La follia come “liberazione di arte-vita” - di Vitaldo Conte

«Confinare i folli» in luoghi circoscritti, separati dal mondo dei «normali», con il pretesto della sicurezza sociale, è sempre stato un rituale purificatorio di chi stabilisce i «confini». Come quello di erigere mura di difesa intorno alle città. Mura che vogliono escludere fuori dal limite (da non valicare), l’altro da sé, il diverso, lo straniero, il selvaggio, l’appestato, l’animale feroce, ecc. Ma anche il pericolo indistinto, la separazione tra norma e anomalia: da relegare lontano, oltre i confini della coscienza, là dove si collocano le inquietudini e le paure dell’uomo di ogni tempo, «occultate» dall’architettura rassicurante delle sue norme.

clicca qui per continuare a leggere

Pin It

Potrebbero interessarti

Articoli più letti

Questo sito utilizza Cookies necesari per il corretto funzionamento. Continuando la navigazione viene consentito il loro utilizzo.