La grotta della Sibilla lilybetana – Storie di folklore e tradizioni popolari - Ricerca storica di Giovanni Teresi

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La grotta della Sibilla Cumana a Marsala

 

Gli oracoli del mondo antico 

La donna sapiente in grado di predire il futuro compare nelle tradizioni di molti paesi, ma nessuna più della Sibilla Cumana fu celebrata nell’antichità. Già in epoca molto remota alcune popolazioni dell’Asia occidentale si tramandavano sotto forma di versi i responsi oracolari di profetesse conosciute come Sibilai. Si ignora cosa significhi la parola ‘Sibilla’, benché la leggenda narri che tale fosse il nome di un’indovina di Marpessus, nei pressi di Troia, nota per aver espresso i suoi oracoli in indovinelli scritti sulle foglie delle piante. È certo comunque che la tradizione delle Sibille finì per diffondersi anche tra i Greci, e poi tra i Romani, radicandosi in varie località. Sibilla divenne un termine generico attribuito a un gran numero di profetesse sparse in tutto il mondo antico, e in modo particolare a Cuma. Non si sa se a Cuma sia effettivamente vissuta una persona nota come ‘Sibilla’, benché ai tempi dell’impero Romano la sua tomba venisse mostrata ai visitatori del Tempio di Apollo. Nella tradizione greca le Sibille erano associate ad Apollo, in quanto dio delle profezie: l’Oracolo di Delfi in Grecia, noto come “Pizia”, era una sacerdotessa del tempio locale dedicato alla divinità. Per entrare nello stato di trance profetico la Pizia masticava foglie di alloro - l’albero sacro ad Apollo - oppure sedeva sul suo tripode, vicino a una spaccatura del terreno, e aspirava gli intossicanti fumi vulcanici che ne uscivano. Ma in un caso o nell’altro, si riteneva che ricevesse l’ispirazione direttamente dal dio, che tramite lei pronunciava i suoi famosi, ambigui oracoli. Cuma, come Delfi, sorge in una zona di attività vulcanica, i Campi Flegrei, a ovest di Napoli, preferiti in epoca romana dalle classi abbienti per costruirvi le loro residenze e giovarsi delle acque termali di Baia. Al pari dell’Oracolo di Delfi, anche la Sibilla Cumana era legata al culto di Apollo. I poeti romani narrarono la storia della profetessa, originaria dell’Oriente, a cui il dio offrì di esaudire qualsiasi suo desiderio pur di diventarne l’amante. La Sibilla chiese di vivere per un numero di anni pari ai granelli contenuti in una manciata di polvere, che risultarono essere mille. Ma si scordò di domandare anche la perpetua giovinezza, e con il trascorrere del tempo divenne così vecchia e raggrinzita da poter essere rinchiusa in una bottiglia che fu appesa a Cuma. Quando dei bambini le chiesero cosa desiderasse, ella rispose soltanto: “Voglio morire”. Il Culto di Apollo era allo stesso tempo negromantico e ctonio, cioè avente a che fare con i morti e il mondo sotterraneo. Ed è nella veste di guida all’Ade che la Sibilla Cumana si mostra nel sesto libro dell’Eneide. L’eroe troiano Enea andava a consultarla nel suo tempio, un “antro immane” posto sotto il Tempio di Apollo. Prima di condurlo con i suoi uomini fino all’entrata del Lago Averno, la maga gli ordinava di procurarsi il prodigioso Ramo d’oro quale lasciapassare per l’Ade. Il misterioso lago, distante soli 4 km da Pozzuoli, conserva tuttora il nome originario. Circondato nell’antichità da nere, incombenti foreste, e magicamente evocato dal pittore inglese Turner, ha oggi mutato grandemente aspetto in seguito alle eruzioni vulcaniche e allo sviluppo dell’edilizia. È rimasto tuttavia un luogo di grande suggestione. Con le sue acque profonde e sulfuree riempie il cratere di un antico vulcano, le cui mortali esalazioni, così narra la tradizione, tenevano lontani gli uccelli. Troverebbe così spiegazione il suo nome, che si ritiene derivi dal greco aornos, “senza uccelli”. I rituali della Sibilla Cumana Si narra che era una giovane vergine che aveva il dono della preveggenza, l’arte oscura e misteriosa di vedere in anticipo un evento e di indicarne l’esito positivo o negativo, riportando al questuante gli enigmatici verdetti; le parole, dalle non semplici interpretazioni, rappresentavano il responso più complesso e temuto dalle popolazioni greco-romane, che attribuivano alla Sibilla un’aura sinistra, dal forte potere decisionale, legittimata come un’autorità a tutti gli effetti, la cui parola era legge: sacra e inviolabile. Questa oscura signora, amava ritirarsi in grotte e antri scavate nella roccia, lontane dal clamore e dagli schiamazzi della città. La sua dimora sotterranea, rappresentava un ambiente ricco di suggestioni spirituali, le cui fiaccole predisposte in ogni angolo, illuminavano l’ingresso ai visitatori permettendo loro di raggiungere il cuore dell’antro e di stare al cospetto della superba Sibilla. Giunti a lei, davanti al suo trono, questa ascoltava silenziosamente il suo questuante che poneva la domanda, fonte di dubbio. Secondo la tradizione, la Sibilla prima di profetizzare il suo responso, compiva un rituale di prassi: si incamminava lungo le tre grandi vasche presenti nella grotta e si immergeva nelle acque (fondamentale era l’elemento dell’acqua). Compiuta la cerimonia (forse di purificazione) si sedeva sull’alto trono e interrogava l’oracolo; emetteva il verdetto finale riportato sulle foglie di palma, mosse poi dal vento suscitato da Apollo. Secondo la tradizione gli oracoli, redatti in greco su foglie di palma, andavano a comporre i celebri Libri Sibillini che rappresentavano i volumi più elevati dell’antichità, consultabili in caso di estrema necessità, che preannunciavano eventi futuri. A questi potevano accedervi solo alcuni membri sacerdotali legati al culto di Apollo e custoditi gelosamente nel tempio di Giove Capitolino; questi importanti volumi, bruciarono nel tragico incendio del Campidoglio del 83 a.C. I libri successivamente furono ricomposti, insieme con tutti gli oracoli presenti nella Magna Grecia e collocati dallo stesso Imperatore Augusto, nel tempio di Apollo sul Colle Palatino; sorvegliati fino al IV andarono distrutti dal Generale romano Stilicone. Secondo un’altra leggenda, i Libri Sibillini vennero presentati a Tarquino Prisco dalla Sibilla in persona, chiedendo un compenso per i nove volumi. Questo rifiutò l’offerta in quanto li reputò costosi; lei a quel punto bruciò i primi tre libri e poi altri tre, finché il re, considerando la preziosità di quei volumi, comprò gli ultimi tre al prezzo di nove.

