Profili da Medaglia/40 - "Caterina Artale Sanfilippo" di Tommaso Romano
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- Category: Scritture
- Creato: 29 Agosto 2018
- Scritto da Redazione Culturelite
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All’inizio degli anni Settanta c’era in piazza Vittorio Emanuele Orlando a Palermo un Centro culturale e polisportivo, il «Savoia» animato da Franco Sausa, redazione anche del periodico napoletano «Tribuna Politica», allora diretto da Carlantonio Del Papa. Vi si organizzavano pure premi letterari (nel 1972 il Ruggiero di poesia) ed ebbi modo di incontrarvi amici e maestri che sono poi entrati nell’umana geografia della mia esistenza. Fra questi Giuseppe Ganci Battaglia (il “poeta delle Madonie” a quegli incontri fresco di una sua biografia sul poeta-zappatore di Cefalù Carmine Papa) e Caterina Artale Sanfilippo, una singolare figura di donna del Novecento palermitano, educatrice e libera pensatrice nel senso più alto e nobile del termine.
Viveva da sola in un grande appartamento di via Houel e ricominciava in quegli anni a pubblicare saggi, interventi e meditazioni Sulla breccia, per usare il titolo di un saggio del 1973 prefazionato assai bene da quell’erudito che è Calogero Messina, ed edito dal Centro Culturale Luigi Pirandello di Agrigento.
L’Artale Sanfilippo non era un’insegnante leggera con velleità letterarie e critiche. Dal carattere forte e determinato, sembrava spigolosa e quasi ombrosa ad una prima, sommaria conoscenza. Si rivelò a me attraverso i suoi libri dal timbro così personale a partire dalle Spigolature di didattica fino alle riflessioni religiose ed esistenziali a cui non si sottraeva, e che anzi cavalcava come novella Angelica. In effetti la «signorina», come la chiamavano, rivelò ben presto una rara umanità, mai esibita né posta a fondamento del suo pensiero, che ebbi modo di apprezzare nei lunghi anni della sua permanenza all’Istituto Mater Dei fino alla morte (1999), nell’autenticità di un rapporto di donazione con gli altri anziani ospiti della casa (si prese, fra gli altri, cura dello scrittore palermitano Angelo Fiore; a sua volta difficilissimo personaggio che ebbi modo in quel luogo di incontrare e a cui con Salvatore Ferlita dedicai nel 2006 un convegno e l’edizione di un racconto inedito II circo Fròbe curato da Sergio Collura).
Nata a Palermo nel 1909, conseguì il diploma magistrale nel prestigioso Istituto Regina Margherita nel 1925, ed ebbe come Maestro il grande scrittore Antonio Pizzuto, nel 1924 suo insegnante di filosofia e pedagogia, con cui nel secondo dopoguerra tenne un interessante epistolario che pubblicai in «Terra di Thule», anno 11, n. 6-9, giugno-settembre 1986.
Nel 1930, su sollecitazione di Ugo De Maria, diede alle stampe quattro saggi sotto il titolo di Conferenze di letteratura infantile. Le avventure di Pinocchio, Scurpiddu, Cordello (Ed. Boccone del Povero).
Vicissitudini familiari impedirono all’Artale Sanfilippo di continuare a sviluppare organicamente le proprie riflessioni. Riprenderà con piena operosità nel 1943 la sua attività di pedagogista e scrittrice, raccogliendo una intensa gamma di scritti, senza però nessun programma di pubblicazioni.
Nel 1947, conseguendo un obiettivo lungamente agognato, si laureò in materie letterarie all’Università di Messina e nello stesso anno cominciò a insegnare nelle scuole elementari che non vorrà più abbandonare fino alla pensione. è nel 1966 che, in seguito ad un dibattito acceso sostenuto a Roma in un convegno di didattica, fa pubblicare il saggio II Cuore e i nostri giorni, dove legge il classico del De Amicis con nuove riflessioni legate alla psicologia dello sviluppo e ai nuovi tempi.
Intanto l’Artale Sanfilippo entra in rapporto con i maggiori pedagogisti del tempo: Aldo Agazzi la indica per le «doti di chiarezza e penetrazione» e Santino Caramella, l’insigne filosofo idealista cristiano, la spinge a proseguire le riflessioni su Giovanni Papini credente o contestatore?, con un nuovo saggio che avrà più edizioni e il conforto di Giulio Bonafede, proprio al Convegno per il centenario papiniano (1981) indetto dalle mie edizioni Thule e apertosi con un messaggio di Giuseppe Prezzolini, che si svolse al Circolo della Stampa.
Da quel momento l’attività di Caterina Artale Sanfilippo non subì né arresti né tentennamenti. Nutrito è l’elenco dei suoi volumi: Lungo la via\ A quel modo che ditta dentro (Editore Cappugi, 1969), Le nostre penne di retro al dittator sen vanno strette, in tre volumi (Cappugi, 1969), la collaborazione con elzeviri al «Giornale di Sicilia», «L’Ora», «I Diritti della Scuola», «Scuola Italiana Moderna». Con l’editore Manfredi di Palermo pubblicherà nel 1970 Un pd di didattica, Cime e abissi (che riunisce scritti dal 1953) e Lungo la via nel 1973; ancora con Cappugi nel 1972 e con l’editrice Herbita nel 1977 uno dei saggi suoi più stimolanti e polemici La scuola? Un paradosso, inoltre, con l’editore Pellegrini di Cosenza nel 1978 Peregrinando e spigolando. Quasi tutte le sue altre opere le pubblicò con la casa editrice Thule a partire da Riflessioni morali e altri studi (con una lettera di Santino Caramella nel 1976), a cui faranno seguito I segni dei tempi; Spunti di critica sul Cristianesimo contemporaneo (1978); Meditazioni (1979); Voci di coscienza del 1989.
