"L’Epopea dei Normanni nel Meridione d’Italia" di Giuseppe Bagnasco
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- Category: Scritture
- Creato: 24 Febbraio 2025
- Scritto da Redazione Culturelite
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Il filosofo Epicuro nella sua “Fisica”, afferma che “nulla nasce dal nulla”, ma questa affermazione non può attenersi a quella che chiamiamo “L’Epopea dei Normanni nel Meridione d’Italia”. Sappiamo infatti che un avvenimento avviene in conseguenza di un altro che lo precede o comunque collegato a questo. Per sapere come e perché gli Altavilla sono arrivati a cingere la corona regia di Sicilia, la prima nella sua storia se escludiamo quella dello schiavo Euno che si ribellò a Roma, non possiamo non partire dalla prima decade dell’anno 1000. Tratteremo però della suddetta epopea per sommi capi e con gli avvenimenti più salienti. Ma prima facciamo un salto indietro e gettiamo uno sguardo sugli avi dei normanni: i Vichinghi e la loro terra, la Scandinavia con in primis la Norvegia. Era una terra posta al nord dell’Europa e pertanto i vichinghi, che vuol dire pirati, furono poi chiamati dai britannici con cui vennero a contatto nelle loro scorrerie, northmen, uomini del Nord, nome poi italianizzato in Normanni. Il cammino dei vichinghi fu segnato da saccheggi, incendi e atti di violenza soprattutto nei confronti della Chiesa Ma parlando della Scandinavia ci corre l’obbligo di parlare di Pitèas. Direbbe Don Abbondio: chi è costui?. Ebbene Pitèas era un greco di Marsilìa (fondata nel 600 a.C. da greci della Focide) che di mestiere faceva il mercante di stagno ed ambra ma era pure un matematico, astronomo e assiduo esploratore a causa della sua attività. Questi nel 330 a.C. (anni in cui i romani combattevano contro i Sanniti ed Alessandro vinceva Dario III nella battaglia di Gaugamela), attraversate le Colonne d’Ercole e circumnavigate le coste atlantiche dell’Europa, si spinse oltre la Britannia fino ad arrivare al circolo polare artico e scoprire ad occidente un’isola sconosciuta (forse l’Islanda) che chiamò Tule e ad oriente le coste della Norvegia. E’ lui che parlò del giorno che durava 24 ore, dell’aurora boreale, dei ghiacciai e delle coste frastagliate della Norvegia. Notizie queste citate da Virgilio nelle Georgiche e da Strabone di Ponto nella sua Geografia. Della Scandinavia invece ne parlò Plinio il Vecchio, nonché Tacito e Tolomeo d’Alessandria. La Scandinavia offriva luoghi freddi e inospitali e fu questo che indusse i Vichinghi a cercarne altrove più salubri. Lo storico belga Henri Pirenne afferma però, che oltre al clima avverso, furono le ragioni economiche a muoverli dalla Scandinavia. E’ da lì che tra l’800 e il 1100, inizia l’Era dei Vichinghi e questo dopo che i Celti finirono le loro guerre di conquista. Si spingeranno fino al Mar Nero attraversando i fiumi della Russia finendo per assaltare finanche Pisa, Fiesole e Luni che scambiarono per Roma. Ma nel 910 avvenne la svolta. Risalita la Senna con i loro Drakker , (navi col fondo piatto e provviste di vela (una loro invenzione ), con l’intento di saccheggiare Parigi, il re dei Franchi, Carlo il Semplice, onde evitare il peggio, concesse al loro capo, il vichingo norvegese Rollone, il titolo di duca sulla terra posta a nord-ovest che così divenne quella che ancora oggi è chiamata Normandia. Da pagani che erano i vichinghi si convertirono al Cristianesimo abbandonando i loro dei fra tutti Odino, il dio supremo, Thor dio del Cielo e della guerra e Frey dea della terra e dell’amore. E non solo. Ma anche il loro paradiso, quel Walhalla dove ai guerrieri caduti in battaglia e con onore erano riservate le vergini dette Valchirie. Fu da lì, dalla Normandia, che il duca Guglielmo nel 1066 sconfisse nella battaglia di Hasting l’esercito