Krasznahorkai László Nobel della Letteratura 2025. “Il Maestro ungherese dell'Apocalisse” – di Francesco Paolo Pasanisi

La letteratura ungherese ha avuto sempre una notevole diffusione e conoscenza nell'arco della sua storia anche se con interruzioni temporali dovute a momenti storici particolari o a una preminenza di altre tendenze letterarie, a mio parere di moda. Sin da giovane ho avuto un primo approccio con la biblioteca di mio nonno paterno che disponeva di numerosi testi di cultura magiara e mitteleuropea e di tendenza a cavallo tra le due guerre mondiali.

Nel XIX secolo con Ferenc Kazinczy si rinnovò la lingua magiara secondo il gusto moderno ma fra tutti primeggiò Mihály Vörösmarty per aver trattato del poema eroico nella sua lirica, successivamente János Asany compositore di ballate e liriche, Sándor Petöfi celebre poeta e padre della Patria, Mór Jókai sublime per la sua narrazione, Zsigmond Kémeny autore del romanzo storico e Ferenc Csepreghy drammaturgo. Scrittori ispirati ed animati da un idealismo liberale e romantico e impegnati politicamente per il Risorgimento dell'Ungheria.

Ad inizio del XIX secolo entra prorompente in questo agone la scrittrice Emma Orczy con l'indiscutibile successo della “Primula Rossa”. Due anni dopo irrompe sulla scena Ferenc Molnar con il mitico “I ragazzi della via Pal”. Da non dimenticare Péter Esterházy, György Konrad, Attila József. Nel 1908 esce la rivista “Nyugat”. Occidente, fautore il poeta Endre Ady (1877-1919) che con una schiera di scrittori promuove un movimento moderno, rinnovatore e rivoluzionario che contrasta la letteratura borghese e tradizionale, cercando di indirizzarlo verso quella europea ma senza successo. Fra i romanzieri realmente tradizionali non dimentichiamo Cécilia Tormay (1878-1937) attivista politica e rappresentante del radicalismo di destra, nominata due volte per il premio nobel nel 1936 e nel 1937.

Il totalitarismo comunista e le conseguenti persecuzioni spinsero Sándor Márai all'esilio come Albert Wass che si trasferì in U.S.A.. Imre Kertész, di origine ebraica venne rinchiuso in un campo di concentramento dai tedeschi nel periodo bellico, poi nel 1951 fu licenziato da un giornale di Budapest per il quale scriveva, poiché codesto era divenuto organo del partito comunista e le sue opere messe al bando. Ma nel 2002 ricevette il premio nobel per la letteratura. Negli anni Kertész aveva avuto intensi contatti con la cultura tedesca.

Nonostante una emigrazione ininterrotta dei letterati e dei poeti legati al regime dell'ammiraglio Horthy e contrari alla nuova repubblica popolare, dopo il 1945 si sviluppò una nuova letteratura che era aderente alle esigenze contingenti e esistenziali  della contemporanea realtà sociale e politica in contrapposizione alla precedente cultura.

L'autore nasce nel 1954 e vive nel contesto della Repubblica popolare e ha solo due anni durante l'invasione sovietica dell'Ungheria ma ricorda gli anni seguenti come qualcosa dove tutto era  sempre fermo e ripetitivo nelle giornate che si succedevano, in attesa di qualcosa che provenisse dall'occidente anche tra le cose più semplici che lo spingevano a sognare un mondo diverso. Infatti lascia la sua patria per Berlino ovest nel 1987, da lì si reca negli Stati Uniti, Giappone, Mongolia e in Cina. I suoi viaggi ispirano tantissimo i suoi scritti, che lo caratterizzano come autore epico della tradizione mitteleuropea. Precedentemente aveva frequentato la facoltà di latino e giurisprudenza laureandosi in Studi Ungheresi e Culturali. É autore di romanzi, saggi, novelle, racconti e sceneggiature. Il suo primo lavoro è “Credevo in te” del 1977, pubblicato sulla rivista Mozgó Világ, da quell'anno fino al 1982 è documentarista per la casa editrice Gondolat. Il successo arriva nel 1985 con Sátántangó, il tango di Santana, opera ambientata in una cittadina  ungherese comunista. Il regista Béla Tarr nel 1994 fa la trasposizione del capolavoro trasformandolo in film; della stessa direzione nel 2011 esce il film “Il cavallo di Torino”. Alla fine sono cinque le sceneggiature dei film scritte da Krasznahorkai e affidate a Tarr. Nel 1989 compone “Melancolia della resistenza” constatando che lo stato ideale di libertà dell'occidente lo aveva deluso, confermando questa sua idea l'anno seguente. Per questa veritiera analisi vinse nel 1993 il premio Besteinliste-Preis. La profondità filosofica dello scrittore nella suddetta opera indusse e ispirò il compositore e direttore di orchestra ungherese Péter Fötvös, (nato in Transilvania regione ungherese oggi appartenente alla Romania) a produrre, su commissione dell'Opera di Stato, il  melodramma “Valuska”, lo scemo del villaggio nella valle dei Carpazi; rappresentato tre volte presso gli Studi d'Arte Eiffel di Budapest nel 2023. Nel 1999 esce il picaresco “Guerra e Guerra” seguono tanti altri romanzi e racconti. Tutte le opere sono tradotte da Dora Várnei.

