VI Capitolo - "La mia vita" di Antonio Saccà

Francesco Saccà,
fratello di Antonio Saccà

Non ho certezza: siamo stati dai parenti di mio padre durante la guerra, dopo la guerra, durante la guerra e dopo la guerra? Di sicuro ci proteggevamo dai bombardamenti in una galleria, via, fuggiamo, ci prese tutti, mia madre. Era trafitta nella montagna, tremava, scoppio dei cannoni, sirene di avviso, sirene a fine lotta, questo ricovero, Santa Marta, vicino all'abitazione dei parenti di mio padre? Se vicino fummo in quei luoghi durante la guerra, dopo essere stati nella zona periferica della città. Non rammento, sicuro il ricordo della fuga, improvvisa, subitanea, ormai gli aerei nemici scorazzavano sulle nostre case a loro decisione, replicavamo con risposte esili, stantie, loro ci disossavano, via, fuga, non un secondo, ci afferrò, via, mia madre, la corazza della nostra vita, avrebbe fermato gli aerei e le bombe, si trattava dei suoi figli! Questo accadeva quando abitavamo in via Trento. Sul treno, folla e terrore, i nemici viaggiavano sopra di noi, potevano distruggerci, alcuni si gettavano dal vagone, si nascondevano sotto gli alberi, nell'erba, il treno o correva a perdifiato o si inchiodava, e quelli, i nemici, volavano come aquiloni felici, qualcuno risaliva con i bagagli gonfi, i bambini piangevano, i nati appena addirittura dormivano, e le madri, i padri cercavano di non svegliarli, e li proteggevano con le mani aperte(!). Quando eravamo alla stazione passammo sotto il piano terra per giungere al binario. Iniziò una processione di boati, vicinissimi, un terremoto dopo l'altro, appoggiati alle pareti le pareti si appoggiavano su di noi, si piegavano, si storcevano, sussultavano, si fermavano, ricominciavano, timore dall'alto, timore ai fianchi, schiacciati, la nostra fine in quei corridoietti sotterranei! Un'esplosione da stordire il Padreterno! La Santa Barbara, colpita, un'esplosione che provocava esplosioni, curvava le pareti, le sobbalzava, finché ci pervenne un silenzio ammutolito, tanto più silenzioso nell'accadere dopo il cozzo di galassie ferree, le pareti sembravano più ferme di sempre, qualche frantume, appena, e noi salimmo sul treno come se venissimo dall'aldilà. A Gualtieri Sicaminò la guerra non esisteva, la vedevo dalla campagna del padre di mia madre nei cieli del porto di Milazzo, noi ci salvò la vacuità del luogo. Quando tornammo, l'abitazione a via Trento, presso Viale San Martino, era a pezzoni, quasi tutta la città in rovina, maceriata, e ci rifuggiamo dai parenti di mio padre, li conobbi davvero se non li avevo conosciuti prima, ma credo di averli conosciuti solo adesso(allora) . Una famiglia numerosa di persone altissime ,quanto e più dei maschi dei parenti di mia madre, e diverse, talune, dalla gente cittadina, o meglio tra l'operaio cittadino, il lavoratore manuale di campagna, mani grosse , corpi ampi capaci di fatica, ma anche con qualcosa di cittadino di uno che veniva dalla campagna o di operaio imborghesituccio, uno si chiamava Melo suppongo Carmelo , buonissima persona, lento, ben disposto, lo incontrai qualche altra volta in seguito di decenni, aveva disposizione a dipingere, quando lo rividi , un suo quadrettino, un individuo solo e sconfitto, talmente vero, sentito, glielo dovevo chiedere. Un suo fratello e dunque fratello di mio padre, credo di nome, no, non lo ricordo, magro, lui, aspetto rustico, volto scarno, pelle grezza, bravissimo uomo, gentilissimo, rispettoso. I fratelli di mio padre, che era differentissimo, signore, raffinato, ben vestito, portamento. Come mai questa differenza? Sono io che metto ricordi scombinati? Descrivo questi parenti in tempi futuri, non nel dpoguerra? Forse hanno vissuto qualche declino? In effetti non li rivedo giovani, dunque forse li conobbi non al momento del dopo guerra. L'abitazione era ampia, il giardino, le piante, l'orto, li ho in mente, è così, fu così. Quei fratelli di mio padre non li conobbi giovani, no, forse stavano in guerra, o non li vidi. La famiglia di mio padre è popolata da fantasmi quasi come mio padre, mio padre con la sua morte ha tratto l'intera sua famiglia, io non conobbi né mio padre né , quasi, la sua famiglia, e ormai è troppo arduo conoscere, riconoscere, ricostruire, arduo quanto ritrovare la tomba di mio padre, io ho un cognome di un ceppo notturno, eppure esisteranno parenti, diramazioni, vorrei che il cognome durasse, in nome del padre!