anglo-sassone divenendo re d’Inghilterra. Fu chiamato il Conquistatore. E qui un breve inciso a proposito dei re d’Inghilterra che erano ex-vichinghi e dei quali in quel periodo abbiamo due esempi di intrecci matrimoniali coi Normanni ex-Vichinghi: Nel primo sappiamo di Ruggero I sposò Giuditta d’Evreux , pronipote di Guglielmo il Conquistatore; nel secondo quando la sorella di Riccardo Cuor di Leone, Giovanna, sposò Gugliemo II d’Altavilla. Ma torniamo agli Altavilla e agli inizi dell’anno Mille in cui altri giovani che anziché al Nord, si diressero verso il Sud: il Meridione d’Italia. In quel tempo erano d’uso i pellegrinaggi verso i luoghi santi, primo fra tutti la terra del Santo Sepolcro. Lo storico Guglielmo di Puglia, autore dei “Gesta Roberti Wiscardi” sostiene che un gruppo di pellegrini normanni, di ritorno da Gerusalemme, facendo tappa a Salerno rimasero ospiti del principe longobardo Guaimario IV. Ma proprio in quei giorni la città venne attaccata dai pirati saraceni che da tempo imperversavano nel Mediterraneo e i Normanni, sagaci e determinati guerrieri, discendenti per genìa dai famosi Vichinghi, aiutarono Guaimario a respingere e mettere in fuga i pirati, mostrando tutta la loro valentìa di uomini d’arme. Si conquistarono così l’ammirazione del Signore di Salerno che li prese a servizio e che, per la loro fedeltà dimostrata, concesse al loro capo, Rainolfo Dreugot, la contea di Aversa. Fu questa la prima contea normanna in Italia, poi riconosciuta sia dal duca di Napoli Sergio IV che dall’imperatore Corrado II. Aversa divenne quindi punto di riferimento di quanti lasciarono la Normandia in cerca di fortuna. Tra questi tra il 1034 e il 1037 troviamo i figli di Tancredi, piccolo barone di Hauteville-la-Guichard, tra cui Guglielmo Braccio di Ferro, Drogone, Umfredo, Roberto e ultimo Ruggero. Per le loro gesta che li vide impossessarsi di ampi territori a danni dei bizantini, Guaimario IV e Rainolfo Dreugot nel 1043, investirono Gugliemo d’Altavilla della contea di Puglia. Ma la loro azione di conquista diverrà più sicura e rapida quando, dopo la morte di Drogone (1051)e Umfredo (1057) i normanni troveranno in Roberto d’Altavilla quel condottiero, che dotato di viva intelligenza e senso politico, fu chiamato il Guiscardo, cioè l’Astuto. Ma la traduzione non è questa. Il soprannome deriva dal luogo di provenienza Hautville- la- Guiscard e quindi niente da vedere con gli aggettivi di furbo oppure astuto. E’ lo stesso nome di Maria Guiscardi madre di Santa Rosalia che fu pertanto cugina di re Ruggero II. Ma arriviamo al 1053. In quegli anni papa Leone IX, timoroso di perdere i feudi del patrimonio della Chiesa in quel Meridione dove si erano istallati i normanni, indisse una crociata anti-normanna composta da longobardi, mercenari tedeschi e consiglieri militari bizantini e fu in quel 17 giugno che avvenne la battaglia di Civitate. Quel giorno i normanni guidati da Umfredo e Roberto sbaragliarono i “crociati” catturando finanche il papa. E’ qui che Roberto mostra tutto il suo acume politico: Si prostra ai piedi del papa implorando il perdono e chiedendone la benedizione, cosa che il papa, sconcertato da quel gesto, concesse subito. Si arriva così, essendo papa Nicolò II, nel 1059 al Concilio di Melfi con un accordo tra la Chiesa e i Normanni nel quale si stipulava come Roberto il Guiscardo in cambio del riconoscimento di vassallo della Chiesa ricevette l’investitura “per grazia di Dio e di San Pietro”. dei ducati di Puglia, Calabria e Sicilia. Fu un atto nominale poiché detti territori non erano ancora conquistati ma i normanni erano già autorizzati a farlo con la benedizione papale. Un vassallaggio che poi sarà denunciato da Federico II e che per questo sarà colpito da ben due scomuniche. Comunque fu una vittoria della diplomazia dei normanni