Le prospettive politiche culturali e sociali dopo la vittoria del centrodestra – di Domenico Bonvegna

Nell’ultimo numero della rivista Cristianità (Sett.-Ottobre 2022, n. 417), il mensile di Alleanza Cattolica, da sempre sensibile agli sviluppi politici del nostro Paese, ma anche a quelli internazionali, ha sviluppato un'interessante analisi politica del dopo elezioni del 25 settembre scorso. In particolare una riflessione sulla vittoria elettorale del Centrodestra e del nuovo governo presieduto dall’onorevole Giorgia Meloni. Tenterò di sviluppare una sintesi dell’articolata analisi della rivista (“Dopo le elezioni. Uno sguardo sull’Italia”).

E’ importante avere presente il quadro in cui si muove il corpo sociale, per fare una fotografia più reale possibile di cosa è successo e soprattutto quali potrebbero essere le prospettive politiche culturali future.

In primo luogo va tenuta presente la sfiducia nella politica e nella sua capacità di dare risposte alle domande dell’uomo contemporaneo. Una sfiducia acuita maggiormente dall’incapacità della politica di risolvere l’emergenza sanitaria. Il mondo moderno, ormai in crisi, e in particolare quello post-moderno, non sono riusciti a garantire certezze, nemmeno nel presente. Inoltre in questo quadro, va notata la marginalizzazione della politica nazionale, sempre più ridotta a eseguire disposizioni assunte a livello sovranazionale da organismi, come quelli dell’Ue, senza alcuna legittimazione rappresentativa. Convinti dell’inutilità dei parlamenti nazionali, si declina a governi tecnici ritenuti più idonei a negoziare con chi realmente comanda. Ora che finalmente gli italiani hanno espresso un governo politico, quello guidato dall’onorevole Meloni, si teme una vera e propria limitazione di sovranità nazionale. Infatti c’è il pericolo che l’Unione Europea presenti il conto dei disordinati conti pubblici, proprio a chi è sempre stato all’opposizione.

Il risultato elettorale del 25 settembre.

L’analisi di Alleanza Cattolica fa riferimento al professore Luca Ricolfi, intervistato pochi minuti prima dell’inizio dello spoglio elettorale. La prima ricerca da fare secondo Ricolfi sarebbe quella di vedere il totale dei voti della coalizione di centrodestra e la somma di quelli dei partiti di centrosinistra, compresi gli pseudo centristi, in realtà appartenenti alla sinistra. In pratica il sociologo torinese voleva capire se la distribuzione dei voti per le due coalizioni di questa tornata elettorale era la stessa degli ultimi vent’anni. Nel 2018 questa distribuzione dei voti era stata frantumata dal Movimento 5 Stelle che aveva preso il 32% dei voti. Ora bisognava capire se in queste ultime elezioni si ritornava alle due coalizioni contrapposte oppure si sarebbe creato un terzo polo più stabile, distinto dalle sinistre. Questo non è avvenuto perchè il rimanente dei 5 Stelle, come dichiara il suo leader Conte, si colloca alla sinistra dello stesso PD, ma senza allearsi. Mentre per quanto riguarda Calenda e Renzi, nessuno dubita che il loro partito, Azione, si colloca a sinistra. Pertanto i numeri sono lì a descrivere realmente cosa è successo, se ci sono stati dei cambiamenti, sono stati prevalentemente all’interno delle coalizioni. Il Centrodestra ha ottenuto 12.300.244 voti, nel 2018 ne aveva ottenuti 12.409.981.

Il Centrosinistra, per quanto riguarda la coalizione passa dai 7.914.726 ai 7.337.975 del 2022, con il calo più significativo del PD (circa 700-800 mila voti), mentre il M5S ha perso 6 milioni di voti (nel 2018 aveva preso 10.945.411 per raggiungere ora 4.333.972 voti). Non sto qui a descrivere i flussi elettorali, è un'analisi che andrebbe approfondita. Certamente sottolinea la rivista che dal 1994 fino ad oggi si constata una progressiva perdita del senso di comunità degli italiani, una società che si è sempre più coriandolizzata: gli italiani arrabbiati non sono più legati a logiche di appartenenza.

Perché ha vinto il Centro-destra?

