“L’eternità immobile dei ricordi” una poesia di Antonio Saccà

L’eternità immobile dei ricordi

Noi eravamo quelli che nomino:
mia madre, i quattro figli,
i nomi,
Caterina, Ermanna le sorelle,
 
Francesco avanti a me negli   anni,
io nato quando mio padre morì ,
di uccisa morte…
Come passò il Tempo,
passò, ecco tutto,
non aggiungo notizie di paure,
di sentirci schiantati,
di cadere senza mano che  trattenga ,
abbiamo conosciuto disumanità e umanità,
malvagità e soccorso,
mia madre sconfisse la malasorte
e peggiore il destino
Lei più forte.
Narro atti:
salvò tutti i suoi figli.
Quattro eravamo
E restammo quattro
fino al momento in cui quattro restammo.
La Bestia Morte
in abiti di teschio
tornò alla nostra porta
e rapì la sorella malata e bella,
quella di nome Ermanna …
Il momento più ferino,
 
il momento più addolorato,
perfino mia madre,
aquila leonina,
 
innalzò il pugno al cielo
 e ricadde
senza sperare…
Non speranza,
 non aiuto,
 non conforto,
sola con la nostra solitudine
fermò lo sguardo, serrò le mani, sollevò la fronte,
avanzando il piede,
e se vi era la Morte
esisteva la Vita,
chiuse il dolore nel suo ferreo  petto sanguinante,
e decise: vivere
perché noi vuivessimo.
Eravamo quattro e restammo tre.
Anche la guerra avvenne,
la morte innaturale,
gli uomini che si uccidono
non bastasse la Morte.
Distruzione , fame, orrore…
Mia madre fermava gli incendi
e correva nelle tane scosse dalle esplosioni,
ci recammo nel paese degli antenati,
io dalle montagne vedevo bruciare porti e navi ,
gente correre con le fiamme sulla schiena…
Finì la guerra ,
tornammo, vivi,
 nella città,
la casa a pezzi…
Mia madre era di aspetto fiero,
chi la guardava comprendeva
quale animo l’animava,
un uomo l’ammirò, l’amò,
non so,
lo trovai nella nostra casa rinata,
la prima volta che qualcuno veniva e tornava,
veniva e tornava,..
e accadde il secondo sposalizio di mia madre,
qualche tempo trascorse
e nacque la terza sorella,
amatissima da me e da mio fratello
combattenti  per addormentarla,
Anna.
Mio fratello, eccolo,
alto, pieno, bello,
amante della vita
delle donne,
suonava, cantava, danzava,
capace di quanto non fui capace,
vivere con gli altri assiduamente,
lui stava nella società,
io con qualcuno,
 
uno ,due amici,
lui si avventurava,
io leggevo avventure,
lui aveva le donne,
io l’amore per le donne ,
mi fece vivere
senza che io vivessi,
fu il mio romanzo di avventure…
Caterina amava vivere,
ma essendo femmina frenava la voglia ……
Tempi di un tempo…
Mio fratello fu padre materno dei suoi figli.
Mia sorella maggiore
 madre materna dei suoi figli…
Anche l’ultima nata, Anna,
fu madre materna dei suoi figli
 e lo è ancora.
In loro  mia madre visse e vive.
Anna, io, i nipoti, i figli dei nipoti,
forse i figli dei figli dei nipoti…
Ho timore di tornare nella Città dove vissi
e reggere la memoria dei morti
e l’affetto dei vivi,
non vi è luogo dove non tracciai segni di vita,
di passato, passato…
Il  vecchio cortile ,
la casa nuova,
mia madre sedeva, ecco,
Anna dice , sta venendo Franco,
Caterina abbraccia nostra madre,
Irene, l’altra Ermanna hanno figli,
com’è possibile, erano bambine,
e Giancarlo, ed Alessandra, e Claudio,
e Carlo, AnnaPaola,
come mai sono cresciuti,
perché non sono rimasti
nel gran salone della casa,
mia madre seduta
e tutti voi a farle corona
ed io in piedi a tenere sulla schiena
l’eternità immobile dei ricordi!
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