Profili da Medaglia/5 - "Giacinto Auriti" di Tommaso Romano
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- Category: Scritture
- Creato: 04 Aprile 2018
- Scritto da Tommaso Romano
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Nato a Guardiagrele nel 1923, morto a Roma nel 2006.
Giurista, saggista e teorico dell’economia e della politica. Laureatosi a Roma fu, presso l’Università di Teramo, tra i docenti fondatori della Facoltà di Giurisprudenza, della quale fu anche Preside.
Insegnò Diritto della navigazione, Diritto Internazionale, Diritto privato comparato e Teoria Generale del diritto. Inoltre, dopo avere istituito la cosiddetta “Scuola di Teramo”, fondò il Centro di Studi Politici e Costituzionali.
Condirettore, insieme ad Antonio Miani e Paolo Sella di Monteluce, del periodico “La Rivolta del Popolo”, si cimentò nelle elezioni politiche del 1968 con un movimento denominato “Raggruppamento Italico”. Fu pure direttore del periodico “L’Alternativa” di Chieti. I suoi Editoriali sono stati ristampati meritoriamente da Solfanelli nel 2016.
Teorico della “proprietà di popolo” contro i poteri mondialisti della finanza e delle banche, non si stancò di divulgare le teorie economiche di un grande eretico come Ezra Pound. Fu apprezzato e incoraggiato anche dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, facendo inserire nella dottrina della Chiesa una Preghiera contro l’usura.
Fra le pubblicazioni: Comproprietà navale e società fra caratisti (1952); Sulla Teoria delle società commerciali (1953); Azione di rescissione per lesione nella liquidazione di quota sociale per recesso (1953); Brevi cenni sulla natura giuridica del contratto di arruolamento (1953); Lo spedizioniere-vettore e commerciante di servizi (1953); Compendio di storia della cultura giapponese. Dall’età arcaica alla Restaurazione del Meigi (1954); Applicazione di una teoria dell’utilità a una teoria del diritto e delle persone giuridiche (1954); Considerazioni sull’istituto dell’abbandono dell’assicuratore con particolare riguardo all’art. 546, 2. comma, Cod. Nav. (1955); In materia di rischi per l’attesa della nave allo sbarco (1956); La polizza di carico (1957); Richiesta della riconsegna della merce da parte del destinatario dopo un precedente rifiuto (1957); Brevi cenni in tema di revoca di concessione d’impianti d’aeroporto e di legittimazione all’esercizio della rappresentanza dell’esercente negli aerodromi (1959); La norma giuridica come oggetto della scienza del diritto (1960); Il potere della produzione economica nello stato di diritto (1961); Precisazioni sul concetto di efficacia rappresentativa nella vendita contro documenti (1962); Considerazioni sull’interpretazione letterale e logica del diritto (1962); Caratteristiche e natura giuridica dell’ingaggio marittimo (1965); Contributo allo studio del contratto di noleggio (1970); Appunti di diritto della navigazione (1970); La nave in costruzione: contributo ad una teoria dei beni (1972); Principi ed orientamenti per una moneta europea (1977); Considerazioni sul regime giuridico del trasporto multimodale (1979); Il paese dell’utopia. La risposta alle cinque domande di Ezra Pound (2002) e, ancora, Il Diritto di Proprietà nello Stato Socialista (1962); L’Occulta strategia della guerra senza confini (1972); L’Ordinamento Internazionale del Sistema Monetario (1981); Il Valore del Diritto (1988); La Proprietà di Popolo (Palermo, Edizioni Thule, 1977).
Nel 1998 collaborò con Beppe Grillo alla realizzazione dello spettacolo “Apocalisse Morbida”.
È stata fondata ed opera la “Scuola di Studi Giuridici e Monetari Giacinto Auriti”, che ha per motto “Il valore non è una proprietà della materia”.
Quando si parlava e dibatteva di economia, moneta e usura nell’ambiente culturale e metapolitico degli anni Settanta e fino alla sua morte nel 2006, il riferimento, insieme ad Accame, il nome di Auriti era d’obbligo, non solo per chi scrive queste note.
Mi accostai alle sue originali problematiche affamato di idee, le più diverse che circolavano a destra, già nel 1968. Avevo tredici anni e con mio padre Ignazio, a Roma, ero reduce del comizio di chiusura, poi finito a botte, della campagna elettorale del MSI di Arturo Michelini.
Mi documentai, come potei, e raccolsi, anche in quei frangenti e per caso, un giornale fitto di testi: “La rivolta del Popolo”. Scoprii, così, il pensiero di Auriti, che si compendiava nel motto «Espropriamo i governi e riprendiamoci la roba nostra», tanto attuale già allora, che non era di certo il conclusivo tempo della totale decadenza della politica italiana, che data almeno un trentennio.
Auriti si rifaceva a Pound, ma con una sua ferma e chiara personalità, oltre che con un’originale ideazione sostenuta da ampia erudizione accademica.
Cattolico e mai banalmente clericale, lasciò intuizioni e scritti notevoli.
Il suo manifesto riassuntivo su La Proprietà di Popolo, lo pubblicai nel 1977, frutto di una collaborazione intessuta con il Centro Studi Politici e Costituzionali e con l’amico Francesco Ciminieri. Fui anche invitato a Pescara, nella sede del Centro, per presentare Thule, ospite di Marino Solfanelli, già allora coraggioso editore (oggi la casa Editrice Solfanelli e la Tabula Fati sono dirette egregiamente dal figlio Marco).
Rividi Auriti altre volte. Una, in particolare, la voglio rammentare. Grazie al suggerimento di Accame, si svolse a Palermo un convegno di studi scientifici su Pound, presso la Fondazione culturale Lauro Chiazzese della Cassa di Risparmio, presieduta dall’avvocato democristiano Francesco Pillitteri. Vi presero parte studiosi e accademici, la figlia di Pound, Mary de Rachewiltz e l’appartato Antonio Billeci, un professore seguace di Pound e di Giuseppe Amato Pojero, in gioventù ardente teosofo. Divenni amico di Billeci e raccolsi tante di quelle informazioni da scrivere in seguito su di lui una voce per il grande Dizionario di Teologi e Filosofi della Facoltà Teologica di Sicilia, diretto da Franco Armetta. Alla morte di Billeci mi furono donati vari faldoni di scritti e corrispondenze intrattenute dal professore palermitano.
Fra le molte lettere, quella di Lina Caico, la famosa animatrice del giornale “Lucciola”, della de rachewiltz e di Pound, oltre che dello stesso Auriti.
Per chi scrive, che fra i tanti e forse troppi interessi coltiva la collezione di Autografi, fu un regalo degli Dei, nella duplice accezione.