   Ho accennato, il mondo americano si introdusse immediatamente, balli, dischi, grammofoni esistevano, ma ora con musiche straniere, parole in lingua a me sconosciuta, e la musica totalmente diversa da quella che udivo, e tra molte una musica soltanto musica, la ascoltavo, riascoltavo riascoltavo, scoprivo ma non sapevo di scoprire, l 'essenza dell'arte: non stanca nella conoscenza e nella ripetizione, l'opposto, la ripetizione accresce il godimento. La sola espressione che non si dissolve conoscendola, l'arte, scienza e filosofia cessano la loro presenza dopo la cognizione, l'arte, dopo la cognizione, nella cognizione suscita il bisogno di rinnovare il piacere. Cieli azzurri, si denominava Cieli azzurri quella musica senza parole? Ta, ta, ta ta ta ta ta ta, ta, ta, ta ta ta ta tata, ta, ta, tatatatata, ta, ta , tatata, poi variava. Accanto al grammofono, vedevo il disco girare, danzavano, non so, forse presente qualche soldato americano, inglese, bianco, ballavano, parenti da parte di mio padre, ballavano, io asoltavo la musica, e ripetevano anche Cieli azzutrri, ballavano.

La casa, una villetta, piuttosto ampia , giardino I gatti si radunavano la sera e urlavano schiamazzavano ,le femmine, diciamo, in amore, i gatti maschi prepotenti, saltavano nella schiena delle gatte, denti al collo, facevano dimostrazioni virili, i gatti intorno aspettavano la loro possibilità, litigavano la precedenza, appollaiati, gridavano, e spesso unghiate , attimi,il dominio del maschio, la femmina passiva accovacciata con gli occhi impietriti dagli umori, sopportava questa ferocia , talvolta si scuoteva il maschio. Ore di lamentazioni, graffi, morsi, accoppiamenti, tanti gatti, io guardavo, e mi rintronavo di schiamazzi.

 La madre di mio padre si pettinava, lunghissimi capelli, era anziana, a quel tempo per me erano tutti “grandi”, bianchigrigi, i capelli, scorgevo come semini che correvano tra i capelli: pidocchi! Fu l'epoca dei pidocchi, anche delle zecche, penetravano la pelle e si gonfiavano di sangue. L'orrore lo stabilivano gli scarafaggi, piccoli, alcuni, neri, o marroni, grassottelli, schiena curva con ali divise, si fermavano alla luce, un moto di antenne filiformi, rapidissimi si nascondevano. Difficile conoscere la provenienza, il peggio del peggio quando entravano in camera da letto o persino nel letto, da non prendere sonno, di tutte le piaghe della guerra, dopo la morte, lo scarafaggio ci disgustava l'esistenza, catastrofe, abiezione, fu trionfale contro quello schifo una polverina bianca, li ammazzava, a pancia rivoltata, le zampette ammucchiate a groviglio, morte di brutta morte. Odiavo le mosche, quando si posavano addosso tentavo di ucciderle schiacciando la mano dove stavano, volavano sempre, accadeva però, mala ventura, si abbattevano nel vetro , chiudevo la tendina , le fermavo , le prendevo e spennavo le zampine una per volta, nessun grido di dolore, poi strappavo le ali, ancora silenzio, quindi le premevo, ridotte a palline con testolino a scatti, ne usciva una cremina da foruncolo, io mi gioivo . La uccisione delle zanzare, gran pacere, na macchia di sangue. Difficile catturare i ragni , si acquattavano manovrando le proboscitine a tenaglietta quasi acuminassero coltelli, alla vista delle mosche silenziosissimi, frenetici, uno scatto, le imprigionavano sollevando le ali e pressando le proboscitine sulla nuca delle prede, quasi un lottatore che da dietro solleva le altrui bravccia e preme le mani sulla nuca, la paralisi. Poi il ragno succhiava la mosca, ne restava l'involucro.

Ma oltre queste scoperte della vita animale, tra infestazine e realtà propriamente naturale, la riproduzione, accadevano mutamenti , capovolgimenti. Il bisogno di sopravvivenza, la diversa mentalità degli stranieri ormai dominatori, forse la voglia di vivere dopo anni di oppressione della guerra fecero insorgere comportamenti in forme, manifesrazioni inaudite rispetto al passato. Mio fratello, pù adulto di me, e azzardato nell'avventurarsi , si recò, ed io lo seguii, con suoi compagni,in una srrada dove la prostituzione era un fenomeno pubblico, ignoro, ma ritengo impossibile, che la situazione accadesse anche prima della resa militare, seguii mio fratello, una stradina, stanze illuminate, aperte, alla vista di molta gente. Una donna veniva abbracciata da un uomo che la strisciava con la barba, la dnna fingeva di ridere contenta, prima dell'atto sessuale che avveniva in un'altra stanza appartata. Sbalordito  dall'accadimento mai pensato di vedere persone adulte così esposte in  faccende intime. Afferrato, spostato, scacciato, un poiziotto in abiti correnti mi divietava di sostare, mi allontanai, vergognoso di me e non soltanto di me.

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