Riunii per Thule l’Opera Omnia in tre volumi e un’appendice, pubblicati tra il 1981 e il 1990, di circa 700 pagine, (che volli personalmente curare) come omaggio e coronamento di una intera vita spesa al servizio di una pratica di libertà interiore che «ditta dentro», e che pure trovava forza espressiva nell’Artale Sanfìlippo, con una carica di innovazione e acutezza che già il suo Maestro Antonio Pizzuto aveva salutato come «spregiudicata e originale nel suo talento filosofico».
Dobbiamo a tal proposito un ringraziamento all’opera critica puntigliosa e straordinaria di alcuni studiosi: il "pizzutiano" Antonio Pane, Salvatore Di Marco autore di un bei saggi sul Leggibile Pizzuto, nonché a Francesco Grisi per aver ricordato più volte con me la scrittrice palermitana allieva e poi amica corrispondente del grande scrittore. E questa, mi pare, la giusta sede per rendere merito a una piccola «impresa» che Rosa Mastrandrea ha portato a buon fine nel 2002 alla Civica galleria d Arte Moderna a Palermo (allora ubicata al Teatro Politeama), con la mostra Nell*ombra e il pregevole catalogo documentario L’arte del femminile fra Ottocento e Novecento. In questa rigorosa pubblicazione la presenza e Fattività di Caterina Artale San- filippo, (insieme a tante altre e significative) hanno avuto il giusto rilievo.
Eguale e significativo merito va a Marinella e Giovanna Fiume per il poderoso volume di ritratti al femminile le Siciliane (Siracusa 2007) con una mia voce dedicata all Artale.
Pur essendo uno spirito libero e solitario (ma avendo lasciato orma di sé nell’insegnamento) l’Artale Sanfìlippo vantava tre sole appartenenze: al Sindacato Liberi Scrittori Italiani (dedicherà un saggio al volume Lettere a Fedor di Francesco Grisi che fu segretario generale del sodalizio); al cenacolo di casa Amato Pojero-Comparato per lunghi decenni amorevolmente diretto dalla signora Concetta Comparato, vedova di Giuseppe Amato Pojero, il fondatore della più importante fra le istituzioni culturali palermitane, la Biblioteca Filosofica; al gruppo delle edizioni Tulle, che erano nate proprio agli inizi degli anni Settanta e a cui fu legata non solo dalle pubblicazioni ma dal solido affetto reciproco e dalla stima. Peppino Rota nel 1974 la inserì nel Dizionario degli scrittori italiani d’oggi edito da Pellegrini, e Welma Sorrentino nel volume primo dell’opera Artisti e Scrittori Contemporanei (Gesualdi, Roma 1976).
Mente ampia, senso filosofico spiccato, l’Artale Sanfìlippo non chiese mai sostegno per le sue tesi ardite di critica letteraria e di pura speculazione filosofica scritte con una prosa avvincente, chiara, mai barocca. I suoi colpi di sonda nelle pieghe più recondite dell’animo sollevano molti veli suscitando in noi l’inquietudine che fu già di San Agostino e di Pascal.
In verità la nostra autrice era ben consapevole dei rischi insiti nell’impulso necessitante di scrivere, eppure testimoniò coraggiosamente: «Io mi assolvo in nome di quegli incerti che gravano ineluttabilmente sulla povera mente umana e in particolare in chi scrive» facendo tesoro di ciò che Jacques Maritain pensava: «La mia coscienza non è infallibile, ma io non ho mai il diritto di agire contro di essa».
Grande in lei fu il valore non ideologico dell’esperienza, certamente filtrata dalla pratica e dall’elaborazione didattica, esito non di dogmatiche osservazioni ma - come scriveva nel 1989 - frutto «dell’evoluzione della mia attività intellettuale, effettuatasi attraverso esperienza, informazioni, riflessioni sempre nuove, nel determinarsi di una maturità progressiva».
Era questa, in sostanza, la concezione dell’uomo, della cultura e della scuola viva (alla Devaud) dell’Artale Sanfìlippo, maturata nella penombra della Biblioteca Filosofica di Amato Pojero a Palermo, e poi nel misurarsi arditamente con i classici del pensiero, con autori a lei cari come Francesco De Sanctis e Leopardi e con altri non certo effimeri del nostro tempo come Hans Kung, Vittorio Messori, Alessandro Pranzato, e narratori Mario Po- milio, e tanti altri ancora.
Abbiamo già fatto cenno ai "voli pindarici" come la stessa Artale Sanfilippo definiva i suoi scritti che riguardano il cristianesimo, aggiungeremo le questioni di Anime e mito" fino ai problemi dell’aborto e dell’evoluzione verso la liberazione della donna, ritenuta di fondamentale svolta umanistica.
E, ancora, le domande serie sull’Antico Testamento fino all’infallibilità pontificia, poste con disarmante forza argomentativa in forma icastica, che restano a testimonianza di una rara condizione (non solo femminile!) morale e culturale, nel panorama della cultura siciliana del Novecento.
Così in Peregrinando e spigolando, pose la sua dedica ai lettori: «A tutti coloro che, gettata alle ortiche la tunica di certe convenzioni, hanno preso Fabitudine di pensare con la propria mente senza occultarne impulsi, perplessità, esigenze». Il miglior modo, concludendo, per accostarsi alla fonte ricca e originale dell’opera di Caterina Artale Sanfìlippo e al suo luminoso esempio di coscienza, libertà e autonomia intellettuale.