Tommaso Romano, "Il barone Bebbuzzo Sgàdari di Lo Monaco" (Ed. Thule) - di Gaetano Celauro

L’aristocrazia palermitana si è distinta nel tempo per personaggi estrosi, ma di valore tra i quali non può non farsi menzione del barone Pietro Sgàdari di Lo Monaco, amabilmente chiamato “Bebuzzo” definito nel sottotitolo di copertina: “Un ecclettico personaggio a Palermo della prima metà del Novecento”.  Egli fu critico musicale del principale quotidiano palermitano e il suo salotto letterario fu un centro culturale nel primo Novecento dove presero posto personaggi di rilievo come Giuseppe Tomasi Di Lampedusa.

La sua abitazione era colma di libri e dischi, da quelli in gommalacca ai moderni vinili e registrazioni operistiche e nel suo “salotto”, si disquisiva non solo di musica e orchestrazione ma anche di poesia, letteratura, musica, scienza, in ragione della vivacità e curiosità intellettuale del padrone di casa.

Il saggio di Tommaso Romano dà il giusto riconoscimento a questo importante interprete e valido esponente della cultura palermitana del primo Novecento come ben evidenziato nella introduzione di Aldo Gerbino e nel finale con il testo di Vincenzo Prestigiacomo.

Un saggio che si legge come un romanzo che narra sin dalla nascita, la vita di questo personaggio che era discendente da una nobile famiglia aristocratica originaria delle Madonie palermitane. Pietro Emanuele Sgàdari nasce a Palermo il 20 luglio 1906 dove morì il 9 marzo 1957 senza avere contratto matrimonio e senza eredi. Le vicende della sua nascita si intrecciano con quelle dell’Istituto “Casa Lavoro e Preghiera” di padre Giovanni Messina, cui destinerà alla sua morte, buona parte del suo patrimonio. Fu testimone se non partecipe degli anni del Ventennio fascista, sebbene tra Fascismo e Monarchia, il suo orientamento fu più per l’istituzione regia che per il regime e soprattutto verso il Principe di Piemonte Umberto di Savoia, Luogotenente fra il 1943 e 1946 e Re d’Italia nel maggio 1946. Una fedeltà che si protrasse anche durante l’esilio a Cascais.

La sua formazione fu impregnata e connotata dalla religiosità cattolica tradizionale tipica dell’appartenenza aristocratica con lo studio delle arti, le lettere, la musica, i viaggi ed anche lo sport. Non si fece remora nel manifestare il suo orientamento omosessuale, sfidando dicerie, pettegolezzi e maldicenze. Fece ricorso alle sedute psicoanalitiche con Alexandra Wolff Tomasi di Lampedusa detta Licy, moglie di Giuseppe, sino alla immatura scomparsa a soli 51 anni. Interessi e passioni variegati, caratterizzano il suo vissuto, con ricerche e realizzazioni di pubblicazioni; musica, collezioni, cariche sportive, politica e giornalismo percorrono la sua breve ma intensa esistenza. Da giovane era entrato a fare parte dell’Ordine cavalleresco della Chiesa del Santo Sepolcro con il grado di Commendatore.

Al centro di questo piccolo mondo artistico ed aristocratico, era il settecentesco palazzo, oggi demolito che era sito in Corso Scinà al numero 109. Nel palazzo si trovava una “ricca biblioteca ricca di libri, oltre diecimila, che contemplava preziosi incunaboli, cinquecentine e testi manoscritti, oltre ad un vasto repertorio di volumi dal Seicento fino ai suoi giorni.” Ma erano presenti anche pregiate collezioni d’arte, ceramiche e quadri d’autore tra cui di De Pisis, Guttuso e di Gino Morici, suo amico stimatissimo che aveva affrescato anche le volte della sua biblioteca.

Bebbuzzo Sgàdari, fu un uomo dai svariati interessi, francesista ed appassionato di musica nel 1929 pubblica un opuscolo titolato “Per un Orchestra Stabile Palermitana (Ed. Priulla)

“Gli anni trenta”, riportando l’A., “furono centrali nella vita, nello spirito e nella cultura ecclettica di Sgàdari di Lo Monaco e non solo come baricentro della sua breve esistenza “.

Oltre ad accogliere, viaggiare, scrivere, organizzare lo sport (scherma e pugilato in particolare) e arredare la propria casa con gusto dell’esteta e la passione del collezionista), egli cantava, esibendosi anche in pubblico con voce da baritono, suonava il clavicembalo, organizzava concerti in casa con stagioni a beneficio di studenti bisognosi.

Nel marzo 1926 il giovane Sgàdari si era reso protagonista di un duello alla spada con il redattore teatrale del giornale L’ORA che lo aveva insultato definendolo “giovane spettatore di scarsa intelligenza, incapace di fischiare”.

Nell’attento e preciso saggio di Tommaso Romano, si fa menzione dell’ampia produzione e si ricorda ancora l’attività pubblicistica di Sgàdari come quella dedicata a Gino Morici; sono pezzi giornalistici agili che colgono in poche battute lo spirito e l’atto espressivo di autori, attori, scrittori e musicisti, pittori e scultori, non senza risparmiare vis polemica talvolta, ma con attenzione rivolta al futuro di molti di quelli che diverranno protagonisti. E gran parte di questi artisti, di passaggio a Palermo, saranno più volte, ospiti di casa Sgàdari in corso Scinà, e di questi rimane testimonianza in un libro pieno di autografi e dediche di firme illustri.

 

da: www.sololibri.net

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