“Torino città del Santissimo Sacramento” di Domenico Bonvegna
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- Category: Scritture
- Creato: 20 Giugno 2024
- Scritto da Redazione Culturelite
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L'Ostia del Miracolo venne poi deposta nella Cattedrale della città e nel punto dove si compì il Miracolo, venne edificata la chiesa del Corpus Domini. Molti sono i documenti che testimoniano il Prodigio. I più antichi sono tre Atti Capitolari del 1454, 1455 e 1456. Inoltre vi sono alcuni scritti coevi del Comune di Torino. Nel 1853 Papa Pio IX celebrò solennemente per il quarto centenario del Miracolo, una cerimonia a cui parteciparono anche San Giovanni Bosco e Don Rua. In quell'occasione Pio IX approvò per la l'Arcidiocesi di Torino, l'Ufficio e la Messa propri del Miracolo.
Per chi è interessato la rivista Cristianità (n. 95/1983) ha pubblicato un approfondito studio di Mario Giaccone, “Torino città del Santissimo Sacramento”. Lo studio di Giaccone fa riferimento anche all'altro Miracolo che ha coinvolto la città di Torino, quello del Monte dei Cappuccini del 1640. Per entrambi i miracoli lo studioso sottolinea la grande importanza che siano avvenuti in una città che da tempo viene rappresentata lontana dalla fede, nonostante nell'Ottocento abbia avuto una meravigliosa fioritura di santità e di istituzioni volte ad alleviare, sul terreno sociale, il diluvio di mali che la politica anticristiana provocava – fu il centro del movimento risorgimentale e liberale, che portò alla creazione dello Stato centralizzato e oppressore delle libertà storiche e concrete della nazione italiana. Una città che per tutto il Novecento ha avuto, almeno nella sua classe dirigente, una parte preponderante nel processo rivoluzionario di estrazione liberale e poi marxista.
Tuttavia è ritornata la fede almeno negli strati sociali della citta, con “l’attenzione a quella preziosa ed eloquente testimonianza della Passione di Gesù che è la Santa Sindone (5). Ma, se doveroso è l’interesse per questo singolare segno della Crocifissione, la città di Torino dovrebbe fregiarsi anche dell’onore di due prodigi, che richiamano alla vera memoria della Passione, il SS. Sacramento eucaristico, in cui il Signore rinnova per noi incessantemente il Sacrificio della Croce e, sacramentalmente ma realmente, resta presente per ricordarci e per donarci il suo amore”. E qui Giaccone comincia a descrivere i due miracoli, quello del 1453, con relativo miracolo e quello del 1640 nella chiesa del Monte dei Cappuccini (17), che sorge sulle colline che circondano Torino, a oriente, oltre il Po. Anche qui c'è un fatto di guerra, Il giorno 12 maggio i francesi danno l’assalto al Monte e irrompono anche nella chiesa, dove soldati e civili si erano rifugiati, e fanno strage di uomini e donne, vecchi e bambini, senza pietà per le suppliche degli uomini né riguardo per la santità del luogo (23). La violenza e la empietà scatenate non si arrestano neppure dinanzi alle cose più sante, e un soldato mette mano al SS. Sacramento, ma d’improvviso è colpito da un fuoco che si sprigiona dal tabernacolo (24).
Tornando al miracolo del 1453, Giaccone fa riferimento ad una commissione di studio del 1975 dedita ad indagare sulla veridicità della narrazione e critica i risultati di questi “esperti”. Tuttavia, non mancano certo le testimonianze di valore e i documenti autentici attendibili. Tra l'altro esistono quattro atti della Città di Torino, dei primi anni del 1500, facenti riferimento al miracolo (41). Non mi soffermo sulle numerose testimonianze e documenti,dettagliatamente riportate dallo studio di Giaccone che potete consultare. Sulla autenticità del Miracolo di Torino Giaccone ha insistito nella polemica contro chi non crede,“si vorrebbe ridurre tutto a un fortuito ritrovamento di un’ostia, mentre la fuoruscita miracolosa, l’innalzamento e la prodigiosa discesa nelle mani del vescovo sarebbero una invenzione posteriore [...]”.
Comunque, scrive Giaccone,“Si può quindi concludere che l’autenticità del miracolo si fonda sulla tradizione ininterrotta, sull’antichità e autorità delle fonti, sulla concordanza sostanziale delle medesime, e sulla molteplicità dei testimoni”. Pertanto,
“chi si ostina a negare il miracolo non ha altri argomenti che la convinzione che i miracoli non possono esistere; che Iddio, seppure c’è, non può intervenire nella nostra vita e nella storia; che i segni della presenza dello spirituale possono essere soltanto o impostura o allucinazione. Oltre che distante dalla dottrina della Chiesa, questa posizione è una negazione della onnipotenza di Dio e anche della sua presenza sacramentale: che cos’è, infatti, il ritrovamento pure così prodigioso di un’ostia consacrata, rispetto al miracolo ineffabile che ogni giorno si rinnova in ogni angolo della terra, quando, alle parole del sacerdote, il pane si trasforma in vero Corpo del Signore Nostro Gesù Cristo?”
Allora potremmo chiederci, con questo miracolo il Signore quale significato e quale messaggio ci ha voluto trasmettere. Dal punto di vista storico, “il miracolo del 1453 acquista soprattutto il significato di richiamo alla dottrina cattolica della presenza reale di Nostro Signore nelle specie eucaristiche, di fronte all’affermarsi e all’estendersi dell’eresia valdese”. In quell’epoca, le valli piemontesi, erano abitate in gran numero da valdesi (53).
Questo miracolo di tanti anni fa che cosa ci vuol dire a noi oggi? Indubbiamente può essere un “richiamo a restare saldi nella dottrina cattolica e fedeli al culto tradizionale verso il sacramento eucaristico. Quanti oggi negano la presenza reale! E non soltanto fra i protestanti o gli increduli, bensì anche fra coloro che dicono di fare parte della santa Chiesa cattolica. Proprio da ciò deriva la gravità della situazione di oggi”. Nella storia della Chiesa, ci sono sempre stati momenti di sbandamenti, di confusione e di cadute negli errori. Occorre rilanciare il culto eucaristico, credere nella presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nel Tabernacolo. Attenzione a non relegare il SS. Sacramento in un luogo trascurato della Chiesa.