Il 2004 è l'anno del premio Kossuth. Nel 2015 lo scrittore per “Satantango” vince il “Man Booker Prize International” che lo rende famoso ad un pubblico mondiale. “Il ritorno del barone Wenckeim” vince il “National Book Award for Translated Literature” nel 2019. Segue nel 2021 il Premio di Stato Austriaco. Il successo continua nel 2024 con il “Premio Formentor de las letras” per la Letteratura (premio introdotto nel 1961). La giuria motiva nel seguente modo: “Per la diffusione del patrimonio della lingua ungherese, il restauro di dimensioni dimenticate dell'immaginazione e la virtuosità della sua scrittura elegante” … “manutenzione di una forza narrativa che avvolge, rivela, nasconde e trasforma la realtà del mondo”.

Oggi con Krasznahorkai l'Ungheria ha avuto il secondo premio nobel per la sua letteratura ed ha ricevuto le congratulazioni da Victor Orbán. Lo scrittore viene definito dalla filosofa e scrittrice americana Susan Sontag: “Il maestro ungherese [che] evoca  l'apocalisse nello spirito di Gogol e Melville”. Krasznahorkai afferma che l'apocalisse “... è la condizione del nostro mondo, il suo stato ordinario, ci siamo già dentro, ci viviamo immersi, non c'è nulla da aspettare, è già qui, ed era già qui e ci sarà sempre fintantoché esisterà l'umanità, fino a quando non ci annienteremo a vicenda: l'apocalisse è la nostra dimensione naturale”. E ancora “ É un fiume anzi una calata di lava incandescente in cui bisogna tuffarsi e lasciarsi trasportare, anche se può spaventare, perché è così che nelle sue frasi, magari lunghe pagine e pagine, si comincia a sentire la musicalità che infonde alla scrittura accelerazioni e rallentamenti”. Le motivazioni per il premio nobel sono le seguenti: “Per la sua opera avvincente e visionaria che, nel mezzo del terrore apocalittico, riafferma il potere dell'arte”.

Le sue prime opere sono sempre caratterizzate da atmosfere rurali e da un terrore esistenziale, sembrano racconti senza futuro per i personaggi ma alla fine c'è la luce; gli esseri umani lo ispirano ma la situazione contemporanea lo rende triste. Ecco perché è stato definito il maestro ungherese dell'Apocalisse. Descrive un mondo post moderno dove l'alienazione conduce ad una concezione visionaria e apocalittica dell'ambiente. La sua poetica, dalla scrittura fluida, è pervasa da questa concezione metafisica, però oggi una debole speranza si accende nei singoli umani con un lieve tocco di ironia tende a far nascere un'empatia fra gli stessi. Infatti Krasznahorkai ha affermato quando ha ricevuto il nobel che “... la bellezza, la nobiltà e il sublime ancora esistono in sé e per sé. Può dare speranza anche a coloro per i quali la vita è viva appena”. Ha aggiunto che “la narrativa moderna sia tornata a forme narrative più antiche perché le questioni di lingua, stile e pensiero sono in gran parte scomparse dalla scrittura contemporanea”. Per lui il linguaggio e la forma contano più della narrazione convenzionale. La sua letteratura si ispira ed è influenzata da Franz Kafka, Samuel Beckett e Fëdor Dostoevskij.

La stampa mondiale ha dato ampio risalto all'avvenimento letterario e quella ungherese non è stata semplicemente agiografica o encomiastica ma ha messo a nudo il pensiero e le tematiche dell'autore principalmente con i quotidiani e settimanali come “Metropol”, “Magyar Hirlap”, “Daily News Hungary”, “Ungary Today”, “Magiar Nemzet”, “Ungarn Heute” e tanti altri.

 

                                             

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