Rivista di Studi Politici Internazionali: competizione senza guerra? – di Antonio Saccà

Stiamo suscitando un mondo contrapposto all’Occidente! Un mondo che tenterà di fare a meno dell’Occidente, nella moneta, negli organismi commerciali ed assicurativi. MENTRE TUTTO INCLINA ALL’INTERNAZIONALIZZAZIONE, ALLO SVILUPPO ONNILATERALE, ALLA POTENZA PRODUTTIVA, ENERGRETICA DI UN SEMPRE MAGGIOR NUMERO PI PAESI NOI TENTIAMO DI ARRESTARE, IMPEDIRE, ANNIENTARE QUESTI SVOLGIMENTI  IRRIMEDIABILI CHE SOLO UNA GUERRA TOTALE FERMEREBBE PER TUTTI. INVECE DI CERCSRE, TENTARE COOPERAZIONE DI CIASCUNO CON GLI ALTRI? VOGLIAMO FRENARE QUEL CHE NON SIAMO IN GRADO DI ARRESTARE DATA LA POTENZA PRODUTTIVA ODIERNA E PROSSIMA, LE ALTRUI POPOLAZIONI, LE ALTRUI MATERIE PRIME? CI CULLIAMO A DIRE SIAMO PAESI LIBERALI E DEMOCRATICI, MA GLI ALTRI VOGLIONO SVILUPPARSI , SFAMARE, SOVRANIZZARSI?  SUSCITEREMO  DUE MONDI IN OPPOSIZIONE. E CHE VERRA’ E’ UN ABISSO ? NON ABBIAMO ALTRA POSSIBILITA’ CHE LA GUERRA PER UN DOMINIO IMPOSSIBILE ED ANCHE SUJICIDA? CHE RISULTATO PROVIENE DALLE GUERRE ODIERNE? SOLO MORTE DISTRUTTIVA. DIFENDERSI MA NELLA COESISTENZA COMPETITIVA.  Ma se vogliono sopraffarci  dobbiamo difenderci ad ogni costo!

La RIVISTA DI STUDI POLITICI INTERNAZIONALI-LUGLIO-SETTEMBRE 2024. NUMERO 363. ANNO 91-tratta, appunto, quanto sopra accennato. Il   fascicolo della Rivista i dovrebbe essere letto al maggior grado di espansione. E’ organico, mirato su di un argomento essenziale che rischia di affossare l’umanità, se non lo conosciamo e risolviamo. Ossia: tutto, proprio tutto volge alla connessione, alla mondialità, all’interdipendenza e noi ci vincoliamo a interessi, legittimi, particolari,, nostri, MA CHE VANNO INCHIODATI IN UNA CONDIZIONE GENERALE, MONDIALE, APPUNTO. Insomma, ci comportiamo come Stati dell’Ottocento, del Novecento laddove il mondo è ormai sviluppato ovunque o vuole ovunque svilupparsi e il dominio di una parte sul tutto è vecchiume esplosivo, suscita possibili conflitti di una  potenza  unilaterale impossibile da realizzare. Al dunque. Jannette Graulau si occupa delle risorse minerarie e del modo in cui l’Occidente ha cercato, riuscendo anche con sostegno statale, di appropiarsene ovunque. E però, la situazione è cambiata,  aspetto che costituisce il punto essenziale dell’intero fascicolo, da ciò tensioni estreme se non ci adeguiamo al mutamento. E che qualcosa, anzi, molto sia cambiato lo rivela anche  Fabio Masini, occupandosi di una  circostanza non conosciutissima ai comuni cittadini, un Fondo Monetario Asiatico, promosso dal Giappone, al di fuori del FMI ed escludendo gli Stati Uniti. Incredibile. Il Giappone è assolutamente avvinto all’Occidente ma è il sintomo di questa molteplicità che non subisce o non vuole subire il dominio unilaterale. Da leggere, il testo di Francesco Petrone sul declino del Liberal International Order e la difficoltà, dicevo, dell’Occidente di prenderne atto e  scoprire adattamenti opportuni. Vacuo dire che corriamo verso il disordine, corriamo verso il disordine se siamo incapaci di prendere atto di un nuovo ordine.  “Ordine” non è immobilità, per niente, l’ordine rientra nel divenire. In sostanza,  dice Petrone e dice la realtà, il Sud esiste, che facciamo? Petrone  propone strategie di adattamento, adattamento, non sottomissione. Se  a qualcuno è  gradita l’eliminazione dell’altro , sarà quel che sarà Ma non sperdiamoci in congetture di un mondo senza ordine, sappiamo benissimo come riordinare il mondo.  Adam Daniel  Rotfeld non fa parole, netto: se incapaci di coesistere, sarà guerra probabilissima. E Diego  Brasioli insiste: prendendo  ragioni da un pensatore saudita, Nayef Al-Rhodan e dal realismo  simbiotico per dichiarare l’evidenza  a quanto pare non a tutti evidente, il mondo è ormai talmente interconnesso che tentare di sconnetterlo è, insisto, non soltanto controstorico , è impossibile, o lacerativo tragicamente. Uno scritto di Franco Damaso Marengo sul Medioriente conclude il fascicolo.

