"Trent'anni dalla scomparsa di Giorgio Almirante. Il mio ricordo" di Tommaso Romano

Nato a Salsomaggiore nel 1914, morto a Roma nel 1988.
Laureato in Lettere, fu giornalista, scrittore e politico. Cronista del quotidiano “Il Tevere”, Firmatario nel 1938 del “Manifesto della razza”, dal 1938 al 1942 collaborò, come segretario di redazione, alla rivista “La difesa della razza”. Dopo la creazione della Repubblica Sociale Italiana passò a Salò, arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana, ricoprendo il ruolo di Capo di Gabinetto del Ministro Mezzasoma, alla Cultura Popolare.
Il 26 Dicembre 1946 partecipò a Roma alla riunione costitutiva del MSI. Nel nuovo partito assunse quasi subito la carica di segretario, che mantenne fino al Gennaio 1950. La riprese, con la morte di Michelini, allora segretario, nel 1969 fino al 1987. Fu direttore del quotidiano “Secolo d’Italia”. Fu eletto in Parlamento fin dalla prima legislatura (1948) e sempre rieletto alla Camera dei Deputati. Dal 1979 fu Deputato al Parlamento Europeo. Promosse il movimento Eurodestra. Fu anche Consigliere comunale di Roma, Napoli e Trieste.
Fra i suoi libri: Il Movimento sociale italiano, con Francesco Palamenghi-Crispi, Nuova Accademia, Milano (1958); Mezzasoma rievocato da Giorgio Almirante e da Fernando Feliciani, CEN, Roma (1959); Repubblica sociale italiana, con altri, CEN, Roma (1959); La verità sull’Alto Adige, con altri, Movimento sociale italiano, Roma (1959); I due ventenni, CEN, Roma (1967); Processo al Parlamento, CEN, Roma (1969); La destra avanza, Edizioni Il Borghese, Milano (1972); Il regime contro la Destra, Edizioni Il Borghese, Milano (1973); Autobiografia di un fucilatore, Edizioni Il Borghese, Milano (1973); Complotto di regime contro la destra nazionale, Edital, Roma (1973); Processo alla libertà, Edital, Roma (1973); Salvare la scuola dal Comunismo, Edizioni D.N., Roma (1974); La strategia del terrorismo, Edizioni D.N., Roma (1974); L’alternativa corporativa, Edizioni D.N., Roma (1974); Per l’unità delle forze anticomuniste in difesa della libertà di tutti gli italiani. Relazione al comitato centrale del MSI-DN, 29-30 luglio 1975 (1975); Intervista sull’Eurodestra, Thule, Palermo (1978); Carlo Borsani, con Carlo Borsani jr., Ciarrapico, Roma (1979); Robert Brasillach, Ciarrapico, Roma (1979); José Antonio Primo de Rivera, Ciarrapico, Roma (1980); Processo alla Repubblica, Ciarrapico, Roma (1980); Pena di morte?, Ciarrapico, Roma (1981); Francesco Giunta e il fascismo triestino. 1918-1925. Dalle origini alla conquista del potere, con Sergio Giacomelli, Trieste (1983); Trieste nel periodo fascista. 1925-1943, con Sergio Giacomelli (1986); Tra Hitler e Tito, Trieste nella R.S.I. di Mussolini 1943-1945 (1987); Discorsi parlamentari, Fondazione della Camera dei Deputati, Roma (2008).
Giorgio Almirante, comunque, e da qualunque angolazione ideologica, storica e/o di parte lo si voglia considerare, è stato un uomo e un politico che si distingueva, un superbo e insuperato oratore della prima repubblica, la cui figura è da consegnare alla storia italiana: del fascismo, del post-fascismo, del movimento Sociale Italiano e della Destra italiana, fino alla sua morte.
Non sempre ho condiviso le sue opinioni; anzi, in momenti nodali della storia – pur a suo modo eroica – del MSI, ho preso le distanze da lui. Non mi pento e, tuttavia, apertis verbis, ne serbo e consacro un ricordo personale alto, nella cornice di una memoria storico-politica che, comunque, è inobliabile, se non per i settari e le canaglie che ancora lasciano in piedi le vie dedicate a Stalin, non volendone dedicare una ad Almirante, che pure predicò e, in un certo modo, praticò la pacificazione degl’italiani usciti sconfitti dall’immane conflitto e della guerra civile 1943-1945.
A Roma, una bella mostra storico-documentaria, organizzata da Giuseppe parlato e Marcello Veneziani per la Fondazione Alleanza Nazionale, con un esaustivo video concepito e realizzato a cura di Mauro Mazza, mi hanno fornito recentemente nuovi motivi di riflessione. Ricordo e scavo nella memoria: comizi, convegni e congressi, gli scambi epistolari, le stesse polemiche.
Anche la pubblicazione per la mia Thule, nel 1978, di un suo libro-intervista, curato con acribia da Michele Rallo, Intervista sull’Eurodestra (cui affiancai nel 1979 l’Intervista sull’Europa di Pino Romualdi, a cura del vecchio e nobile Amico Fernando Giulio Crociani), resta una fervida testimonianza di lui, che si consegna, oltre che alla mia personale storia, più ampiamente a quella civile e politica.
Dire che Almirante non sia stato un punto di riferimento per un giovane di destra, dopo la morte della pur notevole personalità del Segretario nazionale precedente del MSI, Arturo Michelini, avvenuta nel 1969, è come negare l’evidenza e, quindi, una verità. E le verità non si debbono nascondere. Mai.
Come non ricordare l’entusiasmo e la passione che sempre le sue parole suscitavano in me – inutile negarlo – che precocemente provenivo dalla militanza nel mondo giovanile di destra. Mi ero iscritto alla Giovane Italia di Ettore Maltese, Diego Torre, Vincenzo Ferotti, Guido Virzì, nel 1967; fui fiduciario d’Istituto al Liceo Scientifico Galilei, con a fianco Felice Coppolino e Carlo Mucaria; dopo una parentesi nella Gioventù Monarchica Italiana del PDIUM, tornai nel MSI prima delle elezioni trionfali siciliane del 1971, il cui vero stratega fu il mio Maestro e Amico Poeta on. Dino Grammatico, con il supporto determinante del “Popolo di Sicilia” di Guido Lo Porto, felice dell’unificazione con quel che restava del monarchismo nel Congresso dell’Eur del 1973, il primo dei congressi al quale partecipai.
Fra le luci di Almirante, a mio avviso, vanno ascritte quelle del rilancio nel più ampio dibattito politico e degli schieramenti, del termine e dei valori della Destra, quasi tutti riproposti dal leader nel cuore e fra le alternanti vicende e fortune della sua lunga segreteria (fino al 1987, al Congresso di Sorrento, che consegnò il partito a Gianfranco Fini, di cui allora fu avversario rauti, poi vincitore della Segreteria a Rimini, nel 1990). E ancora: il tentativo generoso della creazione della grande Destra (riuscito a metà); il rilancio di un moderno corporativismo (sulla scia dei teorici del dopoguerra Ernesto Massi e gaetano Rasi); la visione spiritualistica che gli proveniva da Giovanni Gentile; l’aver saputo resistere, a cominciare dal 1969, all’estremismo rosso e alla “strategia della tensione”, che non pochi martiri e distruzioni provocarono nel mondo della destra e non solo; l’aggregazione di uomini liberi di vari orientamenti (non sempre rimasti, per varie e anche buone ragioni – come ha ben dimostrato Giuseppe Parlato nel suo documentatissimo ed esaustivo libro La Fiamma dimezzata, edito da Luni –nella Destra Nazionale, anzi, operando la dolorosa scissione non prezzolata di Democrazia Nazionale nella costituente di Destra, poi nell’Unione Popolare della Libertà); il dialogo con Craxi; la rivendicazione della sovranità nazionale; le battaglie parlamentari condotte con un’ottima classe dirigente, da far impallidire quelle alquanto mediocri della partitocrazia attuale (De Marzio, Tripodi, Di Crollalanza, Romualdi, Rauti, Mennitti, Tedeschi, Staiti di Cuddia, Gennaro Ruggiero, Pinuccio Tatarella, Primo Siena, Lo Porto, Maceratini, Valenzise, Fortunato Aloi, Servello, Nicosia, Enzo Trantino, Gianni Roberti, Nencioni, solo per citarne alcuni).
Fra le ombre: un certo cesarismo accentratore sul piano politico e di gestione del partito; l’errore della teorizzazione della pena di morte (a cui mi opposi con pochi, in testa Beppe Niccolai, la cui prima fila mi costò una “carriera” bloccata nel partito); il non aver saputo o voluto evitare la scissione di Democrazia nazionale (l’antenata, innaturalmente partorita, di Alleanza Nazionale); l’aver affidato a Plebe la c.d. cultura di destra e non aver dato riconoscimenti al lavoro culturale di Giovanni Volpe; il non aver saputo valorizzare e, quindi, sottovalutato, alcuni giovani esponenti (come Marco Tarchi, Angelo Ruggiero e Pietro Cerullo); la marginalizzazione delle organizzazioni parallele, con i relativi fermenti di una ricca cultura alternativa.
certo, a lavori ultimati, è facile evidenziare aspetti positivi e negativi dell’uomo Almirante. Io non mi sono mai iscritto fra i laudatori assoluti o i denigratori per principio.
Dico soltanto che il carisma e le capacità di Almirante furono reali e tutti gli dovremmo, comunque, tributare la memoria grata che si deve agli uomini di autentico spessore, anche nel dissenso, in un tempo di camaleonti e di invertebrati.
 
 
nella foto da sinistra: Tommaso Romano, Michele Rallo, Giorgio Almirante, Giuseppina Giudici Russo
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