Tommaso Romano, “L’airone celeste” (Ed. All’insegna dell’Ippogrifo) – di Isabella Michela Affinito
- Dettagli
- Category: Categorie
- Creato: 16 Novembre 2022
- Scritto da Redazione Culturelite
- Hits: 168
Lo slanciato ed “ergonomico” aspetto dell’uccello d’acqua ardeide, più comunemente noto come airone, lo fa incuneare a modello di quell’arte artigianale d’élite alla William Morris (1834-1896) della fine dell’Ottocento inglese chiamata l’Arts and Crafts Movement, quando le carte da parati e lo stesso arredamento interno dei palazzi, persino la sagoma d’alcuni caratteri tipografici, si pregiarono dell’articolazione della linea sinusoidale e ripetitiva simmetricamente, vitalissima e con sviluppo insiemistico arabescato.
L’airone rientra perfettamente nella prolungata dialettica della linea percorrente momenti concavi e convessi del periodo fin de siècle dalle varie denominazioni secondo i territori del Vecchio Continente: Art Nouveau in Francia, Liberty in Italia e Inghilterra, Jugendstil nella fascia mitteleuropea e, tornando al protagonistico airone, nella realtà può essere dal piumaggio bianco o grigio cenere o castano tendente al rosso, certamente non ceruleo come, invece, appare nel disegno di copertina dell’artista Ilaria Caputo, relativo alla crestomazia poetica del professore filosofo, saggista, curatore di prefazioni, direttore della rivista Spiritualità & letteratura, il poeta Tommaso Romano, innamorato altresì di quell’ambientazione satura di decorativismo tra fiori e animali tipici dell’epoca ottocentesca al suo tramonto, pervasa di preraffaellismo e sentore di modernità bussante alle porte del nuovo secolo Novecento.
Il cromatismo volutamente ceruleo trasporta il suo essere volatile nella dimensione dell’irrealtà dove tutto può succedere con l’immaginazione che s’accosta alla «Metamorfosi gentile/ un abbandonato anfratto/ fra reperti che sembrano/ museali/ scheletri e anatomie riprodotte/ con cura/ per osservazioni di composta attenzione, desuete.// Ritorna la vita/ alla polvere/ colma di umanità discreta/ d’amore senza usure,/ vivono i luoghi/ e danno senso/ alle offese gratuite/ alla svalutazione/ di ciò che conta, invece,/ poveri e incapaci di scegliere,/ il meglio.» (Pag.37).
La bellezza di quest’uccello acquatico sta nel collo e nelle zampe particolarmente lunghe, quindi eleganti, a simbolo d’annuncio benevolo quando fa la sua comparsa nei pressi del mare e, si dice, sia capace di piangere; il suo lungo becco lo distingue per la curiosità nel cercare prede fra gli insetti e anche invertebrati, comunque esseri piccoli ed è proprio nell’infinitesimale che avviene la scansione incessante del tempo che prepara a modo suo e per ciascun mortale sorprese e tranelli, mutamenti drastici ed epiloghi.
«[…] Arrovellandosi che qualcosa accada/ nel solito teatro del tempo/ affastellando parole e gesti/ e cose superflue pensate allo scopo/ tutto passa lo stesso/nell’horror vacui dell’attesa/ e consueta abitudine. […] Aspettare è aspettarsi?/ Una volta v’era il limbo sospeso/ a persuadere come una colpa/ che nulla s’impara dal trascorso,/ si prega di attendere,/ il tempo morto non inganna il tempo/ degli orologi consultati/ all’impazienza d’inganno/ dei ritardi annunciati nel viaggio/ transitorio all’arrivo/ volere perdersi/ e non trovare chi aspetti/ se non un labirinto di siepi squadrate.» (Pagg.10-11).
L’airone è capace d’attendere la preda in posa perfettamente immobile per poi scattare all’improvviso per far presa col suo becco acuminato, perché fa parte della sua indole e il temperamento, si sa, non cambia mai anche soprattutto negli esseri umani.
Nell’Autoritratto feroce vergato dallo stesso Tommaso Romano rientrante nel volume aforistico-autobiografico successivo, il cui titolo principale è Alchimia della polvere (2019), Egli ha scritto d’aver praticato vari sport tra cui il paracadutismo che include l’emozione strabiliante di ritrovarsi sospesi nell’etere in attesa febbricitante dell’apertura del paracadute, paragonabile alle ali degli uccelli. Quell’emozione di fendere l’aria nella vastità del cielo senza ostacoli è incommensurabile e l’airone ama volare al disopra delle nuvole, perciò raffigura le anime elette che, sorvolando le tempeste esistenziali, aspirano ai beni celesti non soggetti allo scadimento.
«Lascia sulla carta/ ciò che pensi/ senti/ e percepisci,/ oltre/ vedrai un mondo/ nuovo e antico/musica celestiale/ pura/oltre il suono,/ là/ ti troverai/ senza tempo.» (Pag.22).
In quarta di copertina, del libro in questione, c’è un ritratto dell’Autore del 2016 sempre dell’artista Ilaria Caputo, nell’estesa morbida tonalità cerulea a conferma dell’atteggiamento Suo di guardare alle cose di lassù, quindi, di comporre versi sfuggendo l’ovvietà, il grigiore della materia soggetta alla marcescenza, alla sofferenza sparsa ovunque come dannosa semente.
Ma in fondo l’airone non è altro che il riflesso o meglio l’alter ego del poeta palermitano che contestualmente sorvola il passato e il presente del proprio litorale immaginario, dove non si consumano le onde fino a disorlare e la riva non s’accorcia anno dopo anno per gli effetti nocivi del clima che cambia. Il pessimismo generale odierno verso un futuro di cui non si riesce a delineare una veduta armoniosa è riassunto nella lirica d’intonazione antica e dedicatoria, in quanto è stato celebrato lo scrittore storico-biografico latino e valente oratore forense (avvocato), Publio Cornelio Tacito (55 – 120 d.C.). Ma potrebbe anche trattarsi dell’imperatore romano Marco Claudio Tacito (200 d.C. – 276 d.C), che, purtroppo, per la morte sopraggiunta a causa della sua uccisione complottata non riuscì a realizzare una serie di progetti in ambito senatoriale.
In morte di Tacito. «Le attese/ d’una tacitiana espressione/ d’un gesto/ d’un gentile cenno/ si perdono/ fra le pagine/ di un copione sgualcito:/ nascondimenti a falso effetto/ trincee invalicabili di cartapesta/ immotivati silenzi esibiti/ fra domestiche litanie fragili/ e dinieghi ostentati/ intessuti di paure nebbiose./ Qui non risplende il sole,/ lì non si scorge,/ però, alcuna vivificante aurora./ Ha da finire/ l’interminabile quaresima/ non accettando il rischio/ e vivendo l’assenza/ di un voluto declino.» (Pag.70).