Pubblichiamo la prefazione di Guglielmo Peralta a "Poesie scritte all'aria aperta" di Emilio Paolo Taormina
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- Category: Scritture
- Creato: 27 Ottobre 2023
- Scritto da Redazione Culturelite
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Come quel personaggio di Thomas Bernhard, Reger[1], che ogni mattina si reca al museo sedendosi sempre sulla stessa panca, di fronte allo stesso quadro[2], Emilio Paolo Taormina tutte le mattine siede sulla tessa panchina, di fronte al Lungarno, a contemplare il paesaggio fiorentino, non per trarne, come Reger, la monotona ripetizione della vita, ma per comporre “Poesie all’aria aperta”, per r-esistere contro la quotidianità, per riempirne il vuoto, per lottare contro il tempo che ancora gli resta, ingannandolo, illudendosi di fermarlo, rallentarlo. Scrivere è differire l’evento della morte, è la grande illusione dell’immortalità.
È tutto qui il tempo. Qui è la chiave universale che apre le porte del paradiso quando adamo ha già dato / un nome a tutte le stagioni; quando restano le rovine / dei sogni e da bere la cicuta dell’assenza. ‘Qui e ora’ tornano le estasi; la vita senescente si schiude e restituisce le sue bellezze e l’amore, che tutto feconda e fa sacra ogni cosa, e come allora torna intatto il gusto dell’eterno presente, quando c’era una volta il mito e il futuro non era un divenire, ma il tempo dell’a-venire, che il nostro poeta sfoglia come una “pannocchia” e assapora “lentamente”, pregno di sogni e delle beatitudini che solo la Poesia concede. Perché sempre c’è vita nel suo grembo e la morte è sempre differita: io non invecchio vivo / il tempo dell'anima / sono un piccolo dio / con i versi modello / l'universo. Potenza della Poesia che toglie le antiche illusioni e certezze, ma non il gusto della felicità suprema che essa rappresenta per il Nostro e che è anche il frutto dell’amore per la donna e per la bellezza, che non ha mai smesso di accompagnarlo, e che egli ha cantato e declinato in tutte le espressioni, vivificandolo ed eternandolo in tutte le sue opere. ‘Qui e ora’, come non mai, è la Poesia, che tutto sostanzia e volge in meraviglia; che dell’«aria aperta» ha il respiro in questa silloge, dove ogni spazio ed elemento della natura, ogni espressione e sentimento dell’anima, ogni ricordo ‘incastonato’ come un diamante nel cuore, s’infinitano nell’intimo legame fra lo spirito e il corpo: partecipi, entrambi, della bellezza del Creato e custodi dell’imperitura passione per la creazione divina e umana. Dal felice connubio tra “l’amore e la poesia”, che “sollevano gli uomini / senza saperlo/ come una piuma”, scaturiscono le più alte ‘espressioni’ della lirica di Emilio Paolo Taormina. E le ‘altezze’ sono la ‘leggerezza’, che vince la gravezza della realtà, sana le immancabili ferite, lenisce le sofferenze fisiche, i dolori e la solitudine dell’anima, dà nuova vita alle cose strappandole all’oblio.
Come nella pittura impressionista, in queste poesie protagonista è la luce, che il nostro poeta coglie en plein air, e ne fa un respiro interiore, un canto luminoso e trasognato in cui tutto si tiene, tutto è connesso a tutto in natura e nell’universo, e nell’anima che ne ac-coglie e ne riflette lo splendore. E ciò in virtù del sogno e della bellezza che, inoltre, permeano d’immagini, di sensazioni, di passioni, di dolci ricordi la silloge, in cui il vissuto torna a essere presente, rievocato fortemente e costantemente dall’amore mai spento, mai consunto sotto le ceneri del passato e che ancora oggi, come al tempo dell’età felice, «al cor gentil rempaira sempre», «ratto s’apprende». Sono poesie, queste, che ricordano, oltre all’atmosfera rarefatta della pittura impressionista, l’‘incantamento’ del Dolce stil novo, soprattutto per il sentimento del Taormina verso la sua donna, per l’esperienza dell’amore, ‘avvertito’ e cantato secondo quella celeste concezione, ma anche per il lessico impreziosito di figure retoriche e di effetti musicali e per lo stupore, generato dalla nobiltà d’animo legata alla capacità d’amare, proprio dei poeti stilnovisti, che accompagna il Nostro in ‘ariosa’ contemplazione e che si coglie in trasparenza in questa raccolta.
