“Vlàdimir contro Vladìmir, per gli zimbelli dell’intelligenza artificiale” di Ciro Lomonte

C’è una risposta piccata attribuita generalmente ad Hegel: «Tanto peggio per i fatti (se non si accordano con la teoria)». Sarebbe la traduzione di (Wenn die Tatsachen nicht mit der Theorie übereinstimmen,) um so schlimmer für die Tatsachen.
Pare che nel 1801 il filosofo idealista, dopo aver teorizzato nella sua dissertazione di abilitazione all’insegnamento De orbitis planetarum che non poteva esserci un altro pianeta fra Marte e Giove, venisse informato che invece ne era stato scoperto uno da Giuseppe Piazzi – nell’osservatorio astronomico di Palermo – il 1º gennaio 1801. Il pianeta si rivelò poi essere l’asteroide Cerere.
Se mai fu pronunciata, si trattava di una battuta orale che, in quanto tale, non compare negli scritti di Hegel. Essa tuttavia rende bene il senso delle tragedie degli ultimi trecento anni, nel corso dei quali non poche volte il mancato rispetto della realtà ha prodotto molteplici mostri della ragione.
 
Tanto peggio per la pace
Una di queste tragedie è la guerra in Ucraina. Essa necessita di essere compresa mettendo a fuoco la verità di ciò che accade non troppo lontano dalle nostre case, ove viviamo relativamente tranquilli. In realtà stiamo pagando caro il prezzo di questa guerra, quanto meno da un punto di vista della crisi economica indotta, benché ancora le nostre famiglie non siano state coinvolte direttamente con lo spargimento di sangue.
Occorre capire, superando il racconto virtuale, spesso artefatto, che gli accadimenti di questi ultimi tempi racchiudono nella loro concretezza la verità di una guerra fatta e subita. Occorre ripristinare quel legame necessario tra la realtà e la verità, fonte e origine di ogni libertà. Per fare ciò non è sufficiente prestare attenzione solo alle notizie filtrate dai mass-media che inondano di immagini e parole il nostro quotidiano, ma occorre comprendere quali siano state le cause remote e recenti di questo conflitto, i motivi storici, culturali, politici e militari. Occorre comprendere chi sono gli ucraini e i russi e come abbiamo interagito durante il corso della storia; che cosa è accaduto in Russia dopo la fine dell’Impero sovietico; chi è Putin e quali siano gli aspetti positivi e negativi del suo mandato presidenziale; quale sia stato il ruolo della NATO, dell’Europa e degli Stati Uniti. Occorre avere chiaro, per quanto è possibile, il quadro generale, per evitare di banalizzare o male interpretare un evento che grava sulla vita di milioni di persone, soprattutto della povera gente che combatte o subisce questa guerra decisa da altri.
 
La tuta anti-G
Quella appena riportata è la presentazione del libro di Marco Bertolini e Giuseppe Ghini, Guerra e pace ai tempi di Putin, pubblicato da Cantagalli nel 2022, vale a dire poco dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il conseguente amplificarsi del sanguinoso conflitto.
Osservando il vorticoso sviluppo esponenziale della tecnologia, c’è chi sostiene che dovremmo dotarci tutti di una sorta di tuta antigravitazionale (quella in uso ai piloti di aerei supersonici) per affrontare adeguatamente gli scossoni e l’accelerazione dei cambiamenti. Non si tratta solo del progresso degli strumenti a disposizione, anche gli eventi a volte precipitano senza che riusciamo a seguirne l’evoluzione. Dopo più di due anni, ogni mese che passa è denso di modifiche dei fronti di guerra. Da ottobre ad oggi assistiamo all’orrendo spargimento di sangue in Terra Santa, che ha tutti i connotati del genocidio. Anche per questo è indispensabile disporre di fonti autorevoli per informarsi.
Giuseppe Ghini è Professore ordinario di Slavistica all’Università di Urbino. Ha scritto diversi libri e oltre cento articoli scientifici sulla letteratura e cultura russa; di recente ha tradotto per Mondadori il capolavoro di Puškin, Evgenij Onegin. Ha ricevuto borse di studio e di ricerca in Russia, Cecoslovacchia, Finlandia, Stati Uniti, tenuto seminari e conferenze in università russe e statunitensi. Da oltre vent’anni svolge attività giornalistica e ha scritto più di 900 articoli su cultura e società non solo russa. Membro del Nucleo di Valutazione dell’Università di Urbino dal 2007 al 2019, Presidente degli Incontri Internazionali Diego Fabbri dal 1996 al 2003, Consigliere e dal 2017 Presidente della Fondazione Rui.
Marco Bertolini è Generale di Corpo d’Armata, ha comandato il 9° reggimento d’assalto “Col Moschin”, il Centro addestramento di paracadutismo, la Brigata Paracadutisti “Folgore”, il Comando Interforze per le Operazioni delle Forze Speciali e il Comando Operativo di Vertice Interforze dal quale dipendono i contingenti “fuori area” nazionali. Ha partecipato a Operazioni in Libano, Somalia, Balcani e Afghanistan. È Grande Ufficiale al Merito della Repubblica, Ufficiale dell’Ordine Militare d’Italia ed è decorato di Croce al Valor Militare, nonché di Croci d’Oro e d’Argento al Merito dell’Esercito.
 
Recuperare lo spirito critico
Oggi che dilaga l’uso dell’intelligenza artificiale, come se fosse una risorsa neutrale da impiegare ingenuamente, senza verificare le fonti alle quali attinge, risulta ancora più necessario ricorrere a testimoni autorevoli, come i brillanti autori di questo libro inchiesta. Che spiegano la vicenda ucraina partendo dal 1989 e dalla caduta del muro di Berlino. E illustrando le caratteristiche della non più esistente Unione Sovietica.
La logica di giornali e telegiornali è circolare: alimentano il mainstream e del mainstream si alimentano. Mai uscire dal coro. Quanti corrispondenti sono stati mandati nel Donbass per riferirci di quella guerra di cui oggi scopriamo l’esistenza? Perché dal 2014 ad oggi non abbiamo mai visto servizi sui bambini e gli anziani bombardati a Donec’k?
Tanti analisti e commentatori, che neanche sanno pronunciare il nome “Vladimir” - che ha l’accento sulla seconda sillaba Vladìmir – e continuano a pronunciarlo con la classica, offensiva storpiatura all’americana, sono passati senza accorgersene a giustificare un intervento bellico in difesa dell’Ucraina senza sottoporre le ragioni dei belligeranti a una rigorosa analisi razionale, vale a dire etica.
Perché – si chiede Giuseppe Ghini – qual è l’unico criterio che ci può dire se una cosa è giusta o sbagliata, se non la ragione, la ragione etica?
Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.