 La vita religiosa nella Sicilia Occidentale 

Quella concezione religiosa indigena, che in tanti luoghi era potuta sgorgare in una così compiuta identificazione con Demetra e Core - così compiuta da poter fare dimenticare, come ad Enna, il nome e il mito primitivo - verosimilmente non aveva somiglianze con la divinità ellenica se non con i caratteri relativi ai vitali fenomeni della vegetazione. Un probabile fondo comune di idee religiose madri, eredità della più lontana parentela mediterranea ed ariana, potranno rappresentare la base su cui indigeni ed elleni hanno potuto vedere nella terra, non solo la nutrice feconda delle messi e apportatrice dei frutti, ma anche la sede misteriosa dei morti e dei loro numi. È pertanto assai probabile in linea di principio che le entità divine degli indigeni presentassero chi più chi meno, insieme con il carattere dei propiziatrici delle forze vegetative, anche quello di divinità sotterranee; oscure présidi insieme della vita e della morte, della vegetazione e degli inferi. Presunzione che trova un suo concreto fondamento nella natura dei santuari. Le grotte, che così spesso si scoprono in codesti antichi luoghi di culto, ci mostrano nel loro cavo naturale o artificiale il vero luogo sacro. Simili sono gli altari rotondi scavati nel santuario presso il tempio agrigentino dei Dioscuri e gli altri che si trovano ad Agrigento nel tempio di Demetra, ove uno degli altari è un profondo Bothros naturale, o a Selinunte nel complesso della Gàggera. Il Bothros è il fossato scavato nel terreno come un santuario decorato all’interno. Grotte ed anfratti, fossi naturali e piccole voragini oscure, erano luoghi di culto religioso, accesso verso gli inferi, ed in essi non potevano risiedere che numi sotterranei. Strettamente collegate alla terra, erano le divinità Chtonie, i cui oracoli erano le interpretazioni dei misteri custoditi negli abissi; ciò potrebbe spiegare l’ingresso tardivo d’Apollo nel santuario delle Paides di Buscemi, (1) che per altro può essere chiarito da una semplice attrazione dovuta all’identità delle fanciulle indigene con le ninfe elleniche. (2) V’è un altro nume, che presenta i caratteri d’una ninfa perché abitava in un pozzo, al quale si chiedevano responsi: ed è quello della Sibilla sicula, più propriamente localizzata presso Lilybeo. È noto che con questo nome generico di indovina la più antica tradizione (Eraclito, Platone, Aristotele) indicava un solo oracolo; più tardi, invece, si parla di otto (Suida), dieci (Varrone) ed anche più Sibille. (3) Si trattava probabilmente di una entità di natura popolare, che conservava le caratteristiche d’un rudimentale mistero, ed era un fenomeno fisico-religioso interpolato nel culto di Apollo. A conforto di una tradizione viva, ma che poteva essere negata, si rinvengono, in varie parti del mondo, i sepolcri di Sibille; e uno di essi è quello di Lilybeo. (4) Sebbene la tarda erudizione romana identifichi la Sibilla sicula con la Cumana, (5) il che potrebbe essere un probabile dato delle leggenda troiana, localizzata nella parte occidentale della Sicilia (Trinacria), è nondimeno da pensare che il suo culto si sia sovrapposto ad un locale (6) il pozzo.