Ma queste valutazioni della Rivista ora si collocano in una situazione del tutto modificata. Gli Stati Uniti, centrali nella politica mondiale, hanno un rinominato Presidente, dopo il Presidente ora decaduto, Joe Biden. Un Presidente che ha orientamenti diversi da Biden, da mettere alla prova della attuazione. Fondamentalmente lo scatenamento dell’imprenditorialità,  con tassazioni ridotte,  con minime barriere, una liberazione dalle restrizioni, burocrazie, il gloria dell’imprenditorialità, dicevo, anche in territori inesplorati, l’automazione, il controllo spaziale, perfino la colonizzazione dello spazio. Se questo  rinominato Presidente, Donald Trump , ritiene che bisogna fare barriera avverso l’immigrazione irregolare, le merci straniere che danneggerebbero  le merci statunitensi, imponendo dazi, il suo  collaboratore fondamentale, Elon Musk, è scatenato nell’automazione, nella conquista dello spazio, nel territorio della comunicazione, anche sul piano militare, ad esempio  vulnerando i sistemi comunicativi dei “nemici”. L’insieme è problematicissimo. I dazi susciteranno dazi contrari, un inciampo nel commercio mondiale mentre i sistemi economici potenziano la produzione, anche a mezzo di una prossima energia sconfinata come la fusione nucleare o altra  che di certo otterremo, ingigantendo la produttività. Il protezionismo urta con il potenziamento produttivo .Accrescerà, forse, invece ,il consumo interno. E lo si vuole. La diminuita immigrazione però forse aumenterà i  salari, Arduo prevedere che avverrà  dagli ostacoli all’importazione e all’esportazione, ancora meno facile immaginare  che ne sarà dei disoccupati da tecnologia automatizzata, Musk ha presente la questione ma la soluzione è incerta. Dare anche a chi non lavora? Spostare parte dell’umanità in altri pianeti? Pare  che Donald Trump non proponga guerre, si riserva quella contro l’Iran, ma  si volge ad una competitività tecnologica, commerciale,oltre che alla   capacità di offuscare la tecnologia militare dei “nemici” bloccandone le comunicazioni dei sistemi bellici.  Di sicuro i limiti al commercio e la produzione esuberante sono  in conflitto . A meno che i dazi non servono a  favorire i consumi interni con prezzi sminuiti. Certo, i rischi di questa prospettiva sussistono, fondamentale una sorta di si salvi chi può, dazi e contro dazi, spinta tecnologica  a bloccare le difese altrui, lotta per la conquista dello spazio. Se non vi è un accordo tacito o esplicito  di evitare la guerra nucleare queste  tensioni potrebbero scatenare conflitto, non evitarlo.  Un accordo pure nella competizione è indispensabile. SOLTANTO COMPETIZIONE. Se la potenza degli stati  si congiunge alla coesistenza degli stati, il potenziamento produttivo  darebbe, almeno in settore economico, un benessere mai tanto propagato, ma se il proprio potenziamento vuole la sconfitta altrui  sarà la rovina. Vedremo se siamo capaci di potenziarci  senza causare lo schianto altrui.  Di potenziarci non a costo di guerre ,disfatta altrui. E nostra. Conciliare la propria massima potenza con la potenza degli altri è, dovrebbe essere il fondamento dei tempi venturi, tempi di onnilateralismo. Da gran tempo, appunto, ne  scrivo, e uscirà prossimamente un mio saggio a proposito sulla Rivista di Studi Politici Internazionali, che la visione dei teorici sia del capitalismo, Adam Smith, sia del socialismo-comunismo, Karl Marx, in ciò si univa, nello sviluppo irrevocabile del mondo intero, la vicenda industriale avrebbe invaso ogni angolo. O pacificamente, Smith, o drammaticamente, Marx, la potenza del sistema inventivo capitalistico della concorrenza avrebbe suscitato infine lo sviluppo multilaterale e l’automazione. Ci siamo. Ne vengono derivazioni polifemiche: produzione illimitata, disoccupazione, sviluppo rapidissimo date le tecnologie, vedi Cina,utilizzo proprio delle materie prime che rende riottoso il mondo prima colonizzato…Aggiungiamo  vita umana in altri pianeti, rigoglio dei deserti, valorizzazione dell’Artico, svolgimento potenziativo dell’Africa e dell’Asia. Trascuro gli eventi genici.  Di fronte a tali problemi mettere barriere doganali e fare guerre è non solo funereo ma inutile. NON RIUSCIREMMO A FRENARE l’AUTOMAZIONE, L’IMMENSITA’ PRODUTTIVA ,LA DISOCCUPAZIONE DI MASSA. PROBLEMI MONDIALI. COINVOLGFNTI. Meglio cercare, tentare convivenza su vicende che travolgono  tutti invece  che agire mortalmente e inutilmente. POSSIAMO SPARGERE BENESSERE UNIVERSALE TANTA SARA’ LA PRODUZIONE CON ENERGIA INFINITA E AUTOMAZIONE. MA DOBBIAMO RISOLVERE LA DISOCCUPAZIONE DI MASSA E LA DISTRIBUZIONE A CHI NON LAVORA. A tal fine inevitabile  discutere mondialmente, nessuno può risolvere da sé, sarebbe la caoticità, guerre di mercati, emigrazioni a valanga, ribellione sociale…  Ed ancora, non consegnare alla Cina, alla Russia la convinzione che sono a favore dello sviluppo del Sud mentre  l’Occidente avrebbe nostalgia prepotente del dominio. CI ISOLEREMMO NOI! Abbiamo una visione dello sviluppo dell’Africa, dell’Asia? 

