“Quel fortunato vecchio figlio” – di Giuseppe Sole

Non poteva trovare, per le sue memorie, titolo più opportuno That Lucky Old Son (calembour : old come Lo Vecchio) il cantante Francesco Paolo Lo Vecchio in arte Frankie Laine. Fortunato lo è stato davvero questo “vecchio figlio” siculo americano; intanto per avere raggiunto in buona forma, sebbene avesse dovuto affrontare, già anziano, un paio di interventi chirurgici al cuore, la invidiabile età di novantaquattro anni (si spegne nel 2007); e poi per avere goduto di un duraturo e straordinario successo che trova, a tutt’oggi, pochi raffronti nel panorama della musica popolare americana. Successo e popolarità colti non più in giovanissima età ma che mantenne per lunghissimo tempo (fino al 1985 in sala di incisione). Le due grandi grandi organizzazioni, ancora attive, The Frankie Laine Society of America in USA e The Frankie Laine Internacional Appreciation Society in Inghilterra, a cui si richiamano gli innumerevoli fans sparsi in tutto il mondo, ne danno ulteriore conferma.
In un linguaggio asciutto e conciso, completo di esaurienti appendici (indice dei nomi, discografia, performances cinematografiche, televisive e radiofoniche, elenco dei testi delle canzoni a firma del medesimo Laine), il libro, corredato di fotografie inedite, scritto unitamente al giornalista Joseph F.Laredo, è stato pubblicato negli Stati Uniti e in Inghilterra ma non diffuso in Italia. Ne acquistai copia dallo stesso cantante realizzandone una traduzione libera. Il libro mi giunse con la dedica dell’autore (foto) insieme a una sua foto (post). Nel mio archivio le lettere che ci scambiammo in quella occasione. Nelle sue pagine, la cui lettura scorre piacevolmente veloce,  non è racchiusa soltanto la vicenda dello show-business americano (dagli anni venti fino al termine del secolo scorso) ma emerge, a volte con crudo realismo, uno spaccato della vita sociale degli immigrati italiani e degli stessi yankees, lungo tutto l’arco temporale che va dalla grande depressione al secondo conflitto mondiale.
L’infanzia, avvio di questo percorso a ritroso nella memoria, che nella nuova terra avrebbe dovuto aprirsi a nuovi orizzonti, rimase ancora legata ad antichi retaggi che la segneranno profondamente e il cui ricordo non sarà mai rimosso dal cantante : la visione del nonno materno Salvatore Salerno, morente fra le braccia della moglie dopo avere ricevuto cinque rivoltellate da uno sconosciuto (?) gangster, è un passo narrativo di rilevante drammaticità.
Nella Chicago dei primi anni del secolo trascorso, il sogno americano di Anna Salerno e Giovanni Lo Vecchio, gli emigrati genitori che avevano lasciato la natia Monreale, vicino Palermo, sarà ridimensionato.
Nella Windy City, che darà i natali alla numerosa prole (Frankie, il primogenito vi nascerà il 30 marzo 1913), il potere democratico avrà, nel volgere di pochi anni la leadership di Al Capone, il famigerato boss che affiderà il suo viso soltanto nelle mani sicure del barbiere Giovanni Lo Vecchio: proprio nella autobiografia ne dà conferma il cantante.
Scuola e lavoro le alternative alla strada, mentre il coro scolastico, come primo approccio alla musica, consentirà al futuro “tonsille di acciaio” (appellativo che gli sarà attribuito per la voce possente e squillante)  la scoperta del jazz.
Bleeding Hearted Blues, con la voce di Bessie Smith, e West End Blues, con Louis Armstrong, gli ascolti discografici di Laine che ne determineranno scelta e formazione musicale. Per quest’ultima, la scuola migliore non poteva che essere il Merry Garden Ballroom di Chicago dove suonavano alcuni giovanissimi studenti del luogo il cui indirizzo musicale di jazz prenderà il nome di stile Chicagoano. L’autore menziona i nomi di questi talentuosi musicisti (Spanier, Trumbauer, Krupa, il pianista Dave Rose, il contrabbassista Johnny Maitland, il vocalist Frank Sylvano e il clarinettista Frank Teschemaker con il quale Laine studiò a lungo) ai quali lo legherà una profonda amicizia. Un preludio jazzistico, questo, che contrassegnerà gli esordi della sua vicenda artistica (con qualche ritorno di fiamm
a nel corso dell’exploit commerciale) e sui quali il cantante è prodigo di curiosi e interessantissimi inediti.
Coinvolgente, e a tratti espressivamente colorita, è la descrizione della maratona di ballo : efficace antidoto alla miseria più nera abbattutasi sul popolo statunitense alla fine degli anni venti che vide Frankie Laine instancabile ballerino per un lungo quadriennio. Ad Atlantic City, nel 1932, ottenne addirittura il record mondiale con tremilacinquecento ore di ballo, rimanendo in pista da maggio a ottobre. Questo genere crudele di spettacolo ha trovato un drammatico affresco  in quel capolavoro cinematografico americano dal titolo:  Non si uccidono così i cavalli ? (1971) con la straordinaria regia di Ben Pollack e le superbe interpretazioni di Jane Fonda, Susannah York, Michael Sarrazin e Gig Young. Quest’ultimo sarà il vincitore dell’Oscar quale migliore attore non protagonista.
