“La lotta contro l’immobilità di Giuseppa La Paglia” di Giuseppe La Russa

Sedersi a leggere un libro è un’operazione per molti comune, quasi giornaliera. Un momento solitario, in cui investiamo e ascoltiamo la nostra voce come parte più profonda del nostro essere; ma senza dubbio, il momento della lettura non è e non potrà mai essere un monologo, pur se avviene alla sola “presenza” di noi stessi, perché ci mette in contatto con un altro essere che in quel libro, in quel testo, in quella singola pagina ha riversato sé stesso, ha scavato un solco di verità propria e universale. Leggere ci mette in contatto con la sincerità e verità di un altro spirito che sulla pagina mette in moto parole che accendono lo sguardo e fanno vivere un altro mondo, un’altra esistenza: nella lettura di Giuseppa La Paglia, La lotta contro l’immobilità, viene prepotentemente fuori il senso della lettura e della scrittura stessa, esplicitato tra l’altro nella copertina stessa, laddove si evidenzia come scrivere sia un modo «per ritrovarsi e poi andare oltre, per fermare il tempo e poi ripartire». Sensazioni, queste, che investono il lettore quando si ritrova faccia a faccia con la storia di Giulia Giò, normalissima ragazza della provincia palermitana, con i suoi sogni e le sue aspirazioni, i suoi studi, i suoi sacrifici e il forte legame con la sua famiglia di origine. Una ragazza come tante, insomma, che vive un’esperienza extra-ordinaria, fuori l’ordinario: la diagnosi di una malattia neuromuscolare in stato avanzato che ne pregiudica i movimenti più normali. Ma nella lotta contro questo nuovo stato, il lettore è chiamato a penetrare il dolore della protagonista, la scrittrice stessa ci fa abitare lo sforzo, la sofferenza e la paura di Giulia Giò; ma il dolore e la sofferenza non sfociano mai in paura, quest’ultima è sempre secondaria all’amore, alla forza d’animo, alla consapevolezza di sé e del proprio essere.

Con un andamento cronachistico, quasi giornalistico per la ricchezza di particolari e aneddoti, per la precisione della nomenclatura medica, Giuseppa La Paglia ci dona ogni lacrima della protagonista, sciogliendo in ogni pagina il significato, il senso e la direzionalità del suo dolore: come si evidenzierà alla fine la forza e la coscienza di sé derivano proprio dall’affrontare e dall’aver sostenuto quel percorso: la vita di Giulia Giò in modo semplice e delicato serve da esempio, da monito per chi vive nei “se” e nei “mai”, per chi guarda ai futuri non realizzati, per chi rende il proprio presente un ramo secco. Così anche il passato prende e acquista nuova forma, anche tornare nei luoghi frequentati prima della scoperta della malattia assume un significato ultimo e si impronta di una logica orientata verso il senso, verso la verità e verso la scoperta di una nuova bellezza; è senza dubbio, questo, un vero e proprio romanzo di formazione, è la composizione di un orientamento che il lettore compie a braccetto della protagonista in questo susseguirsi potente, profondo di azioni. Sì, azioni: perché se è vero che la protagonista “subisce” una sorta di destino, il suo sforzo è quello di non essere mai vittima, ma attiva protagonista della ridefinizione e capovolgimento di una situazione che avrebbe condotto molti ad una immobilità dello spirito, più che fisica.

La vita di Giulia Giò è una vita sempre nuova nel dono di ogni giorno, di chi continua a «correre con la mente» e fare progetti, a far correre il proprio spirito nella sua libertà, per rendere la vita di una semplice ragazza in qualcosa di extra-ordinario.

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