Torno alla Rivista.Ottimo fascicolo, Maria Grazia Melchionni, che dirige la Rivista, ha con misura e verità orientato l’insieme alla coscienza del cambiamento, DA CONOSCERE E GOVERNARE senza ritenere che il cielo è in frantumi solo perché si amplia la visuale. ESISTONO ANCHE GLI ALTRI E VOGLIONO ESISTERE.  Ripeto, in fondo è la prospettiva originaria sia del capitalismo sia del socialismo.

 Segnalo un mio articolo sul carissimo amico , collaboratore assoluto di Maria Grazia Melchionni, l’Ambasciatore Giorgio Bosco, per il suo testo pubblicato postumo sul diritto internazionale umanitario . E’,, insisto, la visione della totalità umana. Pare venuto il momento non della mescolanza confusa ma di finalità coinvolgenti che non impediscono la competizione e la volontà di primeggiare ma non a costo di sterminio dell’umanità. Chi godrebbe con  una illusoria o reale vittoria se il costo è lo sterminio? A MENO CHE VI E’ LO SCOPO DI IMPEDIRE AGLI ALTRI LA DIFESA CON RITROVATI A TAL FINE. DA EVITARE ANCHE UNA ECONOMIA FONDATA SUL RIARMO. IN QUANTO A RITROVATI CHE PARALIZZANO I “NEMICI”,DA SUPPORRE CHE E’ FINALITA’ DI MOLTI STATI. E’ un aspetto pochissimo valutato ma rilevantissimo. Chi paralizza gli altri dominerebbe. Certo, difendersi è imperativo, ma, ribadisco, forse occorre entrare nell’ERA DELLE GRANDI FINALITA’ CONSENTITE DALLE TECNOLOGIE, UTILIZZARE LE TECNOLOGIE PER L’UMANITA’ INTERA , CIASCUNO NELLA SUA SFERA. SERVE CAMBIARE MENTALITA’ . FONDARE  IL PROPRIO TENTATIVO DI SUPERAMENTO NON AVVERSO GLI ALTRI MA SU NOI STESSI PER NOI STESSI. VIVREMMO UNA VICENDA NON CONSUETA  ALMENO NELLA SFERA ECONOMICA E NELL’AVVENTURA SPAZIALE. E NON SOLTANTO.

Tornando alla Rivista, anche testi di Matteo Luigi Napolitano e Chiara D’Auria.                                              

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