potenza, espansione, dominio straniero. Credono tutti in buona fede e credono amici tutti e siamo amici di tutti. Noi non lottiamo per difendere alcunchè, né riteniamo che dobbiamo difenderci. Se non reputiamo la Russia(Unione Sovietica) nostra nemica sarà la fine. (Queste mie opinioni vanno poste nell’epoca, ovviamente)

Alberto Moravia prende posizione  sulle circostanze della nostra vita pubblica.  Egli si discosta dal Paese in cui è nato, l’Italia. Non sente né quanto fa il Potere né quanto fa l’eversione.. Vorrebbe una realtà totalmente diversa.  (Scrive)”Questo sentimento di estranietà non è affatto un sentimento di indifferenza ma di rifiuto straziante a forza di totalità e di impotenza. E’ un sentimento che può essere concretato in questa frase: “no, non è cos’, non deve essere cos’’”.  Questo sentimento di estraneità  Gli è doloroso. E’ certamente comprensibile tale cdolore(di) sentirsi estraneo alla cultura ed alla nazione a cui ha contribuito con “il lavoro di tutta una vita”.

Curioso, Moravia., Prende posizione per ogni venticello , poi, quando gli eventi si fanno, a Suo stesso dire, “storici” , si sente estraneo, - se pure non indifferente, anzi, come intellettuale “ non gli si può chiedere di sentirsi implicato e partecipe  alla maniera degli altri cittadini,di illudersi ed illudere  che ciò che sta succedendo , succede per la prima volta”. Domanda; a Moravia il terrorismo fa nausea, schifo quanto la politica del potere? (Scrive):”Il terrorismo più efficace è pur sempre quello dello Stato: i gruppi uccidono simbolicamente , lo Stato statisticamente”.

 

21-03-1978

Sono a Messina.

Mio nipotino Carletto  mi gira intorno. Si allontana. Torna. Mi guarda. “Senti, è vero che starai tutto  il giorno con me?”. Il giorno per lui vuol significare la vita. Ha tre anni. Comincia a sentire che quanto amiamo può allontanarsi, perdersi Quando la fiducia che l’oggetto dell’amore  non sarà sempre a portata di mano e fisso,ed invece possiamo , dobbiamo separarcene  ed accettarne la dicontinuità,allora non sarai oiù felice, né, ancora, bambino.

Con nipotino Carletto,, una villa dove esiste l’acquario. Ma l’acquario è chiuso.”Non possiamo entrare, Carletto”. Carletto  insiste che vorrebbe. “Peggio per lui!”, grida. Gli dico:”Ti porterò domani”. Non mi ascolta. Domani: speriamo che non capisca nncora questa parola. La felicità rinviata. E’ l’inizio della morte.

 

NOTA

Il testo è del tutto come l’originale con minime correzioni ortografiche. Le parole in parentesi sono aggiunte odierne. Credo che nel periodo  iniziai a scrivere il mio  testo: VITA E MORTE DELL’UTOPIA, edito da Spirali, da ciò le considerazioni sugli utopisti. La mia critica non è soltanto alla irrealizzabilità  delle utopie, soprattutto che gli utopisti negano la morte e l’individuo. Credo di essere tra i pochi a comprendere una notazione di Karl Marx, utopista serio, tuttavia. Marx afferma che la morte non è una connotazione individuale ma della specie. Insomma, l’individuo  fa parte  di una specie mortale,si tenga questa caratteristica. Assurdità. FACCIAMO PARTE DI UNA SPECIE MORTALE MA COME INDIVIDUI, SINGOLI, UNICI. Non siamo obbligati a farne tragedia, ma di sicuro  non possiamo  non considerare che moriamo come individui non come “specie”, quand’anche morirà la  specie. Un utopista estremo, Dom Duschamp, spero sia corretto , si spinge , per non incorrere nel pericolo della infelicità, a sostenere che in futuro gli uomini saranno talmente identici che l’uno e l’altro  si daranno il cambio. A tale degradazione si  inoltra la speranza di una felicità terrena. Basterebbe  essere felici senza troppe illusioni e nonostante la morte.

In quandon al delitto   dell’uomom politico Aldo Moro, poco da dire, fu una platea di atteggiamenti. Io con Alberto Moravia avevo avuto un eccellente rapprto, fu Moravia che mi pubblicò i primi testi di ampia diffusione sulla rivista che dirigeva:NUOVI ARGOMENTI. Poi me ne distaccai. Sul “caso” Moro  è davvero  discutibile. Comprensibile che non si fosse con il potere, diciamo, ma nel concreto si trattava di salvare Aldo Moro. E di capire perché non venne salvato. Il sentirsi o non sentirsi estraneo  era questione  fuori  ai luogo. E rilevante, ma in altri momenti. Moravia teneva ai rapporti con gli “oppostori” del “sistema”. Svolgemmo , Lui ed io , una conversazione che doveva uscire su di un quotidiano estremista, seghestrato proprio quando doveva uscire l’intervista, ma non per l’intervista. Moravia se ne dispiacque.

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