che, destreggiandosi tra bizantini, arabi, longobardi, e italiani, ripresero la guerra di conquista fino alla caduta nel 1071 di Bari e dell’intera Puglia. Dopo quell’anno il duca Roberto concesse al fratello minore Ruggero la contea di Calabria perché da lì potesse muovere alla conquista della Sicilia. Ruggero stabilì la capitale della contea a Mileto ( oggi in provincia di VV). Ed è a Mileto che Ruggero I, poi Gran Conte, morrà settantenne nel 1101 cioè sei anni dopo che dalla moglie Adelasia del Vasto venisse alla luce Ruggero II, che quindi lì nacque. Adelasia rimasta Reggente per conto del minore si trasferirà a Palermo dove il bambino decenne, dopo la morte del fratello primogenito Simone, diventerà conte di Sicilia. Fu educato da precettori greci e musulmani, sì da parlare correttamente il greco, l’arabo e il latino, cosa che gli consentirà da adulto a trattare direttamente con i sovrani stranieri. Ruggero, negli anni a seguire, sarà impegnato a sfruttare i contrasti tra i vari ducati e contee del Meridione e questo fino al 1126. In quell’anno, alla scomparsa del cugino Guglielmo duca di Puglia morto senza prole, il Nostro mosse dalla Sicilia per reclamare il suo diritto a succedergli. Fu ostacolato dal papa Onorio II che organizzerà una coalizione comprendente Roberto principe di Capua e Rainulfo conte d’Alife cognato di Ruggero in quanto marito della sorella Matilde. Nel febbraio del 1130 moriva papa Onorio II e venivano eletti due papa: Innocenzo II della famiglia dei Frangipane e Anacleto II come antipapa della famiglia dei Pierleoni, romane tutte e due. L’anno prima Ruggero, che aveva unificato tutti i possedimenti normanni del Meridione, era stato riconosciuto dal Parlamento convocato a Salerno come duca delle più importanti città come Capua, Napoli, Bari, Brindisi e Taranto, cioè di tutto il Meridione. A questo punto, data la vastità dei domini, mancava solo il titolo regio. Ruggero seppe sfruttare la rivalità tra i due papi appoggiando Anacleto che risiedeva a Roma mentre Innocenzo era fuggito in Francia. In cambio dell’appoggio militare Anacleto in settembre gli conferì la nomina a re di Sicilia. L’incoronazione avvenne nel dicembre del 1130 nella Cappella dell’Incoronazione (oggi alle spalle della Cattedrale) ad opera degli arcivescovi di Benevento, Capua, Salerno e Palermo. Solo dopo la morte di Anacleto, Innocenzo II gli confermerà il titolo. Comunque visto che furono due papi a riconoscerlo, per sicurezza, nel mosaico della Chiesa della Martorana si vede Ruggero II incoronato direttamente da Dio. Da lì discende il diritto divino dei re. A Ruggero II è attribuita l’organizzazione di un governo efficiente, imperniato nella sua persona, l’emanazione alle Assise di Ariano di un Corpus giuridico, nonché la fondazione del Parlamento siciliano, primo in Europa checchè ne dicano gli inglesi con l’emanazione della Magna Carta dove venivano tutelati solo i diritti e i privilegi della nobiltà e dell’alto clero. Quella di Ruggero, ampliata poi da Federico II, invece contemplava tre “bracci”, quello feudale (nobili e baroni), quello ecclesiastico (arcivescovi, vescovi, abati e archimandriti) e quello demaniale (con i rappresentanti di 42 città). Questo dimostra come i Normanni non dominarono il Regno di Sicilia ma lo governarono attraverso la legittimazione del popolo. Normanni, Greci, Arabi ed ebrei vissero in concordia ed una conferma l’abbiamo nella lapide funeraria, posta nel loggiato della odierna sede dell’Assemblea regionale, scritta in giudaico, latino, greco e arabo. Ma torniamo a Ruggero I e alla conquista della Sicilia. Su richiesta dell’Emiro di Catania che aveva invocato il suo aiuto contro l’Emiro di Enna, Ruggero nel 1061 impadronitosi di Messina, prese possesso anche della fortezza di Troina e da lì iniziò la conquista