"Fuggire Babele, per l’Himalaya" una poesia di Mariolina La Monica,
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- Category: Scritture
- Creato: 14 Marzo 2018
- Scritto da Redazione Culturelite
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Affonda lo sguardo stanco
tra le chiome che dondolano
che saranno quando io più non sarò
(se l’accetta no reciderà pure loro).
Spento l’ultimo saluto del giorno
tra le parole dette e il silenzio che ripaga dall’urlo
si eclissa la mia semenza al vento della vita
tra la strada.
Resta una traccia diversa di questi figli
sudati ad uno ad uno, senza sconto
stilla a stilla, col sangue
resi adulti sullo spuntone roccioso
dei miei sogni sbadati e fioriti per difetto
provvisti di ali errate
smisurate
non consoni alla compra-vendita
dei mercanti di esistenze
indifesi per quei mammut
che incombono tra i pilastri e trasportano
troppo veri per non soffrire, com’è dato ai furbi.
Due rondini volteggiano nel cielo,
la lunga coda domenicale delle automobili sfila lenta
(e chissà se la sua serpe vanifica
nei tanti il respiro cercato)
un petalo cade
il mio muro
Taglia!
Quanti prima di questi figli (molto peggio di loro)
sono andati per confondere – ahimè, da presso
tra pietose indorature – il mio occhio attento
per farmi complice del loro tradire?
Per incidere a fuoco
la coscienza di una solitudine
e sollevare dalle spine
la determinazione di una dignità irrinunciabile!
Il mondo crede alla grinta e al sorriso
se ne convince
e ti fa quello che non sei.
Tra cecità e dabbenaggine
Vede!
Ma tra questa carne martoriata
tra l’anima trafitta,
ho dalla mia serrate di purezza
per l’infante senza denti
per le fragili ossa che io sono
e che mi fanno giocattolo
al di là, dell’apparire salda per inintelligibile bisogno.
Si fa scuro;
cantano le cicale la gioia per la frescura
e un’araba fenice
sospinge tir e tir di stanchezza.
Dire basta a questo gioco di forza?
Fissare al chiodo lungo le situazioni insane?
Seppellire il disonesto di quegli occhi senza cristallino?
Azzerare le performance sociali
a cui costringe questa Babele sicula che brucia?
Acquietarsi, stendersi, andare
senza voltarsi a contare i feriti
per evitare di divenire una statua di sale?
O voi
che, prima di me, avete piegato il destino,
che vi siete riscattati, con la fatica, dal bisogno
senza nutrire la malafede, per farlo veramente.
O voi dagli occhi limpidi
che mi avete insegnato l’onestà
illudendomi!
Dove siete voi tutti
figure amate d’altra vita, d’altri tempi
quando i traviati bianchi sulla strada conosciuta
ancora ledono
fanno scorrere un bolo di dolore nelle vene?!
Mio testimone, un richiamo indugia:
arrestare la barca anomala
sprangare gli accessi
fuggire da questa Babele, per l’Himalaya!