Lo stupore è la festa degli occhi quando li ‘tocca’ il sogno nell’atto della creazione, ed è la permanenza dell’amore per la donna, interiorizzata, idealizzata e trasfigurata nella musica, nella poesia e nella natura.
ho insegnato a cantare / a un uccello di carta / con i miei occhi / ho spostato colline / fatto scorrere fiumi / tu sei l'amore che ho / dentro di me / ti ho fatto così bella / che il tramonto arrossisce / d'invidia […] non hai un corpo sei musica.
tu ci sei / sento la tua musica / […] tu mi appari / in forma di verso.
ti sento crescere dentro di me / come una perla nella conchiglia.
Ella torna a vivere in virtù del sentimento, che della sua assenza fa una presenza costante e ‘concreta’:
inciampo nell’ombra / della tua assenza / come su un ramo / spezzato dal vento.
tu nascosta nel silenzio / esisti […] tu ci sei.
La donna amata è sempre correlata, mediante similitudini e associazioni, con la natura, che fa da tramite affinché il Nostro possa descriverla, esaltarne i lineamenti del viso, o toccarla, carezzarla, come se ella fosse viva, ancora accanto a lui, oppure farle giungere le sue parole d’amore.
i tuoi occhi erano / un cielo di rondini.
carezzo il volto del vento / perché da qualche parte / ti ha sfiorato.
scrivo una ad una parole / sulle ali di una falena / perché tu le possa leggere / al chiaro di luna.
sei la farfalla / che si arrampica / al sole.
nei tuoi occhi / sono imbalsamate / le acque verdi del nilo / i giardini del faraone / il tuo ventre è la terra / fertile dove maturano / le spighe.
Anche le cose consentono il contatto con la donna morta.
come faccio a cancellarti / dagli occhi / se le mie mani ogni cosa / che toccano / toccano te / sei la cravatta la sigaretta / la tazzina del caffè la matita / il taccuino le rose del giardino.
Quanta meraviglia, quanta delicatezza in questi versi! Stupirsi è essere toccati dalla grazia. Essa è la luce, gli istanti d’illuminazione in cui le parole prendono il volo, penetrano l’ombra delle cose e ne lasciano indovinare l’essenza: il respiro della Poesia che dà alla forma la veste dell’infinito; il soffio d’aria pura che rigenera il linguaggio e consente al Taormina d’inseminare di sogni la vita, d’infiorarla del tempo che fu, per goderne ancora rinnovando l’incessante intrattenimento con la Bellezza, che lo fa sentire parte dell’armonia cosmica, dell’universale interessere[3], che è la coesistenza e la corrispondenza di tutti gli esseri, anche inanimati. A questi ultimi il Nostro dà un’anima mediante le personificazioni, che abbondano in molte poesie, come in questa:
la notte scivola / sugli aranci / una stella saltimbanco / tremola ad occidente / una canzone / si sveglia dal letargo / il vento piange / tra le ali / degli uccelli notturni / nella cala / gli alberi delle barche / sono pieni di nidi / pigolano / il cane nero nel cimitero / latra ai fuochi fatui / gli angeli di marmo / posate le ali / danzano in cerchio / intorno alla luna / una stella naufragata / s’è addormentata / sulla spiaggia / sui comignoli / e le banderuole / vagiscono i sogni / la brezza pigola/ in un nido di barche / la luna come / un vecchio pescatore / fuma la pipa in cima / all’eucalipto.
