Il “risveglio” della ragione genera mostri – di Ciro Lomonte
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- Category: Scritture
- Creato: 05 Febbraio 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Venerdì 24 gennaio 2025 il prof. Antonio Malo ha presentato nell’aula magna della LUMSA di Palermo i risultati delle sue ricerche rigorose su un fenomeno da tempo costantemente sotto i riflettori, il cosiddetto “risveglio”, ricerche raccolte nel voluminoso saggio Vittime e oppressori. L’ideologia Woke (EDUSC, Roma 2024).
Alle volte si percepisce un clima di tensione e di scontro in cui i difensori delle “vittime” sbattono la porta in faccia e negano il dialogo agli “oppressori” (chiunque in questa ideologia lo è potenzialmente – anche se inconsapevole – non soltanto maschi, bianchi, eterosessuali, cristiani, razzisti). È una formula subdola per impedire di esercitare il buon senso, più pervasiva (a volte altrettanto violenta) di quella descritta nel 1984 di George Orwell. Winston Smith, protagonista del romanzo distopico, scrive nel suo diario: «La libertà consiste nella libertà di dire che due più due fanno quattro. Se è concessa questa libertà ne seguono tutte le altre». Afferma in questo modo la sostanziale equivalenza fra il pensiero totalitario e l’imposizione di equazioni sbagliate. Winston Smith scrive ancora: «Se il partito dicesse che due più due fa cinque, e prima o poi lo farà, dovremmo crederlo. D’altronde, come sappiamo che due più due fa quattro?». Conosciamo bene l’epilogo amaro del romanzo, non perché il partito avesse gli strumenti per cambiare la realtà, bensì perché poteva far perdere l’uso della ragione con le torture (sevizie sofisticate, che non producono martiri, non producono il desiderio di emulazione).
A ventisei anni dall’uscita del film Matrix c’è chi attribuisce un valore improprio al dramma di Keanu Reeves (Neo), quando deve scegliere tra pillola rossa e pillola blu. La pasticca rossa della conoscenza svelerebbe il mondo com’è realmente. La pasticca blu della tranquillità permetterebbe di continuare a vivere nel mondo illusorio finora sperimentato. In fin dei conti i complottisti fanno il gioco di chi gestisce l’informazione, l’istruzione scolastica, la manipolazione delle coscienze. Nella grande confusione che impera oggigiorno, gli araldi del “libero pensiero” sono i più compromessi di tutti con chi desidera creare chimere da laboratorio di un mondo al contrario. Le persone davvero libere sono ostracizzate ed estromesse. In questo contesto è divenuto difficile persino attribuire il corretto valore alle parole.
Facciamo l’esempio di quei siciliani che propongono il risveglio della coscienza identitaria dei propri connazionali, perché convinti di essere colonia della penisola italiana a partire dal 1816. In questo caso il risveglio è ben diverso dal woke, la coscienza non è intesa in senso hegeliano o gramsciano, identità è qualcosa che riguarda l’essere della persona in un qui geografico e un adesso storico. Si basa sulla metafisica dell’atto di essere, sul principio di non contraddizione, sul senso comune, sui documenti di archivio, sulla ricerca onesta della verità. È sempre più frequente invece accorgersi che si stanno usando le stesse parole con significato molto diverso, soprattutto in presenza di ideologie che pretendono di sostituire una egemonia con un’altra.
Alasdair MacIntyre, nel saggio Enciclopedia, genealogia e tradizione. Tre versioni rivali di ricerca morale, sostiene l’intraducibilità fra di loro dei linguaggi del razionalismo illuminista, del nichilismo nietzschiano, della fiducia gnoseologica della filosofia cristiana. I tre sistemi di pensiero (e i tanti altri che sono stati elaborati) attribuiscono valore molto diverso alle parole donna, uomo, famiglia, bambini, società. La gente è stufa delle aberrazioni dell’ideologia woke, ma di rado ha gli strumenti per una rinascita del buon senso. L’attuale babele di linguaggi richiede testimoni del rapporto fra realtà e verità, una sfida quanto mai ardua ed appassionante. Quello che è certo è che il “risveglio” della ragione (in realtà un vero e proprio stordimento luciferino) genera mostri, da incubo.