Nomi del jazz, sui quali il vocalist si sofferma con dovizia di particolari, compaiono costantemente nella prima parte del libro come, a esempio: la star del jazz vocale Anita O’Day, allora pestifera quattordicenne curiosa e invadente ; il pianista Hart Hodes con il quale il Nostro si esibiva ogni sera in un club di infimo ordine del New Jersey ; il band leader Jean Goldkette (sfortunate vicende economiche lo costrinsero a sciogliere l’orchestra nella quale aveva persino suonato il celebre trombettista Bix Beiderbecke) che si arrangiava a fargli da manager, un sodalizio, questo, che dopo si trasformò in mutua assistenza, nel senso che in cambio dei pasti quotidiani il giovane Laine si prestava a fargli da segretario/autista. Non mancano ulteriori episodi, a volte risibili. Riporto quello riguardante il trombonista  P.W.Hunt il quale, con fare ingenuo, chiesto in prestito al cantante il suo songbook non glielo restituì più. Viceversa si rivelò propizio l’incontro con il pianista cantante Nat King Cole che accettò ben volentieri di registrare It Only Happens Once, prima  lirica della quale Laine aveva composto anche la musica. Non pochi suoi testi di canzoni hanno trovato il disegno musicale di alcuni celebri songwriters statunitensi quali : Carmichael, Dennis, Lerner.
Accenti di sincero sentimento amicale quelli rivolti da Frankie Laine a Perry Como, altro celebre cantante, nonché oriundo italico : amicizia di vecchia data e di reciproco appoggio la loro. Nel libro è richiamata la segnalazione di Perry Como al suo ex band-leader Freddy Carlone, a favore dell’amico Frankie il quale, invece, per lo stile mieloso che caratterizzava quella orchestra rinunciò a un vantaggioso contratto.
Sia i disc jockeys, i quali in continuazione trasmettevano That’s My Desire, il  primo hit discografico di Laine, che i numerosi fans  stentavano a credere che egli fosse un cantante bianco: tutti ne credevano negra la voce. Il disco ebbe una vendita strepitosa con più un milione di copie. Nella mia discoteca l’originale 78 giri.
Nelle canzoni che io cantavo - scrive nella autobiografia - usavo la voce come un solista di jazz usa il suo strumento. Affermazione, questa, mai condivisa dai critici e che ha lasciato al cantante una profonda amarezza :you can be the jazziest singer in the world, but once you start to sell records you’ve gone commercial.
Il mondo del jazz gli sarà familiare anche nelle vesti di talent-scout scoprendo il pianista André Previn, allora quindicenne ma già abilissimo strumentista, che declinerà l’offerta manageriale dell’aspirante mentore.
Dalle pagine del libro emerge a tutto tondo la personalità del nostro protagonista di cui la determinazione, unita al naturale talento, è stata l’arma vincente per il raggiungimento dei traguardi ambiti.
Sì è vero sono stato fortunato - confessa - ma sempre a prezzo di enormi sacrifici. La fame patita a New York e l’abituale giaciglio notturno sulla  panchina del Central Park continuavano a essere i suoi ricordi più tristi.
Ancora un inno all’amicizia il capitolo dedicato a Carl Fischer (indiano Cherokee) pianista, compositore e accompagnatore musicale del cantante. Insieme firmeranno We’ll Be Togheter Again, un tema che, fra cantanti e musicisti, avrà in sala di registrazione un centinaio di interpreti e che conseguirà nel 1948, con la voce stessa di Frankie Laine, il disco d’oro. La precoce scomparsa di Fisher lasciò un vuoto incolmabile nell’animo del nostro oriundo.
Le crescenti affermazioni nell’ambito leggero della musica (i ventuno dischi d’oro insieme ai  duecento milioni e passa di dischi venduti, ottenuti nella lunga carriera; I Believe, una sua suggestiva interpretazione che ha venduto più di dieci milioni di dischi; le canzoni western che scandiranno le colonne sonore cinematografiche e televisive; le trionfali tournèes in tutto il mondo…) confluiscono nella seconda parte dell’opera.
Alle radici siciliane (nel 1952 il cantante accompagna il genitore a Palermo e a Monreale per una breve vacanza) di cui Laine ha sentito sempre forte il richiamo, si rifanno alcuni gustosi aneddoti come, ad esempio, la presunta parentela con il compaesano Frank Sinatra (il bisavolo Francesco Lo Vecchio aveva sposato una Maddalena Sinatra, nativa della medesima provincia da dove provenivano i genitori di the Voice) il quale, compiacendosene, a ogni incontro amicale chiamerà con l’appellativo di cousino! cousino! (sic) il neo “congiunto”.
Nel 1964 Frankie Laine partecipa al Festival di S.Remo cantando in coppia con Domenico Modugno (Che me ne importa a me) e Bobby Solo (Una lacrima sul viso). Una delusione per il cantante che presumeva di interpretare temi musicali di ben altra caratura. In sintonia si rivelò la voce dei fans i quali, in aggiunta, consideravano di inferiore respiro artistico per il vocalist italo americano il palcoscenico sanremese.
Con Place In Time, titolo dell’ultimo Lp inciso nel 1985, Frankie Laine, dando ancora prova del profondo jazz feeling, si congeda dalle sale di registrazione ma non dai palcoscenici, Il commiato dai lettori della autobiografia accoglie un sguardo rivolto al futuro : The music never ends…
 
 

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