con una sequela di battaglie a cominciare da quella di Cerami (1063) a finire a quella di Misilmeri (1068) dove i normanni sconfissero ripetutamente gli arabi. Nel 1071 fu la volta di Balarmu che Ruggero e Roberto cinsero d’assedio ma senza riuscire a conquistarne il Casr, il castello. Ci riusciranno nel gennaio dell’anno dopo quando Roberto strategicamente conquistò la Khalesa, la residenza dell’Emiro. A quel punto i saraceni patteggiarono la resa della città con le assicurazioni di Ruggero che mai i saraceni sarebbero stati perseguitati anzi avrebbero mantenuto i loro uffici e prestazioni specie nel campo della burocrazia. L’accordo permise a Roberto di tornare in Calabria per reprimere l’ennesima sollevazione dei baroni. Non farà più ritorno in Sicilia. Conquistata tutta la Sicilia (1091) Ruggero si dedicherà alla costruzione di un grande Stato interrazziale e pluriconfessionale. Anzi il Gran Conte, anche per l’esiguità delle sue forze, formerà il grosso del suo esercito con i soldati saraceni che costituiranno anche col figlio Ruggero II il nerbo delle sue milizie. Ecco perché i Normanni non parteciperanno mai alle Crociate. Ma ecco succedere un evento che porterà nei secoli futuri tante controversie tra papato e i re che si succederanno in Sicilia. Gli è (avrebbe detto il Manzoni) che papa Urbano II nel 1098, pur di difendere il patrimonium ecclesiae e l’unità delle chiese cattoliche, visto che la maggior parte dei siciliani seguivano il rito bizantino, concesse a Ruggero Primo la Legazia Apostolica. Con essa Urbano II cedeva al sovrano laico molti privilegi amministrativi, la possibilità di proporre la nomina dei vescovi, di gestire il patrimonio finanziario delle diocesi e l’istituzione delle metropolie dove i vescovi delle maggiori città assunsero il titolo di metropolita a cui spettava il compito di convocare e presiedere il sinodo provinciale. Di fatto le diocesi siciliane furono assoggettate al potere degli Altavilla, potere che poteva essere trasmesso ai loro successori. Infatti la Legazia Apostolica pervenne in successione al re Carlo d’Angiò, al re di Trinacria, al re d’Aragona, al re di Spagna, al tedesco Carlo VI, a Vittorio Amedeo II, al re di Napoli e Sicilia e infine a Vittorio Emanuele II che non la invocò. Il papa Pio IX comunque la revocò nel 1864 e V.E.II la ratificò nel 1871 inserendola nelle Leggi delle Guarentigie. Ma già la Legazia non aveva più valore dal 1816 quando Ferdinando I soppresse il Regno di Sicilia. Ruggero II morrà a Palermo nel 1154 alcuni mesi prima che nascesse da Beatrice di Rethel, sua terza consorte, la figlia Costanza ultima regina normanna, zia di Gugliemo II che l’aveva destinata in sposa all’imperatore tedesco Enrico VI Hohenstaufen. A questo proposito un chiarimento. La preoccupazione di tutti i sovrani fu da sempre l’assicurare al trono un discendente, meglio se questi fossero numerosi ma non fu così per Ruggero Primo che ebbe solo dalla sua terza moglie Adelasia l’erede (Ruggero II) mentre Questi lo ebbe dalla prima moglie Elvira di Castiglia (Guglielmo I). Ebbero ciascuno ben tre mogli: Giuditta d’Evreux, Eremburga di Mortain e Adelasia del Vasto il Primo; Elvira di Castiglia, Sibilla di Borgogna e Beatrice di Rethel il Secondo, tutte appartenenti allora ai più diversi e nobili Casati dell’Europa che contava. Dopo tutto ciò narrato ci sovviene una domanda: cosa ci resta dell’epopea normanna nel Meridione, quale lascito universale nella cultura? Due cose che nessuno potrà mai negare: la possibilità che ci può essere una convivenza pacifica multietnica e plurireligiosa garantita però da un potere giusto e centralizzato e il patrimonio artistico e monumentale delle cattedrali e dei castelli. Come dire il sacro e il profano ma testimoni come l’arte arabo-normanna abbia donato edifici ineguagliabili.