Pertanto possiamo dire che il 25 settembre sono ritornate le due coalizioni, o meglio il Centro-destra, si è presentato unito ed ha vinto le elezioni, mentre tutti i partiti di sinistra non hanno trovato un’intesa, rassegnandosi alla sconfitta. Pertanto, ha ragione Ricolfi a scrivere:”sull’appuntamento elettorale non ha spirato alcun ‘vento di destra’. Se il Centro-destra ha vinto non è perché il baricentro elettorale si è spostato verso destra, ma perché la destra ha un leader che ha saputo sfruttare la logica della legge elettorale (che premia le alleanze larghe)...”. Il leader della sinistra non ha provato nemmeno, pertanto è evidente che si sommano i voti della possibile coalizione di Centro-sinistra (compresi Azione e M5S) si poteva raggiungere 14.359.754 voti, a fronte della coalizione di Centro-destra che ha raggiunto unita 13.194.556 voti. Tuttavia, l’Istituto Cattaneo,“correttamente mette in guardia dal sommare meccanicamente i voti dei partiti che non sono capaci di allearsi e presentarsi uniti, perché non è detto che unendosi avrebbero raccolto i voti che hanno raccolto separati”. Per certi versi è impossibile determinare come sarebbero andate le cose, le uniche informazioni che abbiamo sono i voti reali.

Intanto registriamo che gli italiani sono sempre più divisi sostanzialmente in due aree contrapposte, più o meno compatte. Mentre sono cambiati i rapporti all’interno della coalizione di Centro-destra, con il partito di Meloni che ha più voti degli altri messi insieme.

Aumenta l’astensionismo. La disaffezione alle urne rispetto al 2018, è aumentata del 9%,  sono milioni di persone che non si sono recati alle urne e non si tratta soltanto anarchici o menefreghisti, c’è un rifiuto quasi ideologico del voto. Oggi il partito del non voto in Italia è il primo partito con il 36%.

Inoltre va valutato anche il contesto internazionale: l’aggressione della Federazione russa di Putin all’Ucraina, l’egemonia cinese di Xi Jinping nel mondo, aumenta il pericolo che scoppi una terza guerra mondiale, per la conquista di Taiwan.

La vittoria della Meloni apre la strada a un partito conservatore?

E’ una domanda importante e significativa per Alleanza Cattolica. Finalmente una forza politica in Italia ha “osato” definirsi conservatrice. “Il termine in Italia non ha mai avuto corso per ragioni storiche e ideologiche, anche se è sempre esistita una parte della popolazione, non sempre maggioritaria ma comunque molto ampia, che può essere definita conservatrice”. Sostanzialmente “il conservatore è più un missionario che cerca di costruire un futuro migliore piuttosto che un nostalgico di un’epoca trascorsa”.

L’analisi continua descrivendo la presenza di due Italie: l’Italia parassita e quella tecnocratica.

“Accanto a un’Italia reattiva e a un’altra indifferente disincantata, vi sono però almeno altre due Italie che emergono dal voto”: un’Italia parassitaria, abile a strumentalizzare una situazione di povertà, in molti casi reale. Un elettorato che probabilmente non avrebbe mai votato il PD, ha votato per la maggior parte, il Movimento 5 Stelle nel Mezzogiorno. Una forma di baratto fra il voto e il reddito di cittadinanza, che non è solo indice di malaffare, ma una sconfitta per la politica, spesso ridotta a mera amministrazione, incapace di dare risposte a esigenze comunitarie. Una politica così ridotta a soddisfare il “desiderio” del singolo. Certamente occorre distinguere fra l’operazione M5S che ha sfruttato politicamente una situazione oggettivamente problematica e l’esistenza di una questione sociale le cui radici sono storiche. L’altra Italia è quella tecno-dipendente e relativista. E’ quella che preferisce delegare ogni decisione sulla cosa pubblica ai tecnocrati, in nome del benessere materiale e dell’individualismo senza regole. Si tratta degli eredi del Partito Comunista che hanno sposato l’agenda radicale dei “diritti”, dei progressisti cattolici. degli ambientalisti ideologizzati.