Esso è ben visibile sotto la Chiesa di San Giovanni a Marsala, Dei vates, che ha preso il posto dell’antico santuario. Nel sotterraneo della Chiesa esisteva la bocca del pozzo con tracce di mosaici romani. Verosimile è l’ipotesi del Ciaceri di riconoscere la Sibilla nel diritto della moneta riprodotta a pag. 98, fig. 22 del volume III “Arte e Civiltà della Sicilia Antica– Cultura e vita religiosa”- di Biagio Pace Ediz. Dante Alighieri 1946. In questa moneta di bronzo dell’età romana, coniata a Lilybeo, è rappresentata la più antica raffigurazione geografica della Sicilia. Questa moneta reca da un lato il tripode intorno al quale è avvolto un serpente, dall’altro lato una testa muliebre velata, con corona murale, chiusa entro una figura triangolare. Si è discusso sul significato di tale testa che rappresenta probabilmente la Sibilla di Lilybeo. Ma è molto interessante vederla raffigurata in un triangolo, rappresentazione dell’isola, con il capo volto verso il vertice occidentale della Sicilia.

(1) – Guarducci “Il culto di Anna e delle Paides cit. p. 30

(2) Sui rapporti di Apollo con le ninfe, cfr. Bloch, Nymphen, in Roscher’s Lexikon, III, 1, col. 566 seg,

(3) “Lilybitano Litybaeum oppi dum decus est Sibyllae sepulcro” – Solino, V, 7; per il numero delle Sibille, Suida, s.v.; Varrone, in Lettanzio, Inst. I, 6, E cfr. Buccholz, Sibilla, in Roscher’s Lexikon, IV, c. 790 segg. Eraclito fr. 92 (Diehly); Platone, Theog., 124 D; Aristotele, Probl., 30,1, 954 Cfr. Alexandre – Oracula Sibylliana, II, Parigi 1856, p. 72 segg.; Silvio Ferri, La Sibilla, saggio sulla religione popolare greca, in Ann. Scuola normale superiore di pisa, XXVI, 1915, p. 90 segg.

(4) “Cumana … cuius sepulcrum in Sicilia adhunc manet”, Isidoro, Origin., VIII, 8; Tacito, Ann. VI, 12 Ciaceri – “Culti e miti” p. 54 segg. Cfr. Hild, in Darenberg – Saglio, s.v. Sibylla p. 1290

(5) Cfr. (le notizie riferite da D’Orville, Sicula, Amsterdam 1764 pg. 57 segg.; Gaetani, Isagoge p.39; (6) Alessi, Storia critica di Sicilia, I, 2, pg. 168; Ciaceri, Culti e miti, pag. 56 segg.

 

La grotta della Sibilla Lilybetana.

