Michele Sarrica, “Nella soffitta del tempo più caro” (Ed. Youcanprint )

di Guglielmo Peralta
 
      Il titolo di questa silloge poetica di Michele Sarrica è emblematico e, in quanto tale, anticipa, lascia subito indovinare il tessuto delle poesie che la compongono, e cioè la memoria, che il nostro poeta paragona a una soffitta in cui sono custoditi i ricordi - quelli più piacevoli da cercare, da accarezzare e quelli meno piacevoli che non si possono annullare definitivamente - che hanno segnato le tre tappe del suo cammino evolutivo: infanzia, fanciullezza e adolescenza. Egli considera un “privilegio” l’impossibilità “di cancellare dal diario dell’esistenza i ricordi più dolorosi” perché così ci è data la facoltà di scegliere ciò che va assolutamente lasciato in soffitta e ciò che, invece, va “salvato”, tratto fuori dall’abbaino e trasformato magari in “racconto, canto, poesia”. Anche i momenti più tristi, che trovano la loro accoglienza nel linguaggio poetico e dell’arte in genere, continuano così a fare parte della nostra vita, sublimati e sotto una nuova luce.
      Da queste considerazioni, espresse dall’Autore nella nota di apertura della silloge, prende l’input il “racconto” poetico di un’intera esistenza, che s’intreccia e scorre con la storia e la vita del suo paese, Castelbuono. Nulla è dimenticato o tralasciato di «quel tempo» rivissuto, cercato e ritrovato, non come in Proust attraverso la memoria involontaria, ma nella veglia e nella volontà della coscienza, che è, insieme, consapevolezza di avere “perduto” quell’età impareggiabile e desiderio di mantenerne vivo il ricordo. Pertanto, non ci sono epifanie o rivelazioni in questa raccolta, dove alle intermittenze del cuore è sostituita la continuità, la costanza del pensiero e dell’amore del Nostro per i luoghi, le cose, le persone che, al di là del fluire inarrestabile del tempo, sono rimasti custoditi nella “soffitta” e dai quali egli non si è mai separato. Sempre forte e costante è stato il richiamo della sua terra: il “paradiso”, il “luogo dell’anima” cui dedica qui versi memorabili che esprimono passione, devozione, stupore, contenuti dentro una patina di profonda nostalgia: sentimenti che toccano il cuore del lettore e lasciano avvertire il tremore, la commozione del Poeta, il quale dichiara il grande amore per la sua terra, dalla quale si sente ricambiato e per la quale verga, nel testo che conclude la raccolta, parole pregne di sacralità dettate dal vangelo del cuore:
 
In questa terra ho fatto i primi passi / ho letto i primi versi / ho dato il primo bacio / Tra le sue zolle c’è la nostra storia / il nostro pane / il seme della nostra libertà / Per questa terra / ho dato in pegno al mondo / la vita di un bambino (…) il cuore di un bambino
 
E al cuore del nostro poeta parla con “la voce di uno Stradivari” il Paese che “ha il cuore di un violino”. Esso accompagna il canto con l’album dei ricordi offrendo un paesaggio che respira in sintonia con l’anima del suo poeta, col quale condivide la nostalgia rendendola meno amara, più sopportabile.
 
Tra foto di famiglia / e cartoline ricevute per Natale / mi sembra di vederlo mentre sfoglia / l’album del cuore /  Come me / ha nostalgia di rughe e di sorrisi / rimasti / sul davanzale dei ricordi
 
Nella personificazione del Paese traspare un’umanità varia che incarna lo spirito di una terra bagnata del sudore dei suoi figli, generosa, prodiga di affetti, paziente e gravida di sole, di attese e di umori; madre d’amore e di dolore che mostra le ferite dei campi abbandonati e le “rughe” di una vita operosa, scritta “nei solchi (…) sulla fronte” dei suoi vecchi, che il Nostro paragona agli “angeli più stanchi” ma soddisfatti del loro lavoro: la nota più alta che ha segnato la loro intera esistenza.
Tra quelle rughe / c’è in vetrina il libro della storia…”. Esse sono metafora del tempo trascorso, che ha lasciato i solchi nella vita non solo del nostro poeta ma anche di tanti suoi compaesani. Tutto è passato su quel quadrante rugoso: gli affetti familiari, le feste in casa, le serenate, i sogni, i desideri, gli amori, le promesse, le delusioni, gli amici, gli studi, i compagni di scuola, le letture varie, gli eroi dei fumetti, i giochi, i primi versi, le vacanze, le scampagnate, la scoperta della natura, le sue voci, il lavoro, la miseria, le partenze …
Di questa materia, che è vita e memoria, si compone il fine poema del “Tempo più caro”, tessuto con i sentimenti più nobili che rispondono al richiamo dell’anima grande di Castelbuono, che è, insieme, la casa amatissima che ha dato i natali al Poeta e la dimora eterna dentro il suo cuore.
 


 
 
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