L'epifanica "Aurora" di Adalpina Fabra Bignardelli - di Maria Patrizia Allotta

Scrivere poesie non è difficile;
difficile è viverle.
 
Charles Bukowski
 
 
    Bellezza lieve come pioggia settembrina, magnificenza delicata come carezza al cuore, incanto essenziale come mandorlo in fiore, splendore durevole come profumo di mare. 
 
    Sono queste le qualità che caratterizzano la raccolta di poesie dal titolo Aurora voluta da Adalpina Fabra Bignardelli la quale, ancora una volta, si conferma poetessa dotata di garbo e sensibilità ma anche di valore e pregio.    
    Un testo edito da Carta e penna, composto da pochissime pagine - 32 in totale - esteriormente piccino, sottile, smilzo, umile nell’impaginazione e chiaro nella grafica, ma soprattutto essenziale nella forma e nel contenuto.
    Non si scorgono foto, o ritratti, oppure immagini, tranne la copertina realizzata in carta liscia, semplice, lucida, simbolicamente familiare, scelta come a volere, appunto, evocare quel rosso magico dell’aurora che epifanicamente dona speranza.
    All’interno della silloge, dunque, niente orpelli, né fronzoli, né infiorettature; nessuna architettura baroccheggiante o strutture ampollose, o costruzioni enfatiche, oppure connessioni sovrabbondanti.
   Non si intravedono neanche eccessi lessicali, sproporzioni sintattiche, stonature espressive.
   Nessuna maschera, niente infingimenti, neanche una finzione.
 
    Soltanto ordine, stile, eufonia. Esclusivamente equilibrio, armonia, assonanza. Unicamente consonanza, verità, concordia.
 
       E soprattutto bellezza lieve, magnificenza delicata, incanto essenziale, splendore durevole così, come non a caso, si diceva all’inizio.  
 
    Una bellezza lieve suggerita da un fiato lento eppure vigoroso, capace di emanare parole danzanti dette a fior di labbra, quasi bisbigli, cenni, sussurri, capaci, comunque, di proclamare l’autenticità del verso che appare limpido nella sua totalizzante dimensione lirica. Un poetare che trasferisce in pagine bianche i colori dell’emozioni intime, un verseggiare che esalta la bellezza del creato tutto e un rimare che invoglia verso il difficile cammino esistenziale. Certamente, non scoperte assolute, ma ulteriori meditazioni volute da una mente, forse, ormai stanca e da un cuore, sicuramente, ancora non pago.
 
   Una magnificenza delicata dettata da uno pneuma vitalizzante che prende, avvolge e stringe fino a riabbracciare tutto il contingente e quasi a sfiorare l’Assoluto che, se pur vestito di madreperlate sfumature, appare, comunque, raggiungibile. Un Assoluto Totale e Pieno capace di manifestarsi non soltanto nell’amore fraterno ma anche nell’incondizionato palpito cosmico presente nel “verde bosco”, nelle “spighe dorate”,  nel “vento bizzarro”, nelle “soffici nuvole”, ma anche nello “schiudersi dei germogli”, negli “aromi esaltati dal sole e dalla brezza”,  nelle “fluttuanti onde elegie di suoni e aromi” e, infine, nel  “respiro delle fogli” nelle “siepi di mirto” nel “rumore del sottobosco”, nel “vento dispettoso”, nel “palpito dei tronchi” e nel “bisbiglio d’uccelli”.
 
    Ed “è tutta una magia”, afferma l’Autrice, quasi inconsapevolmente. Una magia che ora appare lontana, distante, irraggiungibile, ora diviene prossima, vicina, presente.  
 
    Un incanto essenziale sillabato da quei silenzi non espressi, certamente velati, quasi nascosti, eppure presenti, vissuti non come scandite pause ma, piuttosto, come forme supreme della parola stessa. Un intreccio di affermazione dichiarate e negazione sottintese, di lemmi precisi e dinieghi taciuti, di termini espliciti e silenzi muti, capaci di generare un concerto melodico dalla prevalente intonazione recondita che mira dritta al cuore.
    Quasi un chiaro-scuro, dunque, dove il bello s’intreccia con il brutto, il bene con il male, il corpo con l’nima, la natura universale con lo Spirito eterno.
    Quasi un tappeto musivo, dove la trama è generata da ciò che detta la parola, mentre la frangia è concepita da quei silenzi che, tuttavia, non inducono alla confusione, né alla paura, neppure allo smarrimento, ma alla riflessione, alle rimembranze, ai ricordi, alla gioia di vivere, nonostante.
    Quasi un mosaicosmo, insomma, dove ogni tessera ha una ragion d’essere, un valore, una certezza.       
 
     Uno splendore durevole voluto da una filosofia che ora richiama quell’Idealismo di conio fichtiano, ora invoca quell’Esistenzialismo di stampo heideggeriano, generando un progetto unico che diviene anche alta pedagogia, importante lezione di vita, significativo magistero.
   Infatti, nonostante “il silenzio delle indifferenze”, la “stagnante paura che avvolge”, “i pensieri che sanno di muffa”, “le ore di solitudine”, “il vuoto tempo di ricordi”, “lo scontro fatidico e la sopraffazione certa”, il “male che avviluppa tutta la terra”, lo “smarrimento che toglie lucidità e coraggio”, “l’imprevedibile sorte che capiterà”, nonostante, si diceva, l’“Aurora vestita di rosa apre la vita ad un nuovo giorno, come scampolo di luce…” così che “l’equilibrio stabile del magico pianeta, nel roteare peregrino, dona ancora sicurezza”.
    Perché in fondo quel “processo di trasformazione interiore, turbinio dell’essere alla continua ricerca della verità” spinge ancora a credere nel “maggio che appartiene”, ai “personaggi fiabeschi”, alle “simbologie oniriche” e soprattutto al “ricordo” ovvero a quel “ponte” voluto “per rimanere legati l’uno all’altro ora e sempre”.
 
   Allora “Ѐ tutto un incanto”, ribadisce la Poetessa, quasi inconsciamente. Un incanto che ora appare lontano, distante, irraggiungibile, ora diviene prossimo, vicino, presente.  
 
Una filosofia di vita, si diceva, massimamente raccolta nelle parole di seguito a venire:
 
Immergersi nel profondo del cuore
per ascoltare la voce di Dio.
Tutto il rumore che circonda
turba la nostra esistenza,
le voci dissonanti offuscano la mente
non danno riposo,
pensieri molesti si fanno intensi,
il disordine pervade.
Ѐ’ dimenticato
l’ordine divino impresso in noi.
Nel silenzio
sorge la memoria,
nasce la nostalgia,
si riaccende il ricordo.
Ascoltando nell’intimo
troviamo risposte
alle nostre ansie, timori, speranze.
 
  “Anche un piccolo scritto può fare un gran bene”. Recita così la frase scolpita in quell’antico papiro scelto per aprire la raccolta.
    Sì, un piccolo scritto racchiuso in quella preziosità che solo Adalpina Fabra Bignardelli sa magistralmente donare.
                                                                                
 “La vera amicizia resiste al tempo,
alla distanza e al silenzio.
Perfino alle pandemie”. 
Maria Patrizia Allotta
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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