La poesia, come suggerisce Edgar Morin, «ci rivela che abitiamo la Terra non solo prosaicamente – sottomessi all’utilità e alla funzionalità – ma anche poeticamente, votati all’ammirazione, all’amore e all’estasi». Così è sempre stato per Taormina, che della poesia ha fatto la propria ragione e compagna di vita, trovando in essa, ancora oggi, la possibilità di ‘comunicare’, di mettersi in comunione con tutto ciò che cor-risponde alle sue ‘esigenze’ spirituali, all’universalità dei valori e degli ideali ai quali egli è stato sempre fedele. Grazie alla poesia, che ingentilisce ed è nutrimento dell’anima, egli ha potuto qui, come non mai, vestire di luce sacrale le parole per cantare l’amore, facendo di esso una liturgia interiore, l’elevazione della mente e del cuore. La sacralità è la cifra che caratterizza tutta la produzione del nostro prolifico poeta. Perché sacra è la scrittura che lo rende “libero, realizzato ed essenziale”.[4] Ed essenziali, brevi e folgoranti sono molte delle poesie che compongono la raccolta; sono slanci e aperture verso l’infinito. Leggerle è come strappare dei veli e vedere in un guizzo di luce annunciarsi l’invisibile; è come assistere al trasloco dell’universo in pochi versi - come suggeriscono queste parole di William Blake: «Vedere il mondo in un granello di sabbia e il cielo in un fiore di campo. Tenere l’Infinito nel palmo di una mano e l’Eternità in un’ora». la poesia è dentro le parole / come la pioggia nelle nuvole. Essa è pienezza di vita e può anche con un verso ‘impinguare’ il Poeta: “ho una fame inesauribile / sarò sazio / quando avrò catturato / la vita / in un solo verso”. La poesia può compiere il miracolo, può ‘catturare’ la vita, suscitarla, allungarne il confine sfumando, rendendo vago e distante lo spazio della morte. Se è sempre difficile / capire / dove finisce la vita / e inizia la morte, la poesia è l’‘apertura’ verso l’infinito, dove non c’è fine né principio. E «il naufragar (…) è dolce». Leopardi è presente in Taormina, in questa visione ‘immersiva’, nella ricerca dell’oltre e nel senso dello sconfinamento che ne scaturisce e che avvertiamo leggendo i suoi versi; nel pensiero dominante della morte, nella malinconia e nel dolore generati dalle ‘ricordanze’, ma anche nella limpidezza e pacatezza del dire poetico, nello spirito contemplativo e nella ‘materia’ sognante che li accomuna ed è la fine tessitura della loro anima.
Ritroviamo in questa silloge temi già trattati nelle precedenti raccolte: il dolore e la tristezza per l’umanità in preda alla follia, al vuoto spirituale, al “male di vivere”; la nostalgia dell’infanzia, l’amore per la poesia, per la bellezza e per la donna amata, cantata in vita e in morte, qui costantemente presente e ‘viva’ nella memoria; riflessa e ‘immortalata’ nel paesaggio e negli esseri della natura, la quale, soventemente, suscita i ricordi, anche gioiosi, del tempo passato.
da quando tu sei morta / è sempre verde / l’erba sulla collina / gli agnelli / sono sazi / delle tue preghiere […] tu sei tornata bambina / giochi con la sabbia / in giardino / di notte danzi / con i conigli / intorno alla luna piena.
gli alberi spogli sono / come la mia infanzia vista / da lontano / ricordano i polli spennati / in cucina la domenica / che avevo inseguito / per gioco nel baglio.
La poesia è questa salvifica illusione ed è la grande epifania della memoria, anche involontaria, che apre immagini ora giocose ora dolorose, ma di straordinaria e struggente meraviglia. Essa illumina e volge il cammino del nostro poeta là dove si annullano i confini, dove solo regnano l’amore, quello universale, l’estasi e la quiete: la permanenza eterna nella bellezza, nell’‘ariosa’ armonia, nell’aperto e infinito respiro del canto.