Prefazione di Tommaso Romano a "Cre... attivo. Dovere e piacere di raccontare" di Ignazio Maiorana (Ed. l’Obiettivo)

La libertà non è solo una declinazione di utilitarismo retorico sociale. La libertà – come diceva l’indimenticabile Giorgio Gaber – è anche partecipazione, attiva, rischiosa, visionaria, praticabile non solo a parole, come la democrazia, che più si ripete e meno valore sostanziale assume.

Nelle Madonie siciliane, un giornalista impastato di terra, utopia e senso della giustizia, Ignazio Maiorana, prosegue il suo sogno di liberazione per la sua gente e per dare senso a sé stesso.

Collabora con giornali, Tv private, fa politica a modo suo nell’agorà reale, combatte epiche battaglie, spesso irrise dai potenti e sottovalutate dalla burocrazia di tanti “professionisti”, come diceva Sciascia, che fanno delle cause – a volte buone a volte meno – il loro mestiere verso orizzonti di conquista di un potere che dicevano di combattere creando le nuove egemonie del privilegio, magari in nome della “legalità”.

Maiorana fonda quaranta anni fa il suo Periodico di lotta e di speranza, l’Obiettivo, che dirige tuttora, senza perdere la fiducia nell’idea che soltanto la lotta per la vita giusta può generare una renovatio autentica.

Questo volume di bozzetti riusciti, scritti con sagace ironia in punta di penna, è un modo efficace di fare memoria come testimonianza, di scrivere come terapia, di narrare divertendosi senza la pretesa di essere pedagogo, pur sapendo e avendo piena coscienza di essere scomodo, ma coerente con la sua weltanschauung.

Si incrociano in queste pagine terse che presentiamo uomini e vicende, microstorie paesane e destini, lotte e sconfitte, resurrezioni e disincanto con ironia lieve e a volte mordace.

Fra umili e intrallazzisti, mafiosi e perditempo, Maiorana parla del compaesano e grande scrittore Antonio Castelli, del profeta antimafia misconosciuto Michele Pantaleone, di Peppuccio Tornatore, incontra la cronaca della voce delle fogne e si imbarca nella decrescita che si ritiene felice. Egli crede nel valore della denuncia e paga spesso prezzi salati senza indietreggiare, trova amici per il sentiero irto e comunica la sua ardente verità come un grido nel deserto dell’indifferenza.

La scrittura-terapia è autobiografia del segno proprio di una controversia contro il male.

Accanto a pagine di bella letteratura compiuta (a cominciare dall’incipit Il verso del gallo), Maiorana racconta, perché – come sostengo – raccontare è raccontarsi. Nel bene agognato c’è sempre l’oceano da attraversare a nuoto da soli, e questo Ignazio Maiorana lo sa bene anche per la pratica esperienziale e teorica della zootecnia che non è solo professione, ma anche autentica metafora di naturalità da ritrovare nell’essenziale senza orpelli.

Scrittura vivace e scorrevole, quella di Maiorana è una narrazione a tinte forti, dove la cromia si manifesta in tutta la sua potenza e si fa parola, al contempo, dignità di essere.

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