L’analisi di AC, dà uno sguardo ai partiti anti-sistema, che hanno conseguito risultati molto inferiori rispetto alle aspettative di chi li ha promossi. Generalmente sostenute da persone generose, che hanno messo insieme gli scontenti della politica governativa verso l’emergenza sanitaria, ma anche il sentimento anti-occidentale, presente sia a sinistra che a destra. Un altro movimento anti-sistema, preso in considerazione dall’analisi dell’associazione cattolica,  è quello di “Cateno De Luca”. Il fenomeno De Luca non va sottovalutato, anche se può essere considerato un personaggio istrionico, a suo tempo qualcuno l’ha definito un “novello Masaniello”, si è costruito un grande seguito sui social. Da sindaco di Messina, ha mostrato capacità amministrativa, ha militato in diverse forze politiche, “si presenta come personaggio anti-sistema, pur avendo fra i suoi candidati anche molti politici di lungo corso, fra l’altro non sempre tra i più limpidi”. Ora all’Assemblea Regionale Siciliana (ARS), guida un drappello di deputati, e ancora più sorprendente, è riuscito ad eleggere nei collegi uninominali di Messina un deputato e un senatore, superando i candidati di centro-destra. Secondo l’analisi di AC, “potrebbe essere un fenomeno destinato a sgonfiarsi, ma potrebbe anche far nascere un ‘sindacato del sud’, come la Lega Nord lo è stato in passato nelle regioni settentrionali”.

Il destino della Lega di Salvini. E’ stata particolarmente colpita in senso negativo dal risultato elettorale, passando in quattro anni dal 17,23% a meno del 10%. La Lega ha avuto una funzione importante nella storia culturale italiana. Ha anticipato la fine delle ideologie, diventando il primo partito territoriale, legato agli interessi di un territorio, dunque federalista, mettendo in discussione la politica centralista di tutti i governi successivi all’Unità. Con Salvini segretario, la Lega si è trasformata in partito nazionale, partendo dal 4,1%, è passata al 34,26% nelle elezioni europee del 2019, ma in soli tre anni ha “bruciato” il grosso consenso, per le scelte politiche sciagurate della sua dirigenza. Questo conferma quanto sia volatile il consenso nella società liquida post-ideologica, ma anche perchè la gente fra i due partiti tendenzialmente nazionalisti, ha scelto l’”originale”, cioè Fdl.

Per affrontare l’ultimo problema: la questione cattolica, occorre partire da due punti di partenza: la totale secolarizzazione della società occidentale, italiana in particolare, e la conseguente irrilevanza della presenza pubblica dei cattolici.

I cattolici, dopo la scomparsa della DC e la fine del collateralismo, ha conosciuto la stagione del “progetto culturale”, quando era presidente della CEI, il cardinale CAmillo Ruini, a partire dal Convegno di Loreto del 1985, la Chiesa italiana ha cercato di essere presente nella società come protagonista nella promozione dei principi non negoziabili, senza delegare ai partiti, ma di fatto trovando un accordo con il Centro-destra di Berlusconi. Terminata la presidenza Ruini, la Chiesa ha assunto posizioni deboli. Tuttavia ora l’irrilevanza dei cattolici non è il “cattolicesimo politico”, ma la questione è sintetizzata in questo titolo di un convegno organizzato da Ruini: “Dio oggi. Con Lui o senza di Lui cambia tutto”. Tuttavia secondo AC, l’irrilevanza dei cattolici si manifesta su quattro livelli: il primo, l’”irrilevanza istituzionale”, la Chiesa e la Gerarchia, non solo non spostano voti, ma stanno alla finestra. Il 2°, una divisione profonda del mondo cattolico, che non è una mera questione di destra o sinistra, ma è figlia della penetrazione del relativismo, cioè della IV Rivluzione, nei criteri di giudizio dei nostri contemporanei, cattolici compresi. 3° livello: l’assurda divisione tra cattolici “per la vita” e cattolici “del sociale”. 4°, il timore di affrontare questioni geopolitiche, come il rapporto critico con l’UE, discostarsi dall’agenda politica dominante.

Alla fine Che fare? Intanto non illudersi che la politica, tantomeno un partito possa affrontare o risolvere la catastrofe antropologica del nostro tempo, sarebbe insensato. Certo la politica può rallentare il processo rivoluzionario, “la conversione della società è opera di Dio e della sua Chiesa, Gerarchia e laicato, attraverso l’annuncio della fede e una seminagione paziente e a lungo termine di una cultura ispirata alla stessa fede”. Pertanto occorre una risposta culturale prima che politica.

 

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