 Annibale Cartaginese portava le sue truppe sul promontorio della Sicilia occidentale, l’antica Lilybeo di fronte la Libia ponendo l’accampamento accanto ad un pozzo d’acqua dolce, un antico luogo di culto ispirato all’adorazione delle acque. Il generale comandava un esercito molto versatile, costituito da truppe molto diverse tra loro, con un alto livello di professionalità. Era l’inizio della seconda guerra punica (III a. C.). Rifocillati i guerrieri ed i cavalli, dopo una lunga traversata per mare, tutti ricevettero da quell’acqua vigore inusitato e si diressero verso Siracusa per assediarla. Lilybeo (attuale Marsala) era un luogo strategico per iniziare la lotta contro i Romani, e proprio qui Annibale conobbe la profetessa lilybetana che abitava in una grotta vicino il pozzo. Dopo aver bevuto la magica acqua e conosciuto alcune delle bellissime ancelle della Sibilla, Annibale ebbe l’oracolo della vittoria. Quindi esortò i soldati a partire subito visto che essi indugiavano attratti dalle seducenti ancelle. Alla grotta della Sibilla si recavano anche le donne del posto per chiedere alla profetessa se i loro mariti, quando partivano per la Libia, commettevano atti di infedeltà. Anche le giovinette la consultavano per sapere se per l’anno nuovo avrebbero preso marito. E da quel pozzo bevevano l’acqua che, per la loro esaltata immaginazione, dava una specie di ebbrezza, gridando e profferendo parole al di sopra dell’apertura del pozzo. Il luogo era molto sonoro: l’eco, attraverso suoni differenti, poteva essere interpretata in modo diverso. In questo modo, le donne, in ragione dei loro desideri, dei loro sospetti, desumevano la fedeltà dei loro sposi. Durante il grande caldo estivo, quella grotta era rifugio per forestieri ed ammalati: l’acqua che dalla sorgente defluiva nel pozzo da torbida, appena bevuta dalla Sibilla, diveniva salubre e tutti quelli che se ne erano dissetati gridavano alla profezia. Il promontorio, esteso per trenta ettari, usato a quell’epoca prevalentemente come luogo di sepolture, divenne grazie alla Sibilla un posto di culto e, fuori le mura della città, gli abitanti eressero un tempio alla dea Iside. Grande attrattiva erano le corse dei cavalli, gli spettacoli divertenti quali il “salto alla corda” il “salto sul fuoco” e in premio c’erano pezzi di drappi ornati d’oro e d’argento e spade. La sera, catini di creta pieni di olio e stoppa o di altre misture combustibili posti sulle quattro porte della città illuminavano le principali vie, mentre nella grotta regnava il buio e il lugubre stridulo delle civette e dei pipistrelli. (112 a.C.). Nonostante ciò, vicino al tempio e alla grotta venivano eseguite sacre rappresentazioni con canti e balli propiziatori. Con l’avvento del Cristianesimo sopra il pozzo fu costruita l’attuale chiesa di San Giovanni, ma il popolo lilybetano continuava e continua a visitare la grotta della profetessa che come una fata dà a chi le aggrada grande fortuna.

 Marsala Il 24 Giugno verso mezzogiorno, i devoti, sporgendosi dal pozzo, innalzavano preghiere al Santo e alla cara Sibilla per l’abbondante raccolto, per le future nozze, per la salute, e lì si manifestavano segni prodigiosi, si sentivano velate voci dell’eco e della fantomatica Sibilla che promettevano e consigliavano aprendo il cuore alla speranza.  Marsala Sotto la chiesa, nella grotta e nel pozzo tutto era sacro nella credenza popolare: la ghiaia disseminata lì accanto, i disegni sugli intonaci della grotta, l’acqua che ancora sgorga dalla sorgente, l’infrangersi delle onde del mare sulle prospicienti rocce e l’eterno eco del vento. Le donne, nel giorno di San Giovanni, recandosi nella grotta, raccoglievano nove ciottolini di ghiaia, li chiudevano dentro un sacchetto di stoffa e se li serbavano in tasca come portafortuna, come amuleti. Il numero nove era anche un rituale per le vivande nella vigilia del Santo. Inoltre è antica tradizione comprare l’aglio nel giorno di San Giovanni, che, usato per risaltare il gusto del pesce arrosto e di altre pietanze, era ed è utile in tante pratiche di scongiuri. “Di lu fetu d’agghia macari u diavulu si scantò!” (della puzza dell’aglio anche il diavolo ne ebbe paura). L’aglio protegge la famiglia e le case da ogni male. Così, sin dall’antichità, l’aglio nella tradizione popolare viene adoperato, oltre che contro il malocchio, anche come medicina rudimentale per le sue proprietà vermifughe. Racconti di magia e leggende hanno sempre caratterizzato questo promontorio dove la mitica Sibilla lilybetana esternava le sue profezie. Ad oggi la grotta, divenuta parte integrante della chiesa, si trova a 4,80 m sotto il livello del mare, è costituita da un vano centrale di forma circolare connesso con due ambienti: uno orientato a nord, l’altro ad ovest. Il vano centrale, scavato nella roccia, è coperto da una cupola bassa, costruita in muratura, con lucernario collegato al pavimento della chiesa. Il centro della grotta è occupato da una vasca quadrata, non molto profonda, servita d’acqua.  Marsala Oltre al culto oracolare dell’acqua di tradizione preistorica al quale si sarebbero sovrapposti quello della Sibilla Cumana, nonché quello di apollo, secondo gli studiosi D’orville e Houel la grotta veniva utilizzata come ambiente termale di una delle ricche dimore di cui, in particolare lo Houel riferisce di avere visto i ruderi in prossimità della grotta; infatti l’attuale presenza nell’ambiente occidentale di affreschi, che sembrano databili al IV-V secolo d.C., testimonia una continuità di frequentazione del luogo.

Giovanni Teresi 

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