Giuseppe La Spina, "Per aspera … alla mia Bufera" (ed. Leonida) - di Jana Carcara
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- Category: Scritture
- Creato: 10 Dicembre 2022
- Scritto da Redazione Culturelite
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"Dalle categorie matematiche, ai grandi interrogativi esistenziali, al pensiero immaginifico di Giuseppe La Spina.
Niente di più complesso che possa essere sistematizzato in algoritmi.
Niente di più complesso che possa essere sistematizzato in algoritmi.
Speculazione filosofica, poesia purissima, in una gamma notevole di sfumature, in uno spettro policromatico che si estende su più piani del vivere, alla ricerca di senso".
Jana Carcara
Questa raccolta… un cosmo, una galassia di stelle innumerabili. Ogni volta che provi a fotografarne qualcuna, un’altra è pronta a bucare il telescopio! È viaggio, a volte tonfo, a volte ristoro.
È quel qualcosa che accade, man mano che ci si addentra nella lettura, quasi fosse un sentiero precursore di quel cielo che feconda la terra, nei vari piani dell'esistenza, quasi fosse soglia per raggiungere le proprie radici e generare, per usare i versi del poeta, quella /polla perenne//sgorgata dalla polvere/.
Per essere breve, dovrei comprimere in un secchiello… il mare, con tutti i suoi segreti, gli squali, i flutti, la bonaccia, le barriere di coralli.
Tale è il respiro poetico, l’ampiezza del vibrare, la profondità delle sue composizioni.
Ed elogiare lo stile, l’atmosfera, l’intensità che l’autore riesce ad imprimere al suo verso, esaltarne l’estrosità, il linguaggio, la caratterizzazione spettacolare del tema, è come distogliere lo sguardo da quell’amaro retrogusto leggero di chi… inseguendo un’aquila sopra il fiume, si ritrova con le ali di cera, come Icaro; di chi guarda, dritto negli occhi, il proprio malessere esistenziale irrisolto. Lo stesso… che nutre il palpitare di una terra arida, piena di contraddizioni e maledettamente amata.
Ed ecco, l’andare dritto al segno, fin dai primissimi accenti. Ecco la sua parola. Si staglia, sgorga di getto senza ridondanze, si espone, si scopre, senza perbenismi, fino a violare il suo stesso segreto.
Scorre, senza costanti, in un tessuto creativo unico, in un /eterno niente/ / crivellato di colori in lotta/ tra un dubbio, un a capo, un interrogativo, che aggiungono palpito a palpito.
Ed ecco la sua voce, eco di un ermetismo tutto moderno, levarsi potente o bisbigliare, danzare, fuori da ogni categoria, da ogni pianificazione, per l'urgenza del sentire, in uno slancio lirico altissimo. Quasi a soccorrere la propria… Bufera (pag. 19)
Cresce la voglia
di scrivere parole
su parole
e di seguirle
ancora in volo
finché la neve
che danza nella mia bufera
non copra la memoria
di silenzi
Le emozioni, la precarietà, l’evanescenza, colte al loro passaggio, sono istantanee del sentire, sono vere e proprie trasvolate, senza scali intermedi, da un punto all’altro dell’anima, fino… ad afferrare il verso, privo di ogni suggestione puramente estetica, senza ordine, senza costrutto, ma straordinariamente autentico. Fino a tracciare una foce al suo / fiume agitato/ insorto/ scappato dalla pace/.
E soffermarsi, soffermarsi… Dietro la stele (pag. 83) sul suo magnifico silenzio…
Vidi sorgere
il mattino
racchiuso
in una conchiglia
di luce
e poi sparire
Sparire
dietro il fumo
di una città devastata
dietro la stele
di un cimitero senza nomi
dietro la siringa
di una overdose
dietro un sorriso morto
tramonto…
tramonto di una innocenza
… soffermarsi, dicevo, è assaporare i sentieri dell’anima! Ogni quadrante, un affresco, talora crudo, talora essenziale.
Il Nostro autore, come in tante particelle, come in tante goccioline, si diffonde, partecipando della propria e dell'umana sofferenza. Con quella intensità solenne, con la raffinatezza del dire, l’eleganza dello stile che lo contraddistinguono, tracima dai suoi silenzi finestra, mai contaminati dal ciarpame esterno, fino a spalancare quel… /buio che non dorme/, fino a delineare l’aura della sua /conchiglia di luce/, con tutte le iridescenze del mattino. Quella stessa luce che irrimediabilmente si eclissa nel /fumo di città devastate/ dietro una stele di un cimitero senza nomi/, dietro memorie tralasciate o volutamente consegnate all’indifferenza.
