"Il buon gusto: una serata" di Antonio Saccà

Invitato dall’amico Giuseppe Sanzotta, che oltre a dirigere Il Borghese è impegnato nel Comune di Morlupo, un borgo medievale  vicino Roma, per una seraata notturna di poesia, canto, musica mi reco a vedere, ascoltare, oltretutto verranno lette mie poesie. 21 e 30, semibuio, Piazza Giovanni XXIII colmata, inizia lo spettacolo, vedo Giuseppe Sanzotta,che intrerrogato da un garbato e non dispersivo conduttore, il giornalista Marco Rho, dice qualcosa su di me, riferendosi ad un libro che proprio Sanzotta ha presentato nel salone comunale:Ho vissuto la vita-Ho vissuto la morte, mesi passati. Vi sono altri interrogati, e la recitazione dei testi. Leggono mie poesie, ma come ha interpretato Rimi Beqiri  è la prima volta che apprezzo tutto, la voce, le pause, la sottolineatura, la dizione de I MIEI FANTASMI , con la ripetizione ossessiva che devo ricordare le persone amate, è stata espressa appunto come una ossessione, straccandola un istante dalla continuità di un testo quasi narrativo. Perfetto Beqiri nel finale dell’altro testo: Ad Elisa.Un reciso, deciso che non basta vivere ma esprimere, e lasciare segno. Annoto “I MIEI FANTASMI”, per dare la cognizione della relazione di quanto scrivo con il testo. I MIEI FANTASMI:Se da queste caverne,/se queste caverne non mi soffocheranno,/se vi sarà spiraglio,/vorrei, voglio/che la memoria  sopravanzi/e di chi amai, /memoria./Mia madre, innanzi,/coraggiosa , degna,/madre vera,/madre antica,/guerriera per i suoi figli,/mai stanca,/e dal bisogno resa ancor più ferrea,/stai nella mia eternità finchè vivo,/possa continuare oltre me stesso il tuo ricordo,/mi sento indegno se non ti consacro./Mio padre, ucciso,/la tua ombra,/non ti conobbi,/immagini soltanto,/e vicende che mia madre narrava,/bello, dice mia madre, / bello nelle tue figure,/ed anch'io guardo/le  remote sembianze estinte,/devo salvarti dalla doppia morte,/mi sento indegno se non ti consacro./E tu/esile, stanca, ombra di un ‘ombra,/tu sorella ancora non fanciulla,/tu sparita senza compiere giorno,/silenziosa, assorta, vittima sconfitta,/non posso abbandonarti a quella morte,/tu devi sopravvivere,/tu meriti l'eternità dei fantasmi infelici./Mi sento indegno se non ti consacro./Eccolo, lui,/ gonfio,  faccione,/passetti brevi,/amavi il canto ,le donne ed i figli,/tu eri mio fratello,/sei stato mio fratello,/lo resterai per sempre./Mi sento indegno se non ti consacro./Infine  mi appari,/ti ho vista giorni prima della fine,/ti disfacevi, ti scioglievi,/mi ringraziasti di averti incontrato/viaggiando,/poi/in una stanza penombrata/eri stesa con le mani sul cuore /ed una scarna croce,/derelitta./Chiedimi vendetta della tua svilita sorte ,/l'avrai,/sorella./La mente mi opprime di memorie/e chiede altre memorie./Devo oltrepassare la sfera del silenzio/edificare una immortalità familiare./Non basta amarci nella vita,/mi obbligo a compensarvi della morte./E vivo per non farvi morire”.

Soltanto un cenno. Tutti gli intervenuti, qualità, misura, dignità. Una civiltà culturale non gridata,non  smodata, né codina, né timida. Con la misura del buon gusto.

Occorre salvare la”parola interiorizzata dal sentire personale”. Questa tremenda possibilità che l’uomo non abbia un se stesso ma vale per gli strumenti che usa, invero strabilianti, ucciderebbe la civiltà “umana” dell’io sento ed esprimo, della “mia” individualità. Oggi il Liberalismo più che politico è antropologico:IO SENZIENTE ESPRESSIVO.

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