“Con Hugo Pratt e Corto Maltese da Genova ai mari del sud” di Mario Bozzi Sentieri

Corto Maltese, il personaggio “cult”, creato da Hugo Pratt,  è “nato” a Genova. Era il  luglio 1967 quando in edicola usciva una nuova rivista di fumetti. Si chiamava “Sgt. Kirk”, costava 500 lire e raccoglieva alcune delle più belle strisce create da Hugo Pratt nel periodo argentino. L’editore era il genovese, Florenzo Ivaldi  e aveva per Pratt una grande ammirazione. Oltre alla storia di Sgt. Kirk, la rivista di Ivaldi pubblicava una nuova avventura inedita: “Una ballata del mare salato”, con protagonista Corto Maltese. Da lì si può dire che parta il successo di un personaggio mitico per la storia dei fumetti e del suo creatore.  Mai prima d’ora Genova  gli aveva reso omaggio. Ora finalmente  si va dove tutto è iniziato.

Approda (dal 14 ottobre 2021 al 20 marzo 2022)  a Palazzo Ducale, nel cuore del capoluogo ligure, la mostra “Hugo Pratt da Genova ai Mari del Sud”. L’esposizione presenta duecento  pezzi originali tra tavole e acquerelli, accompagnati da una multivisione, sorta di Lanterna per non perdere la rotta e immergersi nelle storie dell’avventuriero più amato in Italia e non solo. In mostra sono esposte anche le rare tavole del periodo argentino. Ma soprattutto è l’immaginario prattiano ad accogliere il visitatore: donne seducenti, ribelli, indipendentisti, indiani, boschi e praterie delle indimenticabili atmosfere di Wheeling e Ticonderoga, le grandi distese marine ed il fascino misterioso di una Venezia esoterica. Il tutto permeato dallo spirito avventuroso e fiabesco che Hugo Pratt  ha saputo trasferire nelle tavole disegnate: “Penso che l’avventura – dichiarò lo stesso Pratt – sia una componente molto bella della natura umana, ma è necessario saperla vedere, cercare, incontrare. La si può trovare dappertutto, se si ha abbastanza fantasia, perché è una cosa di cui l’uomo ha bisogno e che spesso gli viene tolta. L’avventura è cercare qualche cosa che può essere bella o pericolosa, ma vale sempre la pena vivere”.

Hugo Pratt aveva l’avventura nel sangue. Le sue letture raffinate, di cui la mostra genovese offre una suggestiva rassegna (da Omero ai racconti celtici, da Kipling a Melville a Saint-Exupéry) erano state precedute  dalla gioventù africana, evocata spesso in modo fantastico: l’Abissinia, dove all’età di nove anni, aveva accompagnato il padre, funzionario coloniale fascista, e la madre, cultrice di scienze esoteriche, il campo di concentramento inglese, il ritorno in Italia grazie alla Croce Rossa. E poi, ancora, dopo un passaggio nel Battaglione Lupo della X Flottiglia Mas ed il rischio di essere ucciso, scambiato per una spia sudafricana,   dai tedeschi, l’Accademica di Belle Arti a Venezia (ed il primo personaggio a fumetti, L’asso di Picche), la “fuga” in Sud America, la Pampa, i mari del Sud, il fumetto argentino.

Le tavole di Pratt sono pervase di calore latino. Niente a che spartire con i comics metropolitani “made in Usa” o con le strips socio-psicologiche dagli orizzonti domestici. Pratt amava i grandi spazi (li immaginava e li riproduceva), la libertà senza confini e senza limiti (per la fantasia e per il sogno). Amava il mito, ma anche l’uomo concreto che sa “misurarsi” con la vita. Perciò Corto Maltese, il grande protagonista della chanson de geste prattiana, un po’ ci appartiene, appartiene alla nostra sensibilità culturale. Grazie a Pratt, in gioventù,  abbiano danzato a Stonehenge, tra i megaliti preistorici, con Corto Maltese. Lo abbiamo seguito anche noi nelle sue arcane avventure, tra le Calli veneziane, verso le isole sparse nel Pacifico, lungo gli orizzonti africani.

Ritrovare tutto questo, memoria ed emozioni, in una mostra dedicata a Hugo Pratt significa ritrovarsi a vagare nel mondo dei sogni e della fiaba di un artista che si autodefiniva “fumettaro”, ma che era evidentemente molto di più. Un po’ come a Stonehenge, nell’avventura prattiana Sogno di un mattino di mezzo inverno, dove Oberon, nella grande riunione dei maghi e delle streghe bretoni, grida “Tutto qui è una fiaba”. Una fiaba avventurosa – per dirla con Pratt – dove l’avventura è cercare qualcosa che vale la pena di vivere.

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