Perfettamente innestata nella vita reale, la sua poetica non è fuga, non è deserto, bensì cocente partecipazione del vivere, in quella ineludibile ricerca di senso.
Non è far sciamare idee, vocaboli altisonanti e vaghi, fuori dalla penna, ma sovrastare la voce rotta che li ispira, vegliare e far vegliare il seme della consapevolezza, nel suo fiorire, mentre i /sacrilegi di culla/, le /vite sventrate/, seppelliscono miseramente l’uomo /più della terra/.
Laddove le antinomie, il dolore umano e quello sociale si nutrono della stessa sostanza, l’emozione aderisce alla pelle, fino a diventare anima, concezione etica, talento speculativo, filosofia, monito.
Dalla sua /voglia di parlare e /di stare zitto/, ai /suoi attimi brevi/, non c’è momento in cui non si respira aria, /aria in libertà/.
E … /mentre carezza pellicce di camosci/ mentre arpeggia su piume d’uccello la sua libertà espressiva, pregna di lirismo, /accorda stalattiti/ e /ghiacciati merletti/, svetta.
E ancora… Vena blu (pag. 29)
Senza pesare sul collo
apro gli occhi al cuore
Solo spazio intorno
abbracci di galassie lontane
strade di onde
spinte da nuove emozioni
e venti di stelle
come tela rada
soffusa di niente
Solo spazio intorno
che si adagia
come serica veste
giù da sinuose forme
a galleggiare
piuma
sui tuoi piedi
Solo spazio intorno…
Sul collo
una vena blu
vulnerabile sentinella
precorre odori di caprifogli
e sentori di spine
e abbandoni
e distanze lente
e Tu
Quanta finezza! Che delicatezza! Eppure l’intensità del verso, la sua originale bellezza travalica la segretezza di uno scrittoio, riesce a rendere pulsante, aereo, sfumato, leggero e insieme palpabile ciò che talora è tagliente, sofferto, così come /la serica veste/… della propria intimità.
Sul collo//una vena blu/…//Precorre odori di caprifogli//e sentori di spine/
Versi agili, freschi, quasi incorporei, tutti al femminile
E insieme… preludio della condizione desolata del distacco che pesa sul cuore.
Timbro espressivo… unico!
Financo la luce, priva di materia, diviene arte da scolpire, nella sua lirica: /Il peso della luce/.
È una sorta di Cappella Sistina, la sua, dall’ampia volta. È un Giudizio Universale, dove pressano domande fondamentali, nello sfinimento di una ricerca senza posa, dove l’indice non è accusa, ma alleanza con gli uomini.
La sua voce risuona severa nel suo /Ave straniero/, tuona / nell’arida pietraia/ /insieme all’elmetto di un eroe/.
La forza del verso trascende l’abiezione /delle stupide menti/ /di stupidi cuori/ e anche.... Il confine (pag. 88), distilla speranza.
La solita legge
fresca di forno
ci abbandona
tra acqua e fuoco
a dirimere e pacificare
Forse saremo forti
e vinceremo
Forse il cuore
dovrà tra caldo e freddo
Ma se…
se non saremo eroi
se…
saremo soltanto uomini
la pace governerà il mondo
e le due belve
senza sponsor
e senza milizie
dovranno tacere
Dov’è il confine?
Qui i caldi camini
lì la tavolozza dei pesci
e il sereno
Libero
su tutto
il respiro della terra
Nel riferirsi alle cose, Giuseppe La Spina si butta dentro, pronto a pagare pur di Essere, sempre e comunque, Uomo.
Ed ecco…il Confine!
Quella soglia, quel velo sottilissimo di nebbia, che a volte separa il bene dal suo contrario,
L’emozione… rompe le righe, fra il rumore assordante della indifferenza. Al riparo di /caldi camini/ trova rifugio in chi legge.
Allora non osi neppure valicare quel Confine, dove la lotta fra /le due belve/ avrebbe solo vinti, non eroi. Forse! Perché /il respiro della terra/…/libero su tutto/, concilia inaspettatamente il fuoco con l’acqua. Qui, la sacralità, non ha prezzo. L’auspicio e il presagio, hanno la stessa nuance.
E mentre la ferita composta morde i giorni, mentre la fiera amarezza di chi, /in cerca di mare/, di /uno spiraglio di oblio/ s'imbatte nel / limaccio dei fossi /, il canto si erge universale. Sovrasta perfino i /fiumi di pietre bruciate/.
E poi … /quel raggio di sole/, come /lama di luce/, a sottolineare l’anima delle cose, a renderle
eterne!