XVI Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Francesco, fratello di Antonio Saccà

Mio patrigno frequentava \il Gabinetto di lettura dove ogni sera stabilmente andava a giocare se non giocava a casa, così come immancabilmente ogni sera andava a visitare la madre. Questo Gabinetto di lettura, un ingresso niente di che, scalini per il piano primo dove si giocava a carte nelle varie stanze, al piano terra e negli scantinati i libri. Ero minore di età e non iscritto, ma con  voglia di leggere,poichè il mio pat6rigno era socio e per avermi visto desiderantissimo, la responsabile dei prestiti, signorina anche se  adulta , alta, snella, miopissima, occhialuta, cortesissima vide tuttavia che  ero appassionatissimo ai libri, sicchè furtivamente mi concedeva i libri GARENTENDOSI SUL MIO ONORE LA RESTITUZIONE. Ma non sospettava né io sospettavo i tempi della restituzione.|I libri non li leggevo secondo criteri esterni a me piuttosto secondo il piacere, la passione,l'entusiasmo, facevo quel che sentivo e poiché non riuscivo a staccarmi da restare su di un libro , mia madre giungeva  chiedendomi di cessare, due, tre, ore notturne, niente, leggevo  un libro, almeno un libro al giorno. Ora, considerando, se vi è inclinazione e la volontà asseconda l'inclinazione e soprattutto viviamo secondo il nostro sentire ,non regole esterne , siamo capaci di risultati eccellenti rispetto ai consueti  dovuti ad accomodamenti imposti. Finchè vissi secondo me stesso ignorando obblighi esterni  effettuai ademopimenti che dopo, regolarizzato dall'esterno, non compii. Per dire, cominciai ad insegnare filosofia ancora non laureato  e dopo laureato, finii il programma dopo quattro mesi tanto era la mia voglia e la psrtecipazione dei ragazzi. L'entusiasmo è fondamento di ogni impresa, il sentire appassionatamente, cogliere la tendenza dovrebbe costituire lo scopo della nostra educazione e della nostra vita.La signorina a Trimboli, si entusiasmò del mio entusiasmo, sicchè fondammo una sodalizio clandestino, e mi consenva libri a fasci, me li dava da sola a solo, e furtivamente li restituivo. Incredibile, qualche socio se ne avvide e protesò perRipetil mercato illegale. Io fui grato questa dignitosa signorina, da trovarla anni successivi, tornando a Messina.  Ripet, l'uomo sarebbe caoace di risultati eccelsi esistesse voglia di reciproco aumento di forze invece che di reciproco ostacolo. Può sembrare ed essere una stranezza che manchi la presenza femminile oltre i minimi cenni dichiarati,ma in realtà la vita a quei tempi gli anni 50 era diversissima dalla presente, almeno all'apparenza o  per me, il Collegio di soli maschi, l'amicizia o la frequentazione con le donne  assolutamente o ,almeno, dicevo,esclusa per me. Mio fratello non aveva remore, si lanciava addirittura fermava in strada le ragazze e si dichiarava, era l'usanza, esistessero conseguenze ,lo ignoro,  di bell'aspetto, cantava, suonava, con degli amici costanti, faceva notte, sempre, ormai all'Università, a Messina , quindi a Palermo, Giurisprudenza, quanto a me, immerso nei compagni di classe. Le “case chiuse” restavano ancora, l'età ce le proibiva, e non soltanto l'età. Non so se questa situazione fosse meridionale ,siciliana Non saprei dire. Di certo, uscire con una ragazza appariva “compromettente”. “Impegnativo”. Ma la fantasia svolazzava,occhieggiamenti amorosi, sentimentali, allusioni  fisiche, nella strada. Una stanzetta con mio fratello e la parete ci separava dalla famiglia Scudo, un uomo, militare, capitano o maggiore, la moglie, due figlie, Rosanna e Milena, un figlio, Davide, questa signora  si mostrava alquanto scollata ,diciamo, e additrittua si concepiva che se invitavano amici  scoprriva le spalle, alquanto. Forse nostre immaginazioni. L'avere una donna piacente a contatto di muro cagionava queste animazioni visionarie, nell'insieme visionario. Gli effetti si realizzazvano in un autoerotismo assiduo che trasfigurava il msterasso in femmina, fino all'esaurimento della voglia. Con il terrore di essere scoperti, e la vergogna . La  presenza corporea della donna incombeva da animale in calore, anche l'infanzia ne venne eccitata. Poi quel periodo che viene definito”latenza”, quindi, con l'adolescenza, l'esaltazione, e, almeno a quel tempo, o per taluni o molti, l'erotismo autosufficiente. Ma era una pezza, un rappezzamento. Ed il  rischio di essere scoperti in casa intossicava il piacere, ma la frenesia spezzava ogni catena. Comunque, se scoperto ne veniva schifo  per sé, e pessime figura con gli altri. Gli occhi cerchiati di scuro costituivano un segno di sfogo, si diceva, Sia che sia, non esisteva freno alla frenesia.Non parlavamo  di donne tra compagni di Liceo, successivamente diverrà l'argomento. Forse la realtà non era così segregante come la dichiaro ma credo che soltanto Giuseppe Russotti ebbe esperienza di donne realizzate in adolescenza,  ricchissimo,  desiderosissimo di vita,di aspetto molto gradevole, proprio un ragazzo,sano, , espansivo, sportivo, , con dei capriccetti snob. Un borsello  di pregio che teneva sempre, somigliantissimo all'imprenditore Gianni Agnelli, gli occhi fauneschi, chissà, forse era già iniziato alla impresa fondamentale, la donna, a fimmina! Di mio fratello, non so. Tornava alle ore ultime, ma che concludesse lo ignoravo. Nè vi fu, con lui o con altri , confidenza in materia. La difficoltà nelle relazioniaccresceva la fantasia che poteva avere aspetti impegnativi, la difficoltà accresceva l'importanza dell'oggetto erotico , una parola, un gesto ,un segnale di condiscendenza, di accettazione, eravamo cavalieri erranti, trovatori,alcuni, io di certo, le passeggiate a Viale San Martino sciamavano tra il sogno, i segni, il presente, la memoria, vedere, rivedere, quanti amori possibili, nessuno realizzato. Assolutamente, non tradivo la fanciulla della finestra, ma l'eterno femminino avvolgeva, gonne, sete, braccia, annunciazione dei seni, la pelle delle donne , imparagonabile  quella dell'uomo! Alcune si coloravano di rosso le labbra rendendole infuocate, molte profumavano. Un giardino. Vedevo e rivedevo, passando e ripassando, una fanciullina, piccola, di proporzioni talmente  ben poste che era una statuina viva, l'armonia incarnata, la Grecia antica tornata. Il maledetto corso del divenire la uccise, mi parve l'eclissi, la madre girava pazza a cercarla nella strada  .

Era accaduto altro nella mia esistenza, una improvvisa rivolta avverso mia madre, non odio, mai, ribellione, disobbedienza, forse per tale esperienza anni dopo amai l'opera di Alberto Moravia, segnatamente Agostino e La disobbedienza, ed incredibilmente fu Alberto Moravia che mi pubblicò  e  Alberto Moravia fu amichevolissimo con me.ne dirò.L'altro evento è tutto in me, e segna la vita. Fino all'adolescenza stavo nella realtà come una mucca nei prati. Era naturale stare nella realtà, il fuori di me non bisognava di spiegazioni. Di botto, mentre stravo nel coirtile, mi sbalordì la presenza della realtà. Che relazione esisteva tra me ed il mondo esterno?”Esterno”? Mai lo avevo concepito esterno, io stavo nella realtà senza  mettere dubbi su questa sitcondizione, animalesca, vegetativa, invece, di botto, pensai che la realtà non soltanto era esterna ma anche estranea, insopiegabile, e mi spinsi a pericolosissime derivazioni: perchè “sentire” la realtà, poniamo:perchè un volto è bello, una musica asrmoniosa, perchè ricevere la realtà esterna, giudicarla, sentirla, addirittura la parola, leggere, scrivere mi sembrò arbitrario, la mente si sconnetteva dalla realtà, il pensierro non era realtà. Allora?Rendere il pensiero chiuso, un sogno recintato?  Fu un momento. Per autoprotezione, lo scostai. Ma si ripresentò:la realtà estranea e inspiegabile; il pensiero  irreale